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KUNDERA: AGUZZINI, CAVATEVI GLI OCCHI- oct.2023 20

KUNDERA: AGUZZINI, CAVATEVI GLI OCCHI!
-di Nicola Zoller
Rivista UCT, ottobre 2023

Nel recente luglio 2023 è scomparso Milan Kundera, lo scrittore boemo nato nel 1929, che ha accompagnato gli anni più impegnati di molti di noi con 'L’insostenibile leggerezza dell’essere', la sua opera più famosa. Kundera dal 1975 era riparato in Francia, fuggendo dal regime reinsediato in Cecoslovacchia dai carri armati sovietici che nel 1968 avevano stroncato la 'Primavera di Praga' e il sogno del «socialismo dal volto umano» di Alexandr Dubček. Nel 1985 quel libro troverà in Italia una accoglienza esplosiva, anche grazie alla promozione esilarante della trasmissione 'Quelli della notte'. Ma il testo è seriamente inquietante, coinvolgendo assieme alle vicende politiche anche quelle esistenziali.
Il protagonista principale – il chirurgo Tomáŝ – aveva a lungo riflettuto sulla tragedia di Sofocle 'Edipo' e aveva pubblicato le sue osservazioni sul settimanale dell’ Unione degli scrittori. Si era allora agli albori della Primavera di Praga nel 1968, guidata da Alexandr Dubček e le maglie della censura comunista parevano allentate. Cosa c’entra la storia di Edipo? Ecco – riassume il protagonista – «Edipo non sapeva di dormire con la propria madre, ma quando capì ciò che era accaduto non si sentì innocente; non poté sopportare la vista delle sventure che aveva causato con la propria ignoranza, si cavò gli occhi e, cieco, partì da Tebe».
La vicenda trasportata nell’attualità cecoslovacca mette in luce due posizioni emerse tra i dirigenti comunisti: c’erano quelli che «si sentivano colpevoli (come gli amici di Dubček) ed erano pronti a rimediare in qualche modo alla colpa», se non a cavarsi gli occhi, «dei loro atti di sopraffazione verso la popolazione»; e quelli che – mentendo – gridavano di essere innocenti perché «non sapevano» e in questo modo cercavano di scampare all’ira della nazione. Ma il fatto di non sapere, con la scusa di essere stati ingannati dalla propaganda sovietica o dalla polizia segreta, poteva scagionarli? «Io non sapevo, io ci credevo, mi fidavo del nostro regime»: è la loro giustificazione. Ma anche Edipo non sapeva, eppure lui non si sentì innocente e si accecò. Quanti dirigenti statali e di partito invece, reputandosi innocenti, cercarono di scampare alle proprie responsabilità? Erano manchevoli in moralità e in verità: nell’agosto 1968 arrivarono in loro soccorso i carri armati sovietici e quindi per più di un ventennio questi aguzzini si risparmiarono la condanna che ben meritavano.
Risultò invece condannato Tomáŝ, il prestigioso chirurgo, prima invitato a ritrattare le sue osservazioni e poi – visto il suo netto rifiuto – perse il lavoro e finì a pulire i vetri; poi lui e la moglie ripararono in campagna, dove morirono in un incidente agricolo «schiacciati sotto un camion».
È istruttiva questa storia: quanti capi e intellettuali comunisti nell’Est europeo come anche in Occidente (si pensi ai casi emblematici di due 'cattivi maestri' come Jean-Paul Sartre e Palmiro Togliatti, imitati da una schiera interminabile di adepti fino a Walter Veltroni che nel libro e poi nel film 'Quando' del 2023 fa dire al protagonista comunista: «Le intenzioni erano giuste…») finsero di non sapere, di aver creduto nell’ideale, senza intravederne la perversione? No, potevano e dovevano sapere (come infatti sapevano, eccome!); avrebbero comunque potuto leggere – prima e durante gli anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo – le denunce di George Orwell, Arthur Koestler, Bertrand Russel, Albert Camus, Vasilij Grossman, Karl Popper, Raymond Aron, Isaiah Berlin, Aleksandr Solženicyn, Andrej Sacharov … o ascoltare – restando nel campo progressista – le argomentazioni della socialdemocrazia europea. Ma se fossero stati proprio ignari e insipienti, allora dovevano fare come Edipo. Tomáŝ apparve davvero irriverente con la sua arguzia e cadde sotto il maglio della ritorsione implacabile.
Arriva a questo approdo il senso della vicenda narrata da Kundera: egli fa intendere che sarebbe stato bello professare l’ideale della leggerezza del vivere (la 'Primavera'), ma ci fa capire che la vita soggiace al peso insostenibile della necessità; «es muss sein, ciò deve essere», quello che è necessario è pesante, ognuno porta sulle spalle il suo destino, secondo il magistero di Beethoven. Intitolato alla leggerezza, il racconto di Kundera finisce allora per parlarci delle costrizioni pubbliche e private che gravano sulle persone. La leggerezza diventa «insostenibile»… come – così io interpreto – in 'Madre Courage e i suoi figli' di Bertolt Brecht nella 'Canzone della Grande Capitolazione' intonata per un giovane soldato: «Ne ho visti molti dar l’assalto al cielo,/ e non c’eran stelle troppo grandi e distanti./Ma ammucchiando montagne su montagne,/s’accorsero quanto pesava anche solo un cappello di paglia».



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