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Lettera a G. Buccini sul giustizialismo 6.12. 2021

LA FINE DELLA ILLUSIONE GIUSTIZIALISTA: LETTERA APERTA A GOFFREDO BUCCINI, giornalista del Corriere della Sera.
-di Nicola Zoller

https://www.avantionline.it/scrive-nicola-zollerla-fine-della-illusione-giustizialista-lettera-aperta-a-goffredo-buccini/

Abbiamo letto con interesse l’articolo di Goffredo Buccini sul Corriere della Sera del 20 novembre 2021 “Trent’anni dopo Mani pulite: è tempo che la guerra finisca”. Un titolo che farebbe pensare ad un ragionamento equilibrato. Una sensazione che però sfuma quando si arriva a leggere quanto segue: “Non a un golpe giudiziario assistemmo, quanto piuttosto al dissennato suicidio di partiti che durante gli anni Ottanta avevano scambiato consenso elettorale con debito pubblico e appalti truccati con finanziamenti illeciti”.
Domandiamo: è questo è l’approccio per far finire una contesa? Oppure è una premessa per far digerire agli accigliati giustizialisti che ancora vigilano sulla italica moralità, la fine della grande illusione che affidava alla Magistratura il compito di rivoltare l’Italia come un calzino? Peraltro non occorreva la vicenda del noto magistrato Luca Palamara – ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura – a svelare il disonore che ha accompagnato da decenni la gestione del CSM: c’era già una circostanziata ricerca edita da Bompiani nel 2009, scritta da un insospettabile giornalista de L’Espresso, Stefano Livadiotti, intitolata “Magistrati. L’ultracasta”. Altro che liberatori e rivoltatori di calzini!
Una illusione caduta e di cui Buccini racconta la storia in un libro di fresca stampa “Il tempo delle Mani pulite 1992-1994”. Purtroppo dovranno venire altri giornalisti e storici per raccontare con più equilibrio la storia del 1992-1994, anche se ammettere la fine di quella illusione apre le porte (come era stato il caso – si parva licet componere magnis – di quell’immenso libro di F. Furet “Il passato di un’illusione” sulle infamie del comunismo) ad un ripensamento operoso.
Noi proviamo qui di seguito a dar voce a testimonianze controcorrente che abbiamo inserito in una sorta di samizdat intitolato “La caduta di Tangentopoli (1993): come un Paese può tornare indietro di mezzo secolo”. Alleghiamo la pubblicazione completa e riportiamo subito la parte in replica alle sopra riportate considerazioni che Buccini riprende pari pari dal tam-tam del circo mediatico-giudiziario degli anni Novanta. Scriviamo: “Il giurista Michele Ainis in un editoriale del 16 giugno 2014 ha ricordato che «all’alba degli anni ’90 la classifica di Transparency International - l’Associazione che misura l’indice di percezione della corruzione, partendo dai Paesi migliori - situava l’Italia al 33° posto nel mondo; ora siamo precipitati alla 69.a posizione» sui 180 Paesi considerati. D’altronde cosa poteva esser successo fino ai primi anni ’90 in una situazione come quella italiana che, se appariva per alcuni versi problematica, non era radicalmente dissimile dagli altri paesi progrediti d’Europa? Partiamo dal conciso fatto rilevato da Carlo M. Cipolla - uno dei maggiori storici economici internazionali - riportato in un libro accessibile a tutti intitolato Storia facile dell’economia italiana dal Medioevo ad oggi: «Il bilancio economico del quarantennio postbellico è, in termini quantitativi, a dir poco lusinghiero. Certo, nulla di simile era stato - anche lontanamente - nelle speranze dei padri della Repubblica. Un reddito nazionale cresciuto di circa cinque volte dal 1950 al 1990 colloca l’Italia fra i Paesi a più elevato tenore di vita nel mondo». Anche sulla base di questi dati Carla Collicelli, vicedirettore del CENSIS - rispondendo a Marco Travaglio e a Gian Carlo Caselli - poteva dichiarare esattamente quanto segue: «Il periodo fino al 1992 indicato come più corrotto è anche quello nel quale l’Italia è cresciuta di più. Ora, siccome è senz’altro vero che è la corruzione a bloccare lo sviluppo nei paesi poveri, l’Italia non doveva essere poi così corrotta» (cfr. giornale “l’Adige” del 22 agosto 2002). Molti anni dopo, sul “Corriere della Sera” del 7 febbraio 2018, l’accademico Angelo Panebianco, spiegherà ancor più convintamente: «Sul finire della prima Repubblica il vecchio sistema dei partiti entra in crisi. Arriva 'Mani pulite' ed è il diluvio. Il prestigio dei politici crolla ai minimi termini (e non risalirà più). È allora che si diffonde quella che considero la madre di tutte le fake news, la falsa idea secondo cui questo sarebbe il Paese più corrotto del mondo». Abbiamo visto poc’anzi che l’Italia si situava nella fascia medio-alta tra i ''Paesi migliori'', almeno fino ai primi anni ’90 dello scorso secolo. Pure la situazione economica - come riportato - appariva positiva. Anche due competenti studiosi di Bankitalia, L. Federico Signorini e Ignazio Visco, lo ribadivano nel saggio “L’economia italiana” (il Mulino,1997): «L’Italia è dunque una delle maggiori economie al mondo per dimensione del PIL; ha avuto anche negli ultimi venticinque anni una crescita soddisfacente rispetto agli altri paesi industriali; ha un reddito pro capite elevato e una ricchezza crescente». Ciò ha giovato a migliorare lo standard di vita. Nel 1993 la speranza di vita alla nascita era pari a 77,6 anni in Italia (contro i 76 di USA e Germania); in circa vent’anni la vita attesa si è allungata nel nostro Paese di quasi sei anni”.
Possiamo ripartire anche da queste considerazioni per far sì che davvero “la guerra finisca” e che si possa scrivere una storia equilibrata degli avvenimenti che portarono dolorosamente alla fine dei partiti democratici della prima Repubblica?

Nicola Zoller, collaboratore di Avantionline! e della rivista Mondoperaio



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