<< indietro


Prodi: socialisti e democratici
info25.7.2006

Info SOCIALISTA 25 luglio 2006
a cura della segreteria regionale SDI, per i rapporti con l’azione nazionale dei
socialisti e del centro sinistra
n.zoller@trentinoweb.it - tel. 338-2422592 – fax 0461-944880 – Trento/Bolzano

www.socialistitrentini.it - www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno 3°



SOMMARIO:
- Un libro, per cominciare: Menscevichi. I riformisti nella storia repubblicana
- "In Europa un partito socialista e democratico" Colloquio con Romano Prodi
- Per rinnovare e modernizzare il centrosinistra. Dal dibattito nazionale dei socialisti
- La sovranità limitata. Riforme e conflitti senza regole (Pietro Ichino)
- DOCUMENTI 12 Luglio 2006 PER CESARE BATTISTI

UN LIBRO, per cominciare (“Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro” Jorge L. Borges)

Autore: Luigi Covatta
Titolo: Menscevichi. I riformisti nella storia repubblicana

editore Marsilio, Venezia, 2005


In sintesi
"Per chiunque abbia vissuto, in tutto o in parte, la storia politica italiana del secondo Novecento - scrive Cafagna nell'introduzione - oppure quella storia abbia coltivato per studio, questo di Luigi Covatta sarà un libro avvincente. Avvincente perché vivo di impressioni dirette, di giudizi meditati e personali su cose viste e su persone frequentate. Avvincente perché c'è dentro una generazione, attraverso un suo rappresentante che ha vissuto questi anni con attiva presenza. L'autore si colloca, per di più, su un crinale fra punti di osservazione molteplici: quello del cattolicesimo politico, quel-lo della militanza socialista, quello della attenzione verso la lunga, travagliata mutazione genetica del comunismo italiano."


@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@


"In Europa un partito socialista e democratico"
Colloquio con Romano Prodi.


• da Corriere della Sera del 21 luglio 2006, pag. 2

di Gianni Riotta

L'antipasto del presidente è semplice, una fetta di pane fresco con poche gocce di aceto balsamico di Scandiano. Guarda la Colonna Traiana che riempie la finestra, «Quelle erano guerre senza pro-porzione. Roma si metteva in marcia e poteva distruggere un popolo intero. Il mondo è cambiato, ma dolore, morale, restano questioni centrali». Il presidente del Consiglio Romano Prodi fa colazio-ne con il suo staff ed esamina le questioni del giorno, la storia che è ancora cronaca, non fissata nel-la pietra come nella Colonna dell'imperatore Traiano e su cui ogni leader politico spera di interveni-re.

«La fiducia sull'Afghanistan? Non so se sarà necessario chiederla. Leggo sui giornali di scricchiolii ma sa cosa?, io consideravo il passaggio sulle cellule staminali al Senato più complesso del voto sulla missione a Kabul. C'era da regolare le decisioni italiane in sede europea e ce l'abbiamo fatta. Rotture? Ne leggo, ma invece voglio ringraziare i nostri parlamentari. Tutti. Perché l'opposizione sta facendo ostruzionismo, un filibustering che noi non abbiamo mai praticato. Hanno il pieno dirit-to di seguire questa linea di condotta, beninteso, "this is democracy" la democrazia è così, diceva scherzando George Bush quando ci siamo visti a San Pietroburgo. Eppure noi continuiamo tranquil-lamente. Ci sono stati quattro casi di coscienza sull'Afghanistan, è vero. Ma siamo ancora qui mi pare. Avessimo vinto le elezioni con più agio sarebbe stato più facile, ma così è più thrilling, c'è più avventura. Vuole la verità? È più sexy!». Prodi ha una camicia a righe e una cravatta celeste, i suoi collaboratori ne seguono la conversazione, come sempre pacata, scandita, con la tradizionale ansia di chi lavora con i leader: dirà troppo? dirà troppo poco? Il presidente li coinvolge nella conversa-zione, ne ascolta i suggerimenti, e poi continua, secondo il suo filo. «Faticheremo certo, ma se qual-cuno si illude che interromperemo le riforme presto prenderà atto di sbagliarsi. Ho letto oggi l'arti-colo di fondo sul Corriere del professor Mario Monti e...».

Presidente, prima di andare ai tassisti, restiamo ancora nel mondo: Israele sotto attacco degli He-zbollah, i raid contro il Libano, morti civili, profughi. Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, al-la Camera, ha detto che «le ipotesi di coinvolgimento» di Iran e Siria «nell'attuale crisi sono per noi difficili da verificare». Nella sua intervista al Corriere, il primo ministro libanese Fuad Siniora so-stiene che «non è un mistero per nessuno che l'Hezbollah risponde alle agende politiche di Teheran e Damasco». Lei che opinione s'è fatta? «È giudizio condiviso che siriani e iraniani siano attivamente impegnati nel sostegno di Hezbollah, sia con finanziamenti, che con la fornitura di armi, missili soprattutto. Ordigni a volte rudimentali, ma purtroppo in quell'area le distanze sono ridotte con effetti micidiali. Che politica impiegare per recidere questo rapporto non è chiaro. Ho parlato a lungo con Olmert, Siniora, con il leader siriano Assad e Larijani a Teheran. Sono colloqui franchi. La diplomazia non deve diventare ipocrisia. Ho chiesto a Larijani come intendono rapportarsi con l'Occidente, ho chiesto conto dei discorsi del presidente Ahmadinejad e della volontà dell'Iran di prender tempo nella trattativa internazionale per il disarmo nucleare. Oggi ho ricevuto il figlio di Hariri, l'ex premier libanese la cui morte in un attentato ha riaperto la crisi. Se Iran e Siria, come pensiamo, agiscono dietro le quinte come reagire? Ho riferito a ogni leader le conversazioni fatte con gli altri, ho informato tutti che l'Italia avrebbe svolto questo ruolo di facilitatore non di mediatore, nell'assoluta trasparenza. Oggi Siniora è la vittima di uno scontro che non riesce a gestire in modo sufficientemente autonomo. Israele non si fermerà adesso, ma è necessario che al cessate il fuoco siamo tutti pronti a fare il nostro dovere. L'amministrazione del presidente George W. Bush 2006 non è quella del presidente Bush 2001. I giornali hanno scritto che, a Pietroburgo, Bush mi ha detto "Mi sarei sorpreso se non ti fossi ritirato dall'Iraq". Invece mi ha detto "Sarei stato disappointed", deluso, perché, a suo giudizio avrei mancato alla parola data agli elettori. Anzi ha aggiunto, sorridendo, "Caro Romano sull'idea di richiamare le truppe da Bagdad hai vinto le elezioni e quindi non potevi tirarti indietro!". Ora il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e il premier laburista inglese Tony Blair hanno avanzato una proposta di intermediazione che può essere determinante e che le parti in conflitto non hanno ancora accettato, ma neppure respinto. Se Condoleezza Rice, un segretario di stato pragmatico, non ideologico, avrà successo nella missione che si accinge a compiere in Medio Oriente, una tregua sarà possibile. Bush mi ha chiesto, conosci Assad? E gli ho detto, sì, e conoscevo anche suo padre. E lui: anche mio padre l'ha incontrato, un osso duro!».

Davanti alle immagini della guerra in Medio Oriente, c'è in Prodi una doppia reazione, l'angoscia per il da farsi e per lo stop che il conflitto lungo 60 anni pone a tutti gli altri dossier mondiali: «Do-vremmo parlare di Asia, di Europa, del rapporto perfetto che abbiamo con la Merkel a Berlino, e che nemmeno quel gol di Grosso al 118' della semifinale non ha spezzato. Dovremmo parlare di vo-li diretti Roma-Pechino, di turismo dalla Cina, e di Banca del Mediterraneo. Invece tutto fermo». Il mondo è grande e terribile, presidente. Ma anche governare i tassì non è semplice. Chi ha vinto, a proposito, il governo o i tassisti? «Se lei legge i comunicati i tassisti, senza dubbio. Se però legge le norme approvate ha vinto il governo. Entro sei mesi i sindaci avranno il potere e la responsabilità di migliorare un servizio, facendo risparmiare i cittadini. I turisti vengono spesso taglieggiati dalle ta-riffe selvagge e questo danneggia l'immagine del paese». E se invece farmacisti, già in sciopero, avvocati e notai imparano la lezione degli ultras che bloccare tutto paga perché Roma fa marcia in-dietro? «Allora: sono d'accordo con l'editoriale di Mario Monti. Alzo la posta, non alzo le mani. E stavolta non permetterò che si usino i media per anticipare soluzioni e far precipitare provvedimen-ti. Siamo chiari: se il mio governo rallenta l'azione riformista andrà a casa. Se la mantiene, con sen-so di responsabilità, riceverà il plauso dell'opinione pubblica. Io sono un ciclista, la bici è il mio simbolo. A buona andatura si resta saldi in sella, rallentando troppo si cade. Basta avere buoni freni in curva, ho imparato il ciclismo di velocità in pista dal grande Patrick Sercu, mi ha insegnato il surplace, quando si attende lo scatto dell'avversario, in equilibrio alla partenza. Bene, io credo che star fermi fa venire i crampi. Occorre scattare e provare a vincere. Il surplace non paga».

Il suo avversario, l'ex premier Silvio Berlusconi, sta facendo il suo surplace esidice convinto che lei andrà fuori pista alla Finanziaria. «Berlusconi ha detto che non ce l'avremmo fatta ad eleggere i pre-sidenti della Camera e del Senato, che non ce l'avremmo fatta ad eleggere Giorgio Napolitano al Quirinale, che avremmo perso le elezioni locali e poi il referendum. Non ha detto solo che avremmo perduto il Mondiale di calcio e abbiamo vinto pure quello. La Finanziaria sarà approvata, come la missione in Afghanistan. Berlusconi dirà che qualcosa d'altro andrà male. Alla fine, prima o poi, ci prende, magari perdiamo il Tour de France».

Come ha trovato il discorso di Berlusconi alla Camera sull'Afghanistan? «Istituzionale». E c'è chi ha interpretato una dichiarazione del sottosegretario alla presidenza Enrico Letta come un invito a maggioranze allargate, mentre l'ex deputato Passigli di maggioranze variabili. Sarà così? Prodi cor-ruccia la fronte, «È sbagliato, è brutto dire sbagliato, lo so, ma voglio chiarire che la mia maggio-ranza risponde a un disegno politico e se il mio governo perde si va a votare. Sono stato chiaro? Ma non è terribile che voi giornalisti perdiate tutto questo tempo con i retroscena, senza occuparvi di quel che accade sulla scena, dove mi pare non manchino gli argomenti. Il Nord, per esempio: ne parlate abbastanza? Non credo. Io verrò a Milano, per incontrare i presidenti Formigoni e Penati e il sindaco Moratti. L'Ocse ha appena pubblicato il suo rapporto su Milano metropoli, ne parlerete? Il governo si riunirà, simbolicamente, a Milano in autunno. Ma la stampa incalza politici, imprendito-ri, prova a stanare la società dallo status quo? ».

Presidente, il rapporto tra informazione e potere è delicato ovunque, da Bush e il New York Times, a Blair e la Bbc. In Italia siamo davanti alla vicenda del rapimento di Abu Omar. Si parla di segreto di stato. Che cosa accadrà? «Il segreto di stato è uno dei momenti più importanti del potere e dell'e-tica del governo. Non sono vicende di cui si parli a cuor leggero. Quel che voglio dire è che dob-biamo stare attenti a distinguere i singoli eventi dai processi storici. Non si possono mettere a ri-schio istituzioni le cui decisioni sono molto complesse, distruggere apparati dello stato che proteg-gono i cittadini. Io detesto, sempre, la demagogia. Farò dunque ogni sforzo perché la magistratura, che ha un compito di straordinaria importanza, possa svolgere serenamente il suo mandato, ma devo tener presente aspetti di sicurezza e integrità dello stato». Non è invece un segreto per nessuno che la gravidanza di questo benedetto partito democratico dura da oltre undici anni, malgrado il regalo di milioni di elettori alle primarie. Ieri il segretario dei Ds Piero Fassino ha proposto al leader della Margherita Francesco Rutelli di aderire al partito socialista europeo e se stavolta i «retroscenisti» dicono che non sembra una volata alla Sercu, non sbagliano. «Il partito democratico è la più grande occasione storica per l'unificazione delle forze riformiste che il nostro paese abbia mai conosciuto. Da un secolo, i riformisti italiani sono divisi e questo esito ha pesato sul nostro progresso. C'è chi pensa che basti fondere i grandi apparati dei due partiti, Margherita e Ds, e certo è una partenza. Ma è più importante fondere e intrecciare le culture politiche, farle comunicare. È la volontà delle pri-marie. I cittadini ci sorprendono sempre, non sono cinici, hanno passione, quella che talvolta manca nella classe dirigente. In Europa io ho visto, da presidente della Commissione, entrare nel partito popolare molte culture politiche diverse, anche troppo diverse tra loro. Un processo simile avverrà forse nel Partito socialista. Può darsi che un giorno finirà con il chiamarsi Partito socialista demo-cratico europeo o qualcosa di simile. In ogni caso è assolutamente prematuro parlare, oggi, di questi problemi. Saranno maturi alla fine del processo di unificazione. Può darsi che talvolta, più in perife-ria che al centro, scatti la sindrome del vecchio film Una poltrona per due, ma non bloccherà la sto-ria. Gli interessi sono importanti, ci mancherebbe, e perfino la lotta per le poltrone conta. Ma la pas-sione dei riformisti deve prevalere».

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha debuttato con energia, dall'appello sulla sicu-rezza nei cantieri a quello sulle missioni di pace. «Non ne dubitavo. Percepisce gli avvenimenti con pazienza e speranza. Si definisce un pignolo, ma al parlamento europeo, lui, un veterano, seguiva i lavori con la costanza di un debuttante. E quando non era d'accordo con la Commissione scriveva, criticava, si faceva sentire. Certo che i suoi ideali di riformismo sono quelli che auspico per il parti-to democratico». Guardando il nostro paese non si vede troppa passione, presidente. Poca crescita, poco sviluppo, niente innovazione, pochi figli. «È il nostro male centrale. Lo scetticismo che si fa cinismo. La delusione di chi è sempre abituato a perdere. Per questo Fabio Grosso, il difensore della Nazionale, è diventato un simbolo. Ma attenti: rimproveriamo alla politica questo torpore, che è ra-dicato anche nell'economia, tra le imprese, nelle banche che troppo spesso rinviano scelte indispen-sabili per paura di confrontarsi con i cambiamenti del mondo. Quel che mi piace della Spagna è come il governo e le aziende decidano con rapidità. Da noi, sulle fusioni bancarie, si medita da anni. Un mio amico mi ha raccontato un proverbio marinaio "Quando sei al largo, se non decidi tu, il ma-re decide per te". Vale per i nostri imprenditori e il mercato globale».

Almeno attorno al Mondiale un po' di passione s'è vista, in campo e fuori. Poi ci siamo risvegliati con il calcio degli scandali. «Spero che alla fine non sia solo il mio Bologna a pagare. Sono conten-to che non ci sia stata amnistia, che la Coppa del Mondo non abbia cancellato uno scandalo che ha umiliato milioni di sportivi. Pulizia e gioia, una buona ricetta. La giustizia deve decidere sul bene e sul male, nello sport e fuori. Rossi e Borrelli hanno per vice due donne, il ministro dello sport è una donna: saranno loro a rinnovare il calcio. Ma, qualunque sia la sentenza finale, non tollereremo sce-ne come quella degli ultras alla stazione di Firenze, che hanno tagliato in due il paese, per ore. Sia chiaro. Ognuno dovrà agire con responsabilità». S'è fatto tardi, il caffé è freddo nelle tazzine, l'a-genda del premier incalza. Niente vacanze, quest'anno? «Niente vacanze?» sgrana gli occhi Prodi, «l'anno passato ho speso le ferie sul programma, sono due anni che lavoro. Ho una bicicletta nuova, telaio in titanio, forcella in carbonio. Può scommetterci che la userò. Spero di andare un po' al ci-nema, anche se con la scorta è imbarazzante. Adoro Almodovar, sa parlare di politica con le sue commedie, in Tutto su mia madre si vedono gli ospedali spagnoli, gente che sgobba duro ma con allegria. E soprattutto mostra con orgoglio il proprio ambiente di lavoro. Un'identità nazionale for-midabile. Libri da leggere non ne ho ancora messi in valigia, ma da qualche tempo riguardo Pascal. Abbiamo bisogno di un po' del suo spirito di geometria, e del suo spirito di finezza, no?».

@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@

Per rinnovare e modernizzare il centrosinistra
Dal dibattito nazionale dei socialisti


I Socialisti che hanno partecipato alle elezioni politiche con "La rosa nel pugno" sono sempre più interessati al rinnovamento e alla modernizzazione della sinistra. La costruzione di un grande Parti-to riformista democratico passa attraverso atti concreti, approfondimenti culturali e valori condivisi. Siamo per un confronto paritario su punti concreti e visibili come la laicità dello Stato, la Scuola pubblica, l'estensione dei diritti personali e collettivi, le liberalizzazioni, il rilancio dell'economia, del lavoro e della solidarietà sociale.

Su queste tematiche è possibile delineare un percorso che in Europa ha trovato in Blair e Zapatero gli interpreti autentici di una società dove i meriti sono riconosciuti così come i bisogni e dove la società è più libera e garantisce tutti. Su queste tematiche, se DS e Margherita sono pronti, siamo disponibili ad un confronto aperto che sappia definire i contorni e i valori di una nuova forza politi-ca di stampo europeo che sappia rinnovare e modernizzare il centrosinistra italiano e del Trentino-Alto Adige.
n.zoller@trentinoweb.it


@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@


La sovranità limitata
Riforme e conflitti senza regole


• da Corriere della Sera del 21 luglio 2006, pag. 1

di Pietro Ichino

La vicenda dello scontro fra governo e tassisti ha una valenza emblematica che va ben al di là dei contenuti del decreto Bersani. In questi giorni abbiamo visto rappresentato — come in una pièce te-atrale costruita secondo i canoni classici dell'«unità di tempo, di luogo e di azione» — il dramma dell'Italia di oggi, fiaccata dal proprio grave difetto di quel senso del bene comune e di quella cultu-ra delle regole, che sono requisiti essenziali per l'esistenza e la prosperità di una nazione.

I segni di questa degenerazione del nostro tessuto civile si sono fatti sempre più frequenti negli ul-timi anni: il Corriere
non ha mancato di sottolinearne, di volta in volta, la gravità. Sembra essersi diffusa l'idea secondo cui, quando una vertenza collettiva non si sblocca con le buone, è «inevitabile» fare ricorso alle ma-niere forti: dalla violazione della legge sugli scioperi nei servizi pubblici ai blocchi stradali e ferro-viari, fino alla violenza fisica sulle persone e sulle cose. Così saltano tutti i meccanismi civili di bi-lanciamento degli interessi contrapposti, ivi compreso quello essenzialissimo fondato sulla sovrani-tà del Parlamento; vengono meno il filtro della ragionevolezza delle rispettive posizioni e la spinta a individuare nuovi meccanismi più sofisticati per la conciliazione degli interessi contrapposti; preva-le brutalmente l'interesse di chi è più spregiudicato nel far valere la propria capacità di interdizione.

Nel giugno 2003, per impedire una misura di riduzione dei costi di Alitalia, mille assistenti di volo ricorrono all'epidemia di mal di testa: una vera e propria truffa collettiva. Tra il dicembre 2003 e il gennaio 2004, per sbloccare la vertenza degli autoferrotranvieri che si trascina da un anno, i sinda-cati autonomi ricorrono a un'ondata di scioperi platealmente illegittimi che paralizzano a sorpresa le grandi città.
Nel febbraio di quest'anno i sindacati (qui anche i confederali) ritengono giustificato ricorrere ai blocchi stradali per ottenere il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Stesso discorso quando si tratta di impedire l'insediamento di una discarica o il passaggio di un'arteria di comunicazione in un proprio lembo di territorio. I tifosi di una squadra di calcio — è cronaca di questi giorni — si op-pongono a un provvedimento di giustizia sportiva con il blocco ferroviario. Per opporsi al decreto del governo, l'Assemblea generale degli Ordini forensi — impropriamente trasformata in sindacato degli avvocati — proclama senza il preavviso dovuto uno sciopero platealmente illegittimo. E i tas-sisti fanno altrettanto, aggiungendo al danno dello sciopero illegittimo i blocchi stradali e le aggres-sioni squadristiche contro rappresentanti delle istituzioni e giornalisti.

Il nocciolo della questione, tra governo e tassisti, è se sia giusto permettere che il servizio delle auto pubbliche sia offerto anche da imprese medie o grandi, operanti con una pluralità di vetture e di conducenti da esse dipendenti: ne deriverebbe una riduzione dei costi del servizio, con beneficio generale; ne deriverebbe anche una riduzione del mercato per gli attuali tassisti-artigiani, i quali po-trebbero però essere integralmente indennizzati per la perdita della vecchia posizione di monopolio. Gli sviluppi della vertenza paiono indicare che alla Repubblica Italiana oggi è inibito di scegliere sovranamente la soluzione più ragionevole di questo conflitto di interessi, per ragioni di ordine pubblico. Se l'esito della vicenda sarà davvero questo, non potranno trarsene davvero buoni auspici per il futuro del nostro Paese.


@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@


12 Luglio 2006
PER CESARE BATTISTI


di UGO INTINI
Viceministro agli Affari Esteri


E’ sempre la realtà nuova del presente che ci obbliga incessantemente a porre nuove domande alle pagine della storia. Così oggi nell’accostarci ancora una volta con emozione alla figura di Cesare Battisti dobbiamo fare i conti con inerzie interpretative ,per superare i vecchi modi di pensare e di agire,per batterci contro facili schematismi resistenti e duri a morire, talvolta contro ogni logica,per riflettere sul nostro tempo, sulle nostre tensioni intellettuali, sulle nostre aspirazioni di vivere in una società libera e democratica.
Cesare Battisti ha abitato il tempo di una delle più gravi e complesse crisi che hanno attraversato il secolo scorso,ha dovuto combattere con il vuoto di analisi socio-politiche all’interno della sinistra europea .Ma ha saputo affrontare questo dato di obiettiva debolezza con grande autonomia intellet-tuale e grande coraggio. Come sanno fare gli uomini saggi che valutano le spirali della società nella quale vivono, Cesare Battisti per comprendere la contemporaneità nelle complessità dei suoi da-ti,dei suoi elementi potenziali di riferimento critico, ha cercato in una solitudine generosa e concre-ta di comporre tutto con uno sforzo di sintesi ammirevole e attuale. Convinto alle idee socialiste dalla moglie Ernestina ,conosciuta a Firenze tra i discepoli di Gaetano Salvemini, era capace di pos-sedere sempre un punto di osservazione sulla realtà non cedevole agli strappi che, l’impero austro-ungarico e il partito al quale aderiva ,imponevano per cercare di condizionare le sue scelte e i suoi chiari obiettivi politici .Credeva spettasse agli irredentisti la difesa dell’italianità riprendendo la lot-ta per il distacco del Trentino dal Tirolo con qualunque mezzo: resistenza attiva e passiva ,ostruzionismo mediante manifestazioni pubbliche e soprattutto con la stampa. Cesare Battisti era convinto che le contraddizioni difficili da identificare con labirintici strumenti ideologici potevano essere comprese e comunicate sotto la forma di un deciso impegno per elevare la lotta contro le ingiustizie e contro la mancanza di libertà .Per questo si impegnava in studi severi e ricerche di e-splorazione appassionata nella sua terra. Il 26 giugno 1912 in sede di discussione sulla nuova legge di riforma del servizio militare al Parlamento di Vienna formulò questa dura analisi “In Austria vi è un esercito ancor più grande in continuo movimento. Vi è l’esercito dei pezzenti dei miserabili che devono abbandonare la patria per cercarsi un pane in terra straniera. Questo esercito composto di giovani sul fior degli anni è più grande di quello che voi tenete nelle caserme.Esso supera ogni anno i settecentomila uomini. Soltanto negli Stati Uniti arrivano ogni anno 180.000 emigrati austriaci .Di questi diseredati lo stato non ha alcuna cura”.
Era certo che l’idea di nazione alla quale si rifaceva fosse un portato della storia politica e diploma-tica del ‘8oo, per questo l’autonomia della sua regione gli stava a cuore e per questo sacrificò la sua vita. Ma in un’ottica di modernità e di influenza mazziniana che aveva come fondamento l’idea di un’Europa solidale con riferimento alle corrette profetiche analisi che Mazzini aveva compiuto : o l’Austria sarebbe rimasta un regno ereditario fondato sul prestigio militare dell’esercito imperiale oppure, se fosse prevalsa la strategia del partito socialista austriaco e dei movimenti nazionali sla-vi, l’impero si sarebbe dissolto. Durissima fu la requisitoria ,nel parlamento viennese, contro il mi-litarismo imperiale: “L’Austria- gridò Battisti prendendo la parola nella Dieta del Tirolo nel 1914 – è una bolgia infernale nella quale le patrie si accavallano l’una sopra l’altra: la più forte contende il terreno alla più piccola, noi viviamo in uno Stato che misconosce tutti i diritti e tutti gli interessi degli Italiani”.
Obiettivo di Battisti irredentista , tolta all’Austria la possibilità di soffocare le altre nazioni, sarà la federazione degli Stati d’Europa e a questo disegno dedicò con consapevole rischio gli ultimi due anni della sua vita.
Con una navigazione piena di ostacoli ,scoppiata la guerra , Battisti si prodigò, in mezzo a mille dif-ficoltà, per la causa di un interventismo non nazionalistico ,non esaltatore della “bella “ guerra ,di stampo futurista –dannunziano . Leo Valiani, in un basilare studio sul problema della neutralità dei socialisti, parla della autorevolezza eccezionale di Battisti “ uno dei tramiti tra l’interventismo de-mocratico e quello nazionalista ,ma anche tra le sue posizioni e quelle dei sindacalisti rivoluzionari e dei socialisti ad essi vicini “. Il suo amore di patria nasceva dalla esperienza di instancabile orga-nizzatore del movimento sindacale e contadino sotto la gestione economica di una potenza stranie-ra, che usava metodi feudali ed era ostile all’italianità del Trentino, nonostante l’alleanza firmata tra le due nazioni; l’irredentismo come pregiudiziale alle rivendicazioni politiche del socialismo per rendere partecipe e protagonista il popolo.
Grande folla c’era sempre ai comizi di Battisti. Uno fu tenuto a Genova l’11 ottobre del ’14. Due giorni dopo, comparve una sua intervista sul “Lavoro”, quotidiano socialista della città fondato dai lavoratori portuali nel 1903 e che fu diretto anche da Sandro Pertini . Rispondendo alle domande del giornalista anonimo, Battisti esprime tutta la sua dolorante critica per gli atteggiamenti incoe-renti dei partiti socialisti europei ,soprattutto di quello tedesco e di quello austriaco ,detta parole di pessimismo sul futuro dell’Internazionale socialista spiegando che “ per l’internazionale socialista valgono gli stessi e precisi criteri che per la federazione degli Stati Europei. Non sarà possibile un’intesa finché le singole nazionalità non siano costituite in organismi indipendenti “ . Attacca il clero che domina la parte rurale del paese e confida che Mussolini possa ricordarsi i suoi trascorsi di ospite nelle galere austriache per dichiararsi a favore della guerra. Mussolini passerà (secondo Valiani dopo l’intervista di Battisti ) repentinamente dal neutralismo all’interventismo più acceso ,ma non dalla parte dei contadini trentini ,bensì dalla parte dei guerrafondai .
Battisti con coerenza nobile e straordinaria andò incontro al patibolo tra i crudeli oltraggi dei suoi nemici politici che lo sbeffeggiarono per le strade di Trento.
Ebbe onore di pianti da Francesco Ruffini (uno dei dodici professori universitari che rifiutò di giu-rare fedeltà al fascismo) che il 12 luglio 1918,nel secondo anniversario della morte commemorò Battisti a Milano per invito della società Dante Alighieri. Qualche anno dopo dalla cella del carce-re di Regina Coeli, Ernesto Rossi ,(autore insieme ad Altiero Spinelli, dal confino di Ventotene, del manifesto sul federalismo europeo ) scriveva alla moglie “ Battisti non è stato solo un grande ita-liano ,ma un eroe dell’umanità. In Battisti troviamo espressi in forma concreta quegli ideali che noi europei chiamiamo senz’altro la nostra civiltà. Battisti guardava dal Trentino all’Italia con lo stesso animo con cui i liberali lombardi e napoletani guardavano al Piemonte nel 1848. Né Battisti poteva trascurare, volendo far presa sulle masse operaie, quei motivi universali –guerra alle guerre ,difesa della civiltà, lotta per un migliore assetto politico europeo - che erano le basi del suo pensiero socia-lista ”.
Pietro Nenni nel volume “Vent’anni di fascismo” ha scritto : “ Particolarmente in Battisti sociali-smo e patriottismo erano due aspetti dell’eterna lotta per la giustizia sociale e la libertà. A questa lotta egli fu fedele fino all’impiccagione nel castello di Trento”.
Oggi ancora una volta la crisi del nostro Paese si misura anche con i problemi della politica estera : il rischio di una destabilizzazione incontrollata del Medio Oriente,
l’Europa alle prese con una carta costituzionale da rendere accessibile al popolo europeo e non so-lo agli esperti giuridici ,i problemi delle immigrazioni che travagliano gli assetti sociali dei paesi ricchi , la necessità di convogliare maggiori investimenti alla ricerca scientifica.
E inoltre convincere i Paesi estrattori di petrolio che non sta rinascendo il colonialismo del secolo scorso. Saranno ritirate dall’Iraq, secondo gli impegni del programma elettorale, le truppe italiane così come è stato fatto dalla Spagna . L’Unione Europea ha accettato la proposta del governo israeliano per avere una presenza civile e militare che dia possibilmente stabilità di pace lungo il confine dell’Egitto e il territorio di Gaza : a capo di questa missione vi è un generale italiano dell’arma dei carabinieri che in passato molto bene aveva operato a Ebron. C’è il problema dell’uso di tecnologie nucleari in Iran ,che la comunità internazionale auspica vengano destinate a usi civili ,senza che sia messo a rischio l’equilibrio mondiale.
Sono sfide per l’Europa chiamata a proporsi come riferimento di una strategia multilaterale dei di-ritti, della libertà e della democrazia. Come cittadini europei dobbiamo batterci per una politica e-stera e di difesa comune, per consentire al nostro continente di avere un ruolo nelle strategie mon-diali. Così Cesare Battisti si batteva per avere una società europea che riconoscesse le più ampie strutture di una organizzazione statale che consentisse diritti,certezze e opportunità.
E’ una grande sfida che ha per oggetto quelli che mi piace chiamare “gli Stati uniti del mondo”. Impegno che ci viene dall’esempio delle più belle figure della nostra storia patria per la ricerca di un dialogo,di collaborazione ,di condivisione di responsabilità, che sono le premesse per un mondo di pace.



a cura della segr. regionale SDI
documento in home page www.socialistitrentini.it







torna in alto




Powered by Web Wiz Site News version 3.06
Copyright ©2001-2002 Web Wiz Guide