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SERVE UN RICORDO PIU’ SINCERO DI CRAXI -di Nicola Zoller Giornale TRENTINO, domenica 19 gennaio 2020, p.1 s. Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio e segretario del Psi, nell’autunno 1983 volle venire sul Doss Trento per onorare la memoria di Cesare Battisti, socialista e irredentista. Come socialisti trentini lo accogliemmo rispettosamente: era il segretario di noi tutti, anche se a Trento la sua corrente era minoritaria e in maggioranza eravamo della ‘sinistra lombardiana’: allora la competizione anche all’interno dei partiti era molto vivace. Avvertì senz’altro questa situazione, ma ricordo che poi di tasca propria ci pagò il pranzo, anche se sarebbe ovviamente spettato a noi. Cito questo fatterello per dire della sua prodigalità e del suo disinteressato rapporto con i soldi; grazie a ciò entro subito nel ricordo che in molti stanno riservando a Craxi nel ventesimo anniversario della morte. Un insospettabile magistrato come Gerardo D’Ambrosio, viceprocuratore di Milano, in una intervista del 23 febbraio 1996 – dunque appena fuoriusciti dalle operazioni di ‘Mani pulite’ – dichiarò: «La molla di Craxi non era l’arricchimento personale, ma la politica». Parole assai ignorate, almeno fino a ieri, da tanti protagonisti e osservatori, più interessati a occupare posizioni di potere nella politica, nell’economia, nella società, nei mass media, piuttosto che a un esame realistico dei fatti. Per un verso, ci sono i processi: quelli che implicarono Craxi (Eni-Sai, All Iberian, Metropolitana milanese, Conto protezione, Enimont) portarono a condanne pesanti, ma non riusciranno a scalfire la pertinente osservazione di D’Ambrosio. Quei finanziamenti ricevuti da tanti partiti servivano principalmente a finanziare la competizione politica sempre più costosa, ed era una pratica seguita in tutte le democrazie, ad esclusione ovviamente dei Paesi autoritari dove era escluso il confronto fra forze diverse: certamente si dovevano rispettare delle regole di rendicontazione, che spesso non venivano seguite. Successe con il Psi di Craxi, successe anche a Mitterand in Francia e al cancelliere Kohl in Germania, probabilmente il maggiore percettore di ‘fondi neri’ su scala europea. Ma non per questo i due leader citati subirono azioni giudiziarie tali da scalfire la loro autorità personale e innanzitutto quella dello Stato che per tanti anni avevano rappresentato: in quei Paesi prevalse la difesa della dignità nazionale, rispetto ad altre pur importanti esigenze giudiziarie. In Italia prevalsero quest’ultime, e anziché procedere ad una soluzione istituzionale per il finanziamento della politica – come avvenne in altri Paesi europei – si preferì quella dei tribunali. Craxi fu un importante statista italiano e vicepresidente dell’Internazionale socialista: fu certamente anche un uomo di potere, usufruì dunque di posizioni di favore e privilegi non comuni, ma – a detta del competente magistrato D’Ambrosio – tali da non trasformarlo in persona dedita ad «arricchirsi personalmente». Invece nelle versioni mass-mediatiche, si è molto puntato su questo argomento: basti pensare alla favoleggiata villa di Hammamet, che pareva ricoperta di rubinetteria d’oro. Gianni Amelio, il regista di un film oggi molto commentato, ha riferito che ad Hammamet cercava una casa che assomigliasse a quella di Craxi: ma trovò solo «villone al mare», tanto da dover chiedere alla famiglia Craxi di poter girare il film nella casa originale, «un’abitazione diciamo modesta, rispetto alle regge altrui», dichiara: lo avranno inteso quelli che hanno veicolato tanti spropositi sulle ricchezze private del ‘reprobo’? Reprobo? Forse qualcosa sta cambiando, tanto che da Einaudi sta uscendo un libro di un quotato giornalista come Marcello Sorgi intitolato «Presunto colpevole»: altro che «criminale matricolato», come Craxi venne apostrofato. Per rischiarare i nostri pensieri occorrerebbe un ‘amarcord’ economico. Siamo spesso dimentichi di come eravamo e delle conquista fatte. Fino ai primi anni ’90 la situazione italiana non era dissimile dagli altri paesi progrediti d’Europa. Anzi. Nel 1985 durante il governo Craxi l’Italia diventa la quinta potenza economica mondiale. Carlo M. Cipolla - uno dei maggiori storici economici internazionali – ben riassume la situazione: «Il bilancio economico del quarantennio postbellico è, in termini quantitativi, a dir poco lusinghiero. Certo, nulla di simile era stato nelle speranze dei padri della Repubblica. Un reddito nazionale cresciuto di circa cinque volte dal 1950 al 1990 colloca l’Italia fra i Paesi a più elevato tenore di vita nel mondo». Su questo terreno si innesta il discorso sull’entità del debito e della corruzione. È vero che per un complesso di fattori e di protagonisti (governo, forze politiche dell’arco costituzionale, sindacati operai e imprenditoriali) la spesa pubblica tra gli anni ’70 e ’80 andò incrementandosi: ma è ingiusto accollarla a Craxi, capro espiatorio anche su questo fronte, se è vero che alla fine del suo governo il debito era all’ 87% del Pil, contro il 132% attuale! E che l’inflazione scese dal 14,9 % del 1983 al 4,6 del 1987. Quanto alla corruzione, le considerazioni tecniche di Carla Collicelli, vicedirettore del CENSIS, hanno contestato la vulgata forcaiola-giudiziaria. Scrive in una nota del 22 agosto 2002: «Il periodo fino al 1992 indicato come più corrotto è anche quello nel quale l’Italia è cresciuta di più. Ora, siccome è senz’altro vero che è la corruzione a bloccare lo sviluppo nei paesi poveri, l’Italia non doveva essere poi così corrotta». Situazione confermata dal giurista Michele Ainis, che in un editoriale del 16 giugno 2014 ha ricordato che «all’alba degli anni ’90 la classifica di Transparency International - l’Associazione che misura l’indice di percezione della corruzione, partendo dai Paesi migliori - situava l’Italia al 33° posto nel mondo; ora siamo precipitati al 69°» sui 180 Paesi considerati, a testimonianza del fatto che la pretesa moralizzazione post-tangentopoli ha prodotto effetti opposti. Viene ora un promemoria. Il professor Fadi Hassan, nato a Pavia da genitori siriani, docente di macroeconomia internazionale, ha rammentato sul “Corriere della Sera” del 6 aprile 2017 che «nel 1991 il nostro reddito pro capite era l’86% di quello americano, nel 2016 è sceso al 63%. E’ lo stesso livello – commenta – che avevamo nel 1961: nell’ultimo ventennio siamo tornati indietro di 55 anni». Cosa si dovrebbe imparare da questi dati? Che le operazioni mediatico-giudiziarie squilibrate possono essere dannose per la stabilità democratica ed economica del Paese; e che serve – come continuano a sostenere ancor oggi i solitari ma coerenti militanti del Psi - una politica riformista e partecipata per battere il rancore e l’invidia che ci avvelenano. Allora anche il ricordo di Craxi sarà più sincero e valido per tutti. Nicola Zoller, segretario Psi del Trentino-Alto Adige, collaboratore della storica rivista Mondoperaio fondata da P. Nenni torna in alto |