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Giornalismo e civiltà
info 25,IX.2006

Info SOCIALISTA 25 settembre 2006
a cura della segreteria regionale SDI, per i rapporti con l’azione nazionale dei
socialisti e del centro sinistra
n.zoller@trentinoweb.it - tel. 338-2422592 – fax 0461-944880
Trento/Bolzano
www.socialistitrentini.it - www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno 3°


SOMMARIO:
• UNA TRACCIA... per cominciare - "GIORNALISMO TRA BARBARIE E CIVILTÀ" di Piero Ostellino
• SEMBRA ZAPATERO, MA È BACHELET IL CILE TRA PACS E MINISTERI IN ROSA
• L’UTOPIA REALIZZABILE DELLA SINISTRA
• BOSELLI: QUELLO CHE MANCA ALLA RNP È UN PARTITO
• DIECI MILIARDI DI EURO DELLO STATO PER TELECOM ITALIA? Lettera aperta a F. de Battaglia
• COMUNITA’ DI VALLE: STOP ALLA FRAMMENTAZIONE

• UN LIBRO, per terminare IL POTERE, LO STATO, LA LIBERTÀ di Angelo Panebianco



UNA TRACCIA... per cominciare
"GIORNALISMO TRA BARBARIE E CIVILTÀ"
di PIERO OSTELLINO

• "Con Tangentopoli e Calciopoli - ferma restando la loro oggettiva rilevanza - il nostro giornalismo ha scritto le due pagine più vergognose della sua storia recente"… (da “Tangentopoli e Calciopoli: a credere alle favole è rimasto il Bar Sport”, Piero Ostellino, Corriere della Sera del 16 settembre 2006)
• “Quando ero direttore di questo giornale, avevo tra i miei più stretti collaboratori, come vicedirettore, Antonio Terzi. Un cattolico-liberale, un uomo di grande moralità e di non co-mune professionalità. Durante Tangentopoli, suo figlio, Giovanni, assessore in un Comune alle porte di Milano, era finito nel tritacarne mediatico giudiziario. Oltre due mesi di prigione, otto anni di calvario processuale, con i media a non porsi neppure la domanda se fosse colpevole o innocente, bensì a ricalcare le tesi dell’accusa. Poi, il proscioglimento perché il fatto non sussisteva. Come è accaduto a decine di altri innocenti, colpiti nello loro stessa umanità da una giustizia ideologica – non impegnata ad applicare la legge, ma convinta di fare la rivoluzione – e da un giornalismo che le reggeva la coda. Nel frattempo Antonio Terzi è morto. Come Enzo Tortora, di cancro; in realtà di dolore. Tangentopoli è stata “anche” questo” … (da “Lo Stato di diritto e il giornalismo diviso tra barbarie e civiltà”, Piero Ostellino, Corriere della Sera del 23 settembre 2006)

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INTERNAZIONALE


SEMBRA ZAPATERO, MA È BACHELET IL CILE TRA PACS E MINISTERI IN ROSA

• da Il Riformista del 15 settembre 2006, pag. 7

di Marco Calamai

Tra i nuovi leader di una America latina percorsa da profondi sommovimenti politici, Michelle Bachelet, prima donna presidente del Cile, per il rigore del suo progetto di governo e per la coerenza con valori progressisti ma non populisti. Molti osservatori segnalano una forte somiglianza con Zapatero con il quale tra l'altro la leader socialista cilena condivide una esperienza familiare curiosamente molto simile (lui con un nonno ufficiale fucilato dai franchisti; lei con un padre generale morto in un carcere di Pinochet). José Antonio Viera Gallo, esponente di punta dei socialisti cileni, primo presidente della Camera dopo il ritorno alla democrazia nel 1990, deputato e senatore per 16 anni, ora direttore di Proyectamerica, una fondazione di studi e ricerche finalizzata al rinnovamento della sinistra, spiega al Riformista: «E' vero. Zapatero e Bachelet hanno molti punti in comune. E' indicativo che entrambi siano arrivati al potere decisi a rinnovare i vecchi apparati di partito all'interno dei quali hanno comunque fatto la loro carrriera politica. Malgrado le differenze culturali ed economiche tra la Spagna e il Cile, in entrambi i paesi si sta operando un analogo sforzo per il consolidamento della democrazia, intesa come partecipazione dei cittadini alla vita politica, e le riforme sociali”.

Eppure, dal punto di vista del sistema dei partiti, il Cile assomiglia di più alla “anomalia italiana". Viera Gallo, che conosce bene l'Italia dove è stato qualche anno in esilio dopo il golpe di Pinochet (allora legato alla sinistra di matrice cattolica venne salvato dal Nunzio apostolico di Santiago) sostiene che «la Concertacion, la coalizione di democristiani, socialisti e altre forze di sinistra che governa il Cile dal 1990 ha problemi di coesione politica assai simili a quelli del centrosinistra in Italia. La sinistra, di cui ben tre partiti aderiscono alla Internazionale socialista, resta frammentata e non riesce a superare il terzo dell'elettorato. C'è poi la questione laica. Lo vediamo questi giorni con le durissime reazioni della chiesa e della destra alla decisione della ministro della Sanità di affidare ai centri di salute pubblica la distribuzione gratuita di anticoncezionali, tra cui la “pillola del giorno dopo", a tutte le donne con più di 14 anni e senza il permesso dei genitori alle minorenni. Una misura che scandalizza l'establishment cattolico e che invece la Bachelet ritiene indispensabile per ridurre la piaga dell'aborto, tuttora proibito in Cile ma estremamente diffuso, in particolare tra le adolescenti».

Il Cile non è una societa secolarizzata come la Spagna o l'Italia, ma anche qui nascono spinte profonde verso il cambiamento. Bachelet le ha capite, come dimostra la scelta di costituire un governo formato come in Spagna da uomini e donne in eguale numero. La sensibilità per i diritti civili, pur condizionata dalla questione cattolica, ne è una ulteriore prova. Rinviato il tema cruciale dell'aborto, la presidente cilena intende approvare una legge per la regolazione dei rapporti tra omosessuali analoga ai Pacs. «Una scelta difficile - sostiene Viera Gallo - che la destra cerca di sfruttare nel tentativo di separare la Dc dalle altre forze della Concertacion e battere così la sinistra. Ma sono convinto che la Bachelet, una donna laica ma molto attenta ad evitare fughe in avanti, riuscirà a mantenere unita la coalizione».

Ma non ci sono solo i diritti. «Michelle Bachelet sta cercando di modificare aspetti centrali dello stato sociale - dice Viera Gallo - in particolare il sistema delle pensioni, al fine di garantire ad ogni cittadino anziano, uomo o donna, abbia o non lavorato, una pensione di circa 150 dollari, una cifra che non è molto lontana dal salario minimo di 220 dollari. E' inoltre previsto un piano straordinario di asili nido, con l'obiettivo in prospettiva di coprire tutta la popolazione”. Quindi misure che vanno nella direzione di quella «Legge contro la dipendenz» che rappresenta uno dei punti salienti del programma socialista in Spagna. Lo conferma Viera Gallo: «Sono certamente percorsi molto simili fatte salve le differenze di sviluppo e di reddito tra la Spagna e il Cile. Ma c'è un punto che voglio sottolineare. Sia Zapatero che Bachelet possono innovare lo Stato sociale tradizionale grazie al fatto che hanno ereditato dai precedenti governi una economia in forte crescita, con i conti pubblici in regola, con uno Stato che funziona. Dietro Zapatero ci sono le riforme, ma anche il rigore dei governi socialisti di Felipe Gonzalez. Così come dietro Bachelet ci sono 16 anni di governi di centro sinistra durante i quali molto era già stato fatto sul piano sociale ed economico”.


L’UTOPIA REALIZZABILE DELLA SINISTRA

• da la Repubblica del 19 settembre 2006, pag. 1

di Ségolène Royal

L’azione politica deve permettere a ciascuno di costruire liberamente la propria vita, di sceglierla e di padroneggiarla, di costruire il benessere dei suoi, di trasmettere ai propri figli i valori e gli strumenti per avere successo. E la conquista di questo diritto elementare, per ogni uomo e per ogni donna, a giustificare la nostra lotta politica.
Nella Francia di oggi, alcuni padroneggiano il proprio destino e hanno un avvenire sicuro per loro stessi e per i loro figli mentre altri, attanagliati dalla precarietà, sono privi di questa possibilità o temono di perderla. Questo costituisce la disuguaglianza sociale più profonda e lampante a cui la sinistra deve rispondere. Per la destra, questa disuguaglianza è inevitabile" in quanto risulterebbe da un meccanismo quasi naturale di selezione, economicamente giustificato, che separa vincitori e vinti, con qualche illusoria eccezione, e dovrebbe assicurare il dinamismo della società. Conosciamo il risultato: una società di ghetti in cui quelli che non vivono nello stesso modo si evitano e si ignorano.
La destra vuol far credere che la sinistra propone una società assistenziale. Ma sinistra non significa assistenzialismo. E’ proprio il contrario. La sinistra vuole creare e garantire le condizioni necessarie perché ciascuno abbia, in termini egualitari, i mezzi e le possibilità di assumersi delle responsabilità e di costruire liberamente la propria vita. La responsabilità individuale è la ricompensa dello sforzo non sono valori conservatori. Sono valori progressisti e li rivendico a nome dei socialisti, dal momento che le riforme, vale a dire l'azione politica vigorosa, permettono di creare per tutti le condizioni di affermarli.
Quanto alle condizioni, prime fra tutte sono: l'istruzione, la formazione professionale e l'accesso alla cultura. La lotta per un'uguaglianza reale deve essere costante e per ottenere risultati concreti necessita di molta determinazione, di perseveranza e di lucidità. Onorando a modo nostro questi valori, troppo spesso trascurati dalla sinistra, ricostruiremo il valore del lavoro.
La battaglia per la piena occupazione, la lotta contro il precariato, la dignità del lavoro e la sicurezza dello stipendio sono al centro del progetto socialista. Tutto il resto dipende da questo. Si sa che se i genitori hanno una condizione lavorativa precaria, tutta la famiglia è destabilizzata. Si sa che l'incertezza del lavoro e dello stipendio comportano maggiori difficoltà di trasmettere ai propri figli il gusto e il senso dell'impegno scolastico. E’ tutto collegato: lavoro, sicurezza, famiglia, scuola. Quando un anello si spezza, tutta la catena diventa fragile.
Bisognerà anche che l'Europa si risollevi. Bisogna edificare l'Europa mettendola alla prova. Dal mio punto di vista, due cantieri fondamentali per avviare la costruzione di questa Europa "mettendola alla prova" sono l'ambiente e la ricerca. L'abbiamo visto anche quest'estate con gli sconvolgimenti climatici: come si può continuare ad accettare che l'Europa non rispetti gli accordi sottoscritti nel protocollo di Kyoto? Come si fa a non capire che soltanto unendo le nostre competenze e le nostre forze potremo preparare il più presto possibile il dopo petrolio e il passaggio alle energie rinnovabili?
Come si può non vedere che in tutti i paesi europei dobbiamo confrontarci con gli stessi problemi di salute, peraltro spesso legati al degrado ambientale? Come si possono non vedere la crisi avicola, le minacce sulla qualità e la sicurezza alimentare, i rischi sanitari che ne derivano? Come si può tollerare che, nei nostri paesi sviluppati, ormai una donna su dieci sia colpita dal cancro al seno? Con i nostri ricercatori e le équipe mediche, non avremmo forse la capacità di mettere in comune i nostri mezzi per combattere i pericoli che pesano sull'ambiente e far regredire l'incidenza di queste malattie, spesso direttamente legate alla presenza di pesticidi negli alimenti?
Nessuno potrà dire che non se l'aspettava, quando, tra cinquant’anni, scoppieranno guerre per il controllo dell'accesso all'acqua potabile. Perché noi sappiamo e non abbiamo nessuna scusa per non agire, in particolare sul surriscaldamento del pianeta. Disponiamo delle intelligenze tecniche e del potenziale di ricerca necessari. Possiamo modificare profondamente i nostri comportamenti civici, produrre diversamente, spostarci diversamente, abitare diversamente e accettare la sfida. La nostra responsabilità è ancora accresciuta dalla consapevolezza che l'Europa dispone di molti mezzi scientifici e che il riscaldamento del clima va ad aumentare ulteriormente lo scarto e la disuguaglianza tra i paesi: quelli che soffrono già per il caldo e la siccità soffriranno ancora di più. Se non prendiamo provvedimenti, domani questi problemi ambientali saranno nuove minacce per la sicurezza. Ecco a cosa deve rispondere l'Europa e noi risponderemo. Perché anche qui tutto è collegato.
Il mondo attuale è instabile e pericoloso. La fine della guerra fredda non l'ha pacificato. Ce lo ricordano la guerra del Libano e le minacce terroriste. La recrudescenza delle disuguaglianze alimenta il risentimento, gli odi nazionalisti e le febbri identitarie attizzano molti bracieri. Le guerre preventive aggravano i problemi che sostengono di sanare. Il primo fattore di destabilizzazione del mondo e la miseria, sono le disuguaglianze che si creano, e l'umiliazione degli offesi: sono queste le cose che spingono alla violenza e permettono ogni sorta di manipolazioni.
Per noi di sinistra l'utopia realizzabile di questo secolo è questa: che i paesi poveri, e in particolare quelli africani, escano dalla miseria grazie a un cosviluppo più ragionato, più solidale e più efficace. E qui che si trova la vera risposta ai problemi delle migrazioni della miseria. E qui che bisogna richiamarsi alla morale universale.
Io credo nella capacità di valutazione dei cittadini. Alcuni hanno messo in ridicolo l'idea di "cittadini esperti" ma io sono convinta che ciascuno di noi sia in grado meglio di chiunque altro di conoscere ed esprimere i propri problemi, le proprie aspettative e le proprie speranze, senza per questo chiudersi al punto di vista dell'altro. Se molti francesi si astengono, non è per leggerezza d'animo o per indifferenza, ma perché si sentono tenuti in disparte e non hanno più la sensazione di poter influire sulle decisioni. Per aver voglia di farsi coinvolgere bisogna credere che la propria opinione possa avere un peso. Sempre più spesso riconosciamo una vera legittimità solo alle decisioni in cui siamo stati coinvolti. E’ questa la democrazia partecipe: ascoltare per agire nel giusto, costruire insieme decisioni migliori e rendere conto dei risultati. Più i cittadini saranno coinvolti, più le riforme saranno solide. Soltanto in questo modo si potrà mantenere una rotta. E’ una scelta politica: la scelta di combattere la sensazione d'impotenza che mina la democrazia e di condividere più largamente le decisioni per migliorare l'azione pubblica. Perché tutti abbiamo sete di considerazione, sete di controllo sulle nostre vite, sete di efficacia collettiva e di risultati senza sprechi e senza lentezze. Solo il rispetto crea la fiducia. E la fiducia nutre il desiderio del l'avvenire.
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NOTE
Questo articolo è stato estratto dal discorso pronunciano da Segolène Royal il 23 agosto alla "Fete de la Rose "di Frangyeo Bresse

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BOSELLI: QUELLO CHE MANCA ALLA RNP È UN PARTITO

“Qualunque sia il modello, qualunque sia lo statuto e quali che siano le regole, è assolutamente evidente che non è possibile neppure concepire, come ha detto Roberto Villetti, un nuovo partito che abbia un simbolo in affitto”. Lo ha detto il segretario dello Sdi, Enrico Boselli, nel suo intervento che ha aperto la direzione nazionale della Rosa nel pugno.
“Lo può avere - ha aggiunto - eccezionalmente un cartello elettorale ma non un partito: il simbolo della Rosa nel pugno deve essere di proprietà della Rosa nel pugno”.
“Appare una tautologia - ha proseguito Boselli - ma oggi per noi invece è un problema da affrontare e da risolvere”.
“Bisogna chiedersi perché, di fronte a tante convergenze politiche e programmatiche, la Rosa nel pugno non sia decollata come avremmo voluto “.Enrico Boselli, sottolinea che “è necessario avviare una discussione aperta sul rilancio della Rosa nel pugno come una vera e propria forza politica “e questo senza “nascondere le difficoltà che dobbiamo affrontare e lo stallo nel quale si trova il nostro progetto “. Boselli sottolinea, infatti, che, al di là di quelle che definisce “polemiche da spogliatoio “, il problema è che “ciò che manca è, come è evidente, un partito”. Per il leader socialista, si tratta di costruire un “partito federale, come premessa per arrivare a un partito unico”. La prossima tappa dovrebbe essere quella della convocazione di una Fiuggi due, “entro la fine del prossimo ottobre”. Ma, per procedere lungo questo percorso, servono “regole” che “sono necessarie a qualsiasi comunità o associazione “, in modo che “il partito federato non sia una struttura piramidale nella quale dal vertice vengono calate tutte le decisioni alla base”.
“E' urgente - sottolinea ancora Boselli - costruire un partito con regole di vita interne capaci di assicurare l' unità della nostra azione politica almeno in alcuni campi e, se per raggiungere questo obiettivo dovremo discutere e confrontarci giorno e notte fino a quando non avremo trovato un terreno d' intesa, io dico che ne vale la pena”.
Per quanto riguarda la forma del futuro soggetto, Boselli, infine, evidenzia: “Si scelga qualsiasi modello, ma a condizione che sia democratico: si può arrivare ad uno statuto della nuova forza federale per via e modi diversi e con un'ampia partecipazione, ma alla fine è necessario che siano tutti a decidere”. La prossima tappa sono le amministrative e il segretario dello Sdi avverte: “E' impossibile che si possa andare a questo importante appuntamento in ordine sparso, con una Rosa nel pugno che si presenti in una parte dei comuni chiamati a votare, mentre in un' altra ci sia una lista dello Sdi o dei Radicali: in questo modo non renderemmo flessibile il nostro progetto, ma ne anticiperemmo, attraverso le urne, prima la disgregazione e poi il fallimento”.
Boselli interviene anche sulla questione dell'iniziativa politica della Rosa nel Pugno. “Ho presentato - dice alla platea della direzione - all'attenzione della Rnp una mia proposta di integrazione dei 31 punti di Fiuggi che in ogni caso continuo a considerare tutti, senza alcuna eccezione, validi ed attuali, assieme a una bozza per un nuovo manifesto liberal-socialista”.
“Mi rendo ben conto - aggiunge - quale deve essere la portata della nostra iniziativa politica e programmatica se vogliamo rilanciare la Rosa “. In questo senso Boselli ritorna su alcuni dei punti programmatici del nuovo soggetto a partire, ad esempio, dalla questione della pianificazione delle scuole private. “Riconfermiamo - sottolinea - tutta intera la nostra contrarietà ai finanziamenti alla scuola privata, paritaria o no che sia”. Altra questione, quella dei pacs sui quali per Boselli “si è adottata la politica del rinvio alle calende greche e un po' tutti alle nostre continue richieste di metterli all'ordine del giorno fanno orecchie da mercante e molti ci invitano garbatamente a non introdurre un argomento che sarebbe comodo per tutti”.
Infine, i temi della giustizia con la richiesta di una commissione di inchiesta sulle intercettazioni e la questione della riforma della giustizia. “Da tempo - osserva in conclusione Boselli - sosteniamo la separazione delle carriere tra giudice terzo e pubblico ministero, come accade in tutte le grandi democrazie e siamo nettamente contrari ad andare in una direzione inversa a quella da noi indicata come auspicano coloro che vorrebbero cancellare tutte le modifiche fatte dal centrodestra in questo senso abbiamo apprezzato il metodo del dialogo tra maggioranza e opposizione portato avanti dal ministro Mastella, ma vorremmo vederci più chiaro negli orientamenti di fondo.”
L’INTERVENTO INTEGRALE SUL SITO WWW.SDIONLINE.IT



DIECI MILIARDI DI EURO DELLO STATO PER TELECOM ITALIA?
Lettera aperta a F. de Battaglia

Sul caso Telecom ci siamo permessi di rammentare come i Socialisti della Rosa nel pugno non siano d’accordo su un “salvataggio” pubblico di Telecom, sostenendo che invece servirebbe il buon funzionamento di un mercato con regole chiare e trasparenti. Nel Diario sul “Trentino” di domenica 17 settembre Franco de Battaglia considera un po’ “strana” questa posizione socialista perché apparirebbe troppo filo-mercantile e poco attenta all’intereresse pubblico che consisterebbe anche – come egli scrive - nel “rimanere padroni di un piccolo pezzo della propria casa e non ridursi soltanto a consumatori e cliccatori”.
Ma invece è proprio l’interesse generale che sta a cuore anche a noi oltre che a te, caro Franco. Perché mai infatti lo Stato dovrebbe accollarsi una parte dei debiti di Telecom (assecondando la pratica di “pubblicizzare” le perdite, dopo aver assistito alla “privatizzazione” degli utili) spendendo “dieci miliardi di euro – addirittura un terzo della prospettata prossima legge finanziaria governativa - per acquistare un pezzo di Telecom Italia, e così consentire a qualche privato di rimborsare i propri debiti con i denari pubblici”?
Questa è la vera “indecenza” tra quelle che tu denunciavi e che dovrebbe essere impedita da tutti i cittadini e da tutti i partiti che si dichiarano progressisti e attenti ai valori sociali.

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COMUNITA’ DI VALLE: STOP ALLA FRAMMENTAZIONE

• dal Trentino del 24 settembre 2006

Le COMUNITA' DI VALLE per decentrare verso il territorio i vastissimi poteri di una Provincia troppo centralizzata. Appello ai Comuni e Provincia a definire ambiti territoriali adeguati alle nuove competenze
Le nuove Comunità di Valle, costituite per la gestione associata di competenze trasferite dalla Provincia ai Comuni, fanno rinascere l'originale idea comprensoriale - immeritatamente disconosciuta negli scorsi decenni - di decentrare verso il territorio e le comunità i vastissimi poteri di una Provincia troppo centralizzata.
Questa riforma va dunque nella giusta direzione affidando alle Comunità di Valle competenze locali molto importanti. Le nuove istituzioni gestiranno per conto dei Comuni associati funzioni sovracomunali un tempo pensate per ambiti zonali-comprensoriali come la pianificazione urbanistica e la programmazione economica, oltre alle attività in materia di agricoltura e foreste, incremento della produzione industriale, sviluppo della montagna, artigianato, turismo e commercio, infrastrutture di area vasta comprese le scuole, oltre ai servizi pubblici quali acquedotti, fognature e depurazione, ciclo dei rifiuti, trasporto locale e distribuzione dell'energia; inoltre si continueranno ad esercitare a questo livello territoriale competenze relative ai servizi socio-assistenziali, all'assistenza scolastica, all'edilizia abitativa pubblica e sovvenzionata. Altre funzioni potranno arrivare anche in seguito. Per svolgere un tale complesso di compiti occorrerà naturalmente che il territorio della Comunità di valle sia di una dimensione tale da assicurare "livelli adeguati di economicità ed efficacia".
Anche per questa ragione non vengono utili le ipotesi di frammentare ulteriormente i vari territori della nostra provincia; appare più valido invece rendere vive e aggiornate le esperienze istituzionali storiche che hanno contrassegnato nel tempo le nostre Valli: erano 9 i Bezirke o Distretti che suddividevano il Trentino nel 1909, sono 11 gli attuali Comprensori, le nuove Comunità potranno essere anche di più ma non in numero tale da sfarinare il territorio. E' infatti in contesti di Valle abbastanza ampi che i Comuni associati potranno esercitare attraverso le Comunità di Valle il diritto-dovere di avere più voce in capitolo sulle scelte amministrative fondamentali che riguardano la vita dei propri cittadini a partire dal lavoro, dalle attività economiche, dalla scuola, dai servizi fondamentali; scelte che - ripeto - non potrebbero essere seguite in un ambito troppo ristretto mentre potranno essere esercitate più utilmente in un ambito di zona vasta. E’ questo l’appello che si fa a Comuni e Provincia in vista delle decisioni sulla delimitazione degli ambiti delle Comunità di Valle che saranno deliberate entro l’8 gennaio 2007.

dr. Nicola Zoller – presidente del Consiglio comunale di Brentonico

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UN LIBRO, per terminare (“Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro” Jorge L. Borges)

Autore: Angelo Panebianco

Titolo: IL POTERE, LO STATO, LA LIBERTÀ
La gracile costituzione della società

Ed. il Mulino, Bologna, 2004




Quali sono le cause che rendono la società libera, nelle sue rare incarnazioni storiche, così poco libera? Perché la libertà è sempre molto più frenata, limitata, mutilata, compressa di quanto auspicato a suo tempo dai padri del liberalismo classico? Se un regime di libertà richiede che la coercizione sia ridotta al minimo - solo quella necessaria perché la mia libertà non venga da me usata per interferire con la libertà di un altro - per quali motivi questa condizione non è mai stata davvero realizzata né ha molte probabilità di realizzarsi in futuro? La politica è molto meno addomesticabile di quanto il pensiero liberale abbia per lungo tempo dato per scontato. E quegli argini che dovevano tenerla a bada, a salvaguardia della libertà degli individui - come il mercato, la legge, il pluralismo sociale, la divisione del potere - sono strutturalmente fragili, sottoposti alla pressione e alla erosione esercitate dalla competizione per il potere e dai conflitti di identità, di cui la politica si nutre. L'insicurezza generata dalle minacce di violenza, come pure dalle lotte per le condizioni materiali di vita e per lo status, crea i presupposti di uno scambio fra obbedienza e protezione da cui dipende l'indispensabilità del potere politico, e pone vincoli insuperabili alla libertà individuale. A partire dai quesiti classici della filosofia politica, affrontati con gli strumenti analitici delle scienze sociali, Panebianco esamina in questo libro le ragioni delle promesse non mantenute della dottrina liberale, esplorando i meccanismi, le circostanze e le trappole politiche che contribuiscono a rendere così ampia la distanza fra libertà promessa e libertà realizzata.
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Angelo Panebianco è professore di Relazioni internazionali all'Università di Bologna. Tra i suoi libri: "Modelli di partito" (1982), "L'analisi della politica" (a cura di, 1989), "Guerrieri democratici" (1997), usciti al Mulino; "Le relazioni internazionali" (Jaca Book, 1992). E' editorialista del "Corriere della Sera".

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