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LA SOLITUDINE DI GIOVANNI FALCONE -DI NICOLA ZOLLER Sono giornate di ricordo per Giovanni Falcone e molte partecipazioni sono sincere, altre meno. Parliamo di quest’ultime per dire che lui venne lasciato “solo”, abbandonato nella sua strenua lotta alla mafia da coloro che lo dovevano difendere, a partire da settori importanti della magistratura. Gli fu negata sia la guida del Pool anti mafia (che poi venne sciolto), sia la guida dell’Alto commissariato per la lotta alla mafia. Ma era stato lui, Falcone, a rompere l’omertà mafiosa riuscendo a svelare l’organigramma della mafia. Poi però venne isolato all’interno della magistratura e nei mass media: “Cosa nostra” ben percepì questa situazione di emarginazione e attuò la vendetta, assassinandolo assieme alla moglie Francesca e agli uomini della scorta Montinaro, Schifani e Dicillo. C’erano stati dei precedenti: nel giugno 1989 Falcone divenne obiettivo di un attentato presso la casa affittata per le vacanze. Alcuni aderenti di “Cosa nostra” piazzarono lì un borsone con 58 candelotti di tritolo. Ma l’attentato fallì. Il sindaco di Palermo Orlando arrivò a dire che Falcone l’attentato “se l’era fatto da solo”. Lo stesso Orlando dichiarò che Falcone teneva chiusi nei cassetti una serie di documenti sugli omicidi politici. La collaborazione di Falcone con il ministro della Giustizia Claudio Martelli suscitò polemiche aspre da parte di autorevoli esponenti di Magistratura democratica: questi e altri rappresentanti politici osteggiavano il suo lavoro con un ministro socialista. Lui, che operava per totale spirito di servizio, ne restò molto amareggiato. Il 15 ottobre del 1991 Falcone fu convocato davanti al Csm – che lo aveva privato per due volte di nomine che gli potevano spettare – per difendersi da accuse infondate di “aver fatto male le indagini” e di “doveri trascurati”. Il 24 febbraio 1992 – pochi mesi prima del suo assassinio, compiuto il 23 maggio 1992 – il Csm votò per eleggere il procuratore anti mafia e negò ancora la nomina a Falcone, preferendogli altro magistrato. Venne lasciato “solo”, abbiamo detto sopra. Questo isolamento è stato richiamato in un editoriale di Mauro Del Bue sull’Avanti!, che ricorda un libro recente del senatore e storico, Riccardo Nencini, dedicato al deputato socialista Giacomo Matteotti e intitolato appunto “Solo”, proprio perché anche quel martire fu costretto ad affrontare con coraggio e in solitudine quell’ultima seduta alla Camera in cui denunciò i brogli elettorali dei fascisti. Oggi il grande valore di Falcone è riconosciuto da tutti. Stona però molto l’esaltazione postuma ad opera di quelli che lo avevano delegittimato: i suoi detrattori in vita tacciano almeno dopo la sua morte. Lascino a persone più coerenti il dovere e l’impegno di riconoscerlo come autentico martire della lotta alla mafia, da indicare come esempio agli italiani di oggi e delle prossime generazioni. Nicola Zoller, segretario regionale Psi e collaboratore della storica rivista “Mondoperaio” torna in alto |