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HO NOSTALGIA E NON ME NE VERGOGNO -di Nicola Zoller * Giornale “Trentino”, 17 maggio 2019, p.1 s. Di fronte alle imminenti elezioni europee, si può avere nostalgia per stagioni politiche passate, senza vergognarsi? Credo che si possa. C’è effettivamente un passato sociale e politico di cui aver nostalgia, quello in cui c’era un rapporto positivo e di fiducia tra cittadini e partiti per costruire una politica democratica partecipata, come prevedeva e prevede l’articolo 49 della nostra Costituzione, «la più bella del mondo»: chi non ha radicamento stabile e si affida solo alla volubilità del web e ai tweet, senza coltivare una effettiva crescita del rapporto elettori-politica-istituzioni, può fare la propria fortuna per qualche stagione, ma poi cadere e far cadere il Paese nella sfiducia e nel regresso. Questo sentimento non pare immotivato. Trova una fonte nel «senso di amarezza» mostrato dal grande filosofo Norberto Bobbio su “La Stampa” del 20 gennaio 1993 per la «pessima prova» che il nostro Paese stava facendo, distruggendo i partiti democratici e mettendo «sotto accusa quella classe politica alla quale per anni era stato offerto il consenso necessario per governare». Ripeto, una «pessima prova». Di quel giustizialismo populista molti di noi non hanno nessuna nostalgia. Ma per il resto la nostra nostalgia è immensa. «Nostalgia» – contrariamente a chi pensa che sia una cattiva consigliera – è una dolcissima parola. Lo scrittore Alessandro D’Avenia ci ha spiegato che significa «il dolore del ritorno», per la difficoltà a rivivere il passato: ma non un passato morto, bensì un passato da «rivivere» e da «riamare», come toccò ad Ulisse con la sua amata Penelope. È dunque «un ritorno al futuro» quello auspicato, una nostalgia che significa speranza, non rassegnazione. Un altro scrittore-giornalista, Antonio Polito, ha valutato con apprensione la tendenza della «maggioranza degli italiani a sperare nel passato». In effetti bisogna intendersi sul passato: quello guerresco, colonialista, autoritario, razzista e moralistico-giudiziario, certamente no. Noi invece avremmo nostalgia di questo: della possibilità di rinverdire gli ideali progressisti, collegandosi all’unica sinistra democratica che c’è al mondo, quella del socialismo democratico e laburista europeo (del maturo Corbyn e del quarantenne Sánchez) e dei democratico-socialisti americani (il vecchio Sanders e la giovane Ocasio-Cortez). È un movimento politico che da anni è dato per finito, ma che invece resta l’unico ancoraggio per non soccombere alla demagogia, per provare ad impedire che intere schiere di popolo di sinistra – operai e impiegati di vecchio e nuovo stampo, ceto medio, giovani, disoccupati… – votino a destra o per liste populiste qualunquiste o si rifugino nell’astensione. Le recenti elezioni spagnole con la vittoria dei socialisti di Sánchez, segnalano un possibile cambio di direzione nell’opinione pubblica europea, dopo i recenti risultati positivi dei socialdemocratici svedesi e finlandesi. Il populismo retrivo si può battere, se la sinistra riformista tornerà ad occuparsi del primario problema che interessa anche il nostro continente: quello della disuguaglianza, dopo che negli ultimi 20 anni in Europa le distanze sociali sono aumentate. Sánchez ha contestato l’eccesso di “avarizia” burocratico-europea, riuscendo a coinvolgere strati popolari diversi e anche generazionali. L’hanno votato “padri e figli”, operai e imprenditori progressisti, offrendo loro speranza, non rassegnazione: ci ha parlato di una nostalgia socialdemocratica da “riamare”, di un ritorno al futuro di cui tutti avremmo bisogno, anche in Italia. *collaboratore della storica rivista socialista “Mondoperaio”, fondata da P. Nenni torna in alto |