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http://www.avantionline.it/scrive-nicola-zollerlanti-craxismo-ai-tempi-del-coronavirus-lettera-aperta-a-telmo-pievani/ LETTERA APERTA A TELMO PIEVANI SULL’ANTI-CRAXISMO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS Gentile prof. Telmo Pievani, ho letto con mestizia – sotto il titolo “E’ morto mio padre, solo un bacio nell’aria” (‘La Lettura’, domenica 5 aprile 2020, in evidenza come articolo iniziale della rivista) – la notizia della morte di suo padre Bruno e del tristo impedimento ad un funerale “da cristiano”, come dicono qui da noi in montagna anche i non credenti. Devo riferirle francamente che mi ha molto avvilito anche un’ altra notizia da lei ‘svelata’, secondo la quale suo padre – da socialista di sinistra seguace di Riccardo Lombardi, “membro del comitato centrale del partito fino al suo scioglimento voluto (sic!) da Bettino Craxi” – disse che “dalla riva del fiume avrebbe visto passare tutti i suoi ex compagni: nel 1992 venne Tangentopoli e in effetti uno dopo l’altro passarono tutti, travolti dalla corrente”. Sono stato socialista lombardiano anch’io, e ancora tutt’oggi sono iscritto al PSI, con pochi altri solitari ma coerenti compagni che fuori da pretese di potere militano ancora in quell’antico partito. Rammento questo, perché il modo in cui ha ricostruito in breve la fase finale della militanza socialista di suo padre mi ha turbato. Lei afferma che “si oppose fieramente ai vizi del craxismo venendone sconfitto definitivamente nel 1985” per poi restare in minoranza, pregustando quasi (con quel riferimento al fiume che trascina i suoi ex compagni) la disfatta del PSI nel 1992-93. Dov’è finita la pietà e anche la verità, se c’è questa sorta di ‘vendetta’ finale nel veder naufragare gli altri compagni di partito tra i flutti? Anch’io – come suo padre – sono stato in minoranza nel PSI, ma mai ho perduto quel senso di appartenenza ad un destino comune, anche tra tante contese interne: peraltro restarono fedeli al PSI fino alla fine, anche se spesso in libero dissenso con Craxi ma senza augurarsi catastrofi politico-personali altrui, figure come Sandro Pertini e Norberto Bobbio, oltre che lo stesso Riccardo Lombardi (magari suo padre ed io potremmo aver partecipato insieme all’ultimo addio a Lombardi a Roma nel settembre 1984, salutando con commozione l’orazione funebre tenuta da Craxi, anche in ricordo della collaborazione che Vittorio Craxi, padre del segretario PSI, tenne con Lombardi ai tempi della Liberazione di Milano). Non so nello stretto dettaglio cosa successe a suo padre nel 1985, quando sarebbe stato “sconfitto definitivamente” all’interno del PSI: non essere ricandidato come consigliere regionale in Lombardia può essere stata una sofferenza, ma nell’attività politica succede di finire in minoranza e magari emarginati anche dalla stessa minoranza (si parva licet, è proprio successo anche a me). Ma perché compiacersi nel veder travolto nella corrente – otto anni dopo – l’intero partito di cui si faceva comunque parte? Un partito il cui “scioglimento” – per onore di verità – non venne “voluto” da Bettino Craxi, come lei impietosamente asserisce: venne voluto da una operazione giudiziaria squilibrata, nel senso che per porre fine al finanziamento irregolare della politica, si arrivò alla dissoluzione dei partiti democratici dello storico centro-sinistra che avevano garantito per decenni libertà e prosperità all’Italia (lo spiega una fonte – questa sì – equilibrata – come quella che proviene dalla penna di uno dei maggiori storici economici italiani, Carlo M. Cipolla, in un libro di comoda lettura, Storia facile dell’economia italiana dal Medioevo ad oggi: «Il bilancio economico del quarantennio postbellico è, in termini quantitativi, a dir poco lusinghiero. Certo, nulla di simile era stato - anche lontanamente - nelle speranze dei padri della Repubblica. Un reddito nazionale cresciuto di circa cinque volte dal 1950 al 1990 colloca l’Italia fra i Paesi a più elevato tenore di vita nel mondo»!). Le lascio nell’ allegato anche una mia nota apparsa recentemente sulla rivista trentina “UCT Uomo, Città, Territorio” del febbraio 2020 (n.530) sotto il titolo: “Craxi, lo scarto tra verità giudiziaria immediata e verità storica”, che ripropone il problema di evitare l’avvelenamento dei pensieri per poter vivere in una società migliore. In conclusione, anche da quei concisi riferimenti al PSI all’interno del lungo e doloroso racconto finale dedicato a suo padre, vedo una conferma desolante: quel debordante astio anticraxiano, che arriva appunto a compiacersi dell’annegamento del PSI, non trapelava solo tra gli avversari ma anche nello stesso partito. E questo, se permette, è segno di un decadimento – di un “morso velenoso” scambiato tra consanguinei, l’avrebbe definito il letterato Joseph Epstein – che ferisce chi in quel movimento ci credeva e ci crede ancora, perché la storia socialista – nonostante le difficoltà – non è finita nella nostra Europa e nel mondo. Pare che anche fra noi ci sia stato e ancora ci sia qualcuno quasi bisognoso di una approvazione e almeno della benevolenza della moltitudine assoggettata dalla propaganda giustizialista, e che per questo finisca per abbruttire la propria stessa storia, che comprende anche parti negative ma che resta nel complesso una bella pagina di conquiste sociali e civili. Per tutto il resto, gentile professor Pievani, continuerò a seguire le cose che pensa e che scrive come filosofo della scienza, a partire da quel suo saggio del 2006 “Creazione senza Dio” che rimane ben saldo e in evidenza nella mia biblioteca. Grato dell’attenzione, saluto cordialmente. Nicola Zoller, segretario regionale Psi del Trentino-Alto Adige torna in alto |