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Ognuno prete di se stesso, la sfida conciliativa tra luterani e cattolici -di Nicola Zoller Giornali l’ADIGE 21.11.24 e ALTO ADIGE 22.11.24, pp.1s. Il vaticanista Luigi Sandri sui giornali l’Adige e Alto Adige del 4 novembre 2024 aveva opportunamente ricordato che le divisioni degli scorsi secoli tra cattolici e luterani rendono ancor oggi difficile “celebrare insieme la Cena del Signore” con una effettiva conciliazione: eppure nell’autunno 1999, venticinque anni fa, era stata sottoscritta nell’aulica città di Augusta la “Dichiarazione congiunta cattolico-luterana sulla dottrina della giustificazione”. A mia volta ricordo che il 3 gennaio 2021 – a cinquecento anni esatti dalla scomunica papale a Lutero – era stata riconfermata e ripubblicata una nuova traduzione italiana della medesima “Dichiarazione”. Sandri rievoca esattamente i termini dell’antica contesa, con i luterani a sostenere che “Dio salva la persona umana per pura grazia e non per le sue opere”, mentre la Chiesa cattolica insisteva anche sulla necessità delle opere umane, quindi sulla collaborazione delle persone, che per i luterani diventava semmai una conseguenza e non una condizione per la salvezza. La divisione sul piano dottrinale – se pur in termini non insignificanti – non era profondissima: per le Tesi di Lutero del 1517 la salvezza era ‘giustificata’ solo per fede; per i cattolici – come confermato dal Concilio di Trento (1545-1563) – per la fede e… per le opere. Insomma “se avessero avuto più pazienza” reciproca – commenta Sandri – i contendenti non avrebbero dato modo e motivazioni agli aggressivi principi europei di gettare il continente nelle sanguinosissime guerre di religione tra il XVI e il XVII secolo. Ora, la “Dichiarazione congiunta”, nella traduzione del 2021 afferma testualmente: «Insieme noi, luterani e cattolici, confessiamo che non in base ai nostri meriti, ma soltanto per mezzo della grazia e nella fede nell'opera salvifica di Cristo, noi siamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito Santo». È un’intesa, a quanto pare, favorevole alla tesi luterana, che recide le ragioni della scomunica e dello scisma di cinquecento anni fa; non a caso secondo molti studiosi quella divisione poteva ben essere evitata (per la complessa materia rimando – tra i notevoli altri studi – alle ricerche di Vincenzo Lavenia, ‘Riforma luterana e Controriforma’; di Jacques Le Goff, ‘La nascita del Purgatorio’; di Mario Miegge, ‘Martin Lutero 1483-1545’; di John Bossy, ‘L'Occidente cristiano 1400-1700’…) a meno che non esistessero altre ragioni, tra le quali ora ne menziono una. Perché dunque permangono difficoltà a procedere sull’accordo definito nella “Dichiarazione” del 1999, anzi lo si dimentica? Penso che la contesa sulla “giustificazione” avesse e abbia implicazioni strutturali: se solo la misericordia di Dio può salvarci, allora non contano le azioni, le intercessioni, le indulgenze penitenziali e le intermediazioni umane. Ma ciò – nel passato come nel presente – faceva e fa venir meno la ragion d’essere della Chiesa come struttura quale “ponte” tra l’uomo e Dio: ognuno può essere prete di se stesso, affidarsi direttamente alle Scritture, non servono tanti apparati, papi e indulgenze; quanto ai sacerdoti, essi non sono niente di più di persone che coadiuvano i fedeli, per cui possono vivere come tanti altri uomini e anche sposarsi; in questa direzione anche le donne potevano mano a mano accedere al sacerdozio. Ecco: credo che qui possano risiedere ancora le ragioni per frenare e mettere nel dimenticatoio le basi teoriche dell’accordo che sarebbe stato ritrovato venticinque anni fa. Ragioni pratiche di ruolo e di sopravvivenza della propria “missione”, così come impostasi nella storia ecclesiastica. torna in alto |