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infoSOCIALISTA
10.3.2006






Info SOCIALISTA - 10 marzo 2006
a cura della segreteria regionale SDI, per i rapporti con l'azione nazionale dei
socialisti e del centro sinistra
n.zoller@trentinoweb.it - tel. 338-2422592 - fax 0461-944880 - Trento/Bolzano
Quindicinale - Anno 3°


PER LA ROSA NEL PUGNO
La lista nel Trentino - Alto Adige/Südtirol

Un nuova forza "laica, socialista, liberale e radicale": il progetto per le liberta' della "Rosa nel pu-gno" diventa operativo anche in Trentino - Alto Adige con la lista elettorale sostenuta da Sdi, Ra-dicali, Associazione Coscioni per la ricerca scientifica e Federazione Giovanile Socialista. Il nostro sara' un impegno per la promozione di tutte le liberta' civili delle donne e degli uomini, per la libera ricerca scientifica, per la difesa della scuola pubblica come condizione che garantisca a tutti uguali basi di partenza. Ma anche e soprattutto per lo sviluppo dei diritti sociali, a partire dall' abbattimen-to di limitazioni corporative che impediscono ai giovani di accedere ad una dignitosa occupazione e attivita' professionale.
CANDIDATI DELLA LISTA
COGNOME E NOME LUOGO E DATA DI NASCITA
1. Boselli Enrico Bologna, 7 gennaio 1957
2. Bonino Emma Bra (CN), 9 marzo 1948
3. Trevisan Donatella Bolzano, 15 dicembre 1966
4. Pasini Celso Bolzano, 20 aprile 1945
5. Chiomento Achille Bolzano, 19 settembre 1951
6. Sfondrini Giuseppe Mezzana Bigli (PV), 28 marzo 1923
7. Degasperi Claudio Bolzano, 13 febbraio 1964
8. Visintainer Lorenza Trento, 8 marzo 1977
9. Zantedeschi Claudia Sant'Anna d'Alfredo (VR), 26 settembre 1956
10. Zoller Nicola Rovereto (TN), 7 settembre 1955



* * * *

La scelta del 9 aprile

(…I radicalsocialisti Marco Pannella e Enrico Boselli con il loro mix di laicismo temperato e i-stanze liberali rappresentano la novità più rilevante di questa campagna elettorale…)

o da Corriere della Sera del 8 marzo 2006, pag. 1


di Paolo Mieli

A dispetto di quel che da tempo attestano, unanimi, i sondaggi, il risultato delle elezioni che si ter-ranno il 9 e 10 aprile appare ancora quantomai incerto. È questo un buon motivo perché il direttore del Corriere della Sera spieghi ai lettori in modo chiaro e senza giri di parole perché il nostro gior-nale auspica un esito favorevole ad una delle due parti in competizione: il centrosinistra. Un auspi-cio, sia detto in modo altrettanto chiaro, che non impegna l'intero corpo di editorialisti e commenta-tori di questo quotidiano e che farà nel prossimo mese da cornice ad un modo di dare e approfondire le notizie politiche quanto più possibile obiettivo e imparziale, nel solco di una tradizione che com-pie proprio in questi giorni centotrent'anni di vita.

La nostra decisione di dichiarare pubblicamente una propensione di voto (cosa che abbiamo peraltro già fatto e da tempo in occasione delle elezioni politiche) è riconducibile a più di una motivazione. Innanzitutto il giudizio sull'esito deludente, anche se per colpe non tutte imputabili all'esecutivo, del quinquennio berlusconiano: il governo ha dato l'impressione di essersi dedicato più alla solu-zione delle proprie controversie interne e di aver badato più alle sorti personali del presidente del Consiglio che non a quelle del Paese. In secondo luogo riterremmo nefasto, per ragioni che abbiamo già espresso più volte, che dalle urne uscisse un risultato di pareggio con il corollario di grandi coa-lizioni o di soluzioni consimili; e pensiamo altresì che l'alternanza a Palazzo Chigi - già sperimenta-ta nel 1996 e nel 2001 - faccia bene al nostro sistema politico. Per terzo, siamo convinti che la coa-lizione costruita da Romano Prodi abbia i titoli atti a governare al meglio per i prossimi cinque anni anche per il modo con il quale in questa campagna elettorale Prodi stesso ha affrontato le numerose contraddizioni interne al proprio schieramento.

Merito, questo, oltreché di Romano Prodi, di altre quattro o cinque personalità del centrosinistra. Il leader della Margherita Francesco Rutelli, che ha saputo trasformare una formazione di ex dc e gruppi vari di provenienza laica e centrista in un moderno partito liberaldemocratico nel quale la presenza cattolica è tutelata in un contesto di scelte coraggiose nel campo della politica economica e internazionale. Piero Fassino, l'uomo che più si è speso per traghettare, mantenendo unito e forte il suo partito, la tradizione postcomunista nel campo dominato dai valori di cui sopra. I radicalsociali-sti Marco Pannella e Enrico Boselli che con il loro mix di laicismo temperato e istanze liberali rap-presentano la novità più rilevante di questa campagna elettorale. Fausto Bertinotti, il quale per tem-po ha fatto approdare i suoi alle sponde della nonviolenza e ha impegnato la propria parte politica in una nitida scelta al tempo della battaglia sulle scalate bancarie (ed editoriali) del 2005.

Noi speriamo altresì che centrosinistra e centrodestra continuino ad esistere anche dopo il 10 aprile. E ci sembra che una crescita nel centrodestra dei partiti guidati da Gianfranco Fini e Pier Ferdinan-do Casini possa aiutare quel campo e l'intero sistema ad evolversi in vista di un futuro nel quale gli elettori abbiano l'opportunità di deporre la scheda senza vivere il loro gesto come imposto da nes-sun'altra motivazione che non sia quella di scegliere chi è più adatto, in quel dato momento storico, a governare. Che è poi la cosa più propria di una democrazia davvero normale.



"La Rosa nel pugno unica vera novità"
Boselli (Sdi) difende l'alleanza con i radicali "Non si può essere socialisti stando a destra".

o da L'Eco di Bergamo del 8 marzo 2006, pag. 6
di Gianluigi Ravasio

Un nuovo soggetto politico destinato a durare anche dopo le elezioni, nato da una storia politica e culturale comune, che parte da lontano e che all'interno del centrosinistra rappresenta la vera novità: Enrico Boselli, segretario nazionale dello Sdi, ieri a Bergamo per l'apertura della campagna elettora-le, ha delineato percorso e motivazioni che hanno portato alla nascita della Rosa nel pugno. Ma Bo-selli ha anche ribadito le sue critiche alle "ingerenze delle gerarchie vaticane" nella vita politica na-zionale e ha richiamato la posizione a favore dei Pacs e contro il finanziamento pubblico alla scuola privata.

Socialisti e i radicali insieme, una formazione nata in pochi mesi: alleanza strategica o elettorale?

"E' nata una nuova forza politica, l'unica vera novità di queste elezioni. L'appuntamento del 9 apri-le è un primo passo, poi continueremo questo lavoro. E' il frutto di una storia comune importante, di una collaborazione culturale che parte da lontano, fondata sull'idea di una sinistra laica, libertaria e liberal-socialista".

Non crede che questa alleanza possa annaccquare il socialismo?

"No. Socialisti e radicali hanno tanti aspetti in comune, tanti elementi per cui contaminarsi. È la ra-gione, tra l'altro, del successo mediatico di questa alleanza. Veniamo presentati come anticattolici, ma questa è una caricatura. Nel mio partito ci sono tanti cattolici, la di fesa della laicità dello Stato è un problema comune dei credenti e dei non credenti, il problema non so no i cattolici. Siamo contro la pretesa delle autorità ecclesiali di intervenire su questioni politiche e sociali, come la fecondazio-ne assistita. Questa battaglia contro l'integralismo è stata una caratteristica del socialismo".

Proprio perché per il socialismo i cattolici non sono un problema, con questa alleanza non c'è il ri-schio di una deriva laicista?

"La nostra battaglia per i Pacs, per dare diritti minimi a un milione e mezzo di persone che vivono in unioni di fatto è condiviso dal 68 per cento dei cattolici. La Cei dovrebbe riflettere su questo. An-cora: noi siamo contro il finanziamento della scuola privata. La scuola pubblica ha un ruolo fonda-mentale nella società, di integrazione e di formazione, ma in questi anni ha ricevuto colpi su colpi".

Il risultato del referendum sulla fecondazione assistita ha segnalato in modo evidente una rinnova-ta sensibilità degli italiani sui temi etico-morali: ritiene ancora opportuno insistere su argomenti come i Pacs?

"Il risultato del referendum è il segnale del fallimento dello strumento referendario: non si raggiun-ge il quorum dal 1999. Pensare che il fallimento di quel referendum nasca dal fatto che gli italiani hanno seguito le indicazioni del cardinale Ruini è un errore. In realtà c'è una maggioranza degli ita-liani che vuole i Pacs".

Quali possibilità di collaborazione tra laici e cattolici?

"C'è una possibilita di collaborazione enorme, Ripeto: non abbiamo un proble ma di credenti e cat-tolici. Contestiamo una sorta di sovranità limitata che le autorità vaticane immaginano per l'Italia. Penso che su questi temi le forze di sinistra abbiano taciuto troppo a lungo. In nessun altro Paese europeo l'autorità ecclesistica interviene nella vita pubblica in modo così forte".

L'Unione raggruppa numerose forze politiche, portatrici di culture e posizioni diverse tra loro: ba-steranno il programma sottoscritto e la guida di Prodi per tenere unita la coalizione?

"Semmai vedo un problema che nasce dall'eredità del centrodestra: abbiamo un'economia a crescita zero e il problema del debito pubblico. Si stratta di sfide importanti e impegnative: noi siamo al fianco di Prodi e Io saremo per l'intera legislatura. Del resto basta guardarci intorno per renderci conto delle condizioni del Paese. Abbiamo una nostra storia e non credo si possa essere socialisti stando a destra".


Ripensiamo liberalismo e socialismo

o Il Riformista del 4 marzo 2006

di Biagio De Giovanni

Nel mondo contemporaneo pensare insieme liberalismo e socialismo non costituisce più quell'ircor-cevo, quella sintesi impossibile di cui parlava Benedetto Croce. Nella crudezza della lotta novecen-tesca, egli poteva aver ragione: la sintesi fra uguaglianza e libertà si presentava aspramente contrad-detta dal carattere organico e totalitario che la nuova politica di massa mostrava, e dalla difficoltà, che pareva insormontabile, per le istituzioni dello Stato liberale, di trovare un punto di equilibrio fra la propria neutralità e l'irrompere accelerato di masse e gruppi umani che chiedevano una nuova giustizia. Allora, il socialismo si presentava con la richiesta di una "società socialista" che non sem-brava disposta a fare i conti con i diritti degli individui, sottoposti alla critica di esser diritti "bor-ghesi" in vista di un ugualitarismo astratto e meccanico, che poteva diventare anche violenza politi-ca, onde la difesa che sempre Croce svolgeva della borghesia come ceto mediano capace di preser-vare la spiritualità della storia.

Oggi è tutto diverso. Caduto il mito di una società organica, collocato in un lontanissimo futuro - o conservato nelle fantasie di antagonismi estremi e spesso infantili - il tema del superamento del ca-pitalismo in una società comunista, il compito attuale diventa quello di ricercare quell'equilibrio fra libertà e giustizia, che l'avvio della storia delle grandi masse aveva solo intravisto all'interno delle istituzioni liberali, senza rendersi conto che, spesso, senza la difesa di queste si entrava nell'antica-mera della violenza politica.

Dunque, nuovo equilibrio fra liberalismo e democrazia, esaltazione dei diritti civili e di cittadinanza che diventano decisivi per dar forma viva e libera all'individuo riscoperto sotto la coltre delle mas-se, sottraendolo ad aggregazioni corporative e burocratiche le quali tendono a premere sullo Stato, ad occuparne zone vitali fino a corrodere quel principio di libertà che ne dovrebbe costituire il nu-cleo rovente. Insomma, con gli occhi di oggi, quello che diventa possibile, e forse necessario, è una rinnovata sintesi fra quei termini originari da cui siamo partiti. E dentro di essa, c'è anzitutto un pezzo di storia: l'incontro fra due culture politiche del riformismo italiano, quella socialista e quella liberal-radicale, che mai sono riuscite a diventare, insieme, forza politica (come opportunamente notato da Eugenio Scafari), sale della terra, insomma, ma mai vera forza politica.

E poi, c'è la prospettiva da curare, ciò che avviene al giorno d'oggi. C'è da curare un nuovo senso della libertà, capace di collegarsi ai punti più alti del pensiero liberale europeo, spesso negati da una sinistra largamente inconsapevole di essi, quel pensiero che solo può far nascere l'Europa; e c'è da riconquistare una laicità che non deve farsi valere solo in vista di una lettura della questione cattoli-ca in Italia nella preoccupante attuale debolezza dei cattolici-liberali, ma pure verso quel post-comunismo che non riesce a uscire dai confini della propria storia, ancora intrisa di vecchi stereoti-pi, di antichi equilibrismi, che ne bloccano le potenziali energie.

Ecco, dunque, un compito da darsi, che sarà tanto più ricco quanto più consapevole di questa storia lunga che sta alle spalle dell'oggi, in un momento assai teso della storia d'Italia e del mondo, quando il richiamo alle idee non è vezzo intellettualistico ma nucleo di consapevolezza dell'azione. Alle fi-ne, mi sono accorto di avere scritto un pezzo dedicato alla Rosa nel Pugno.


Se Rifondazione teme la Rosa...

· 4 marzo 2006 www.sdionline.it
di Luca Cefisi


La Rosa nel Pugno sta mostrando di saper parlare al "popolo della sinistra": la laicità, la scuola pubblica, i diritti delle persone omosessuali e delle coppie di fatto, fanno appello al buonsenso degli elettori, che sembrano scoprire con sollievo che quel che è perfettamente ovvio, e persino scontato, nell'agenda della sinistra europea, può esserlo anche da noi.
C'è chi se ne preoccupa, come Rina Gagliardi su Liberazione del 2 marzo, che attacca la Rosa nel Pugno, ma parla, lo si vede bene, ai suoi lettori ed elettori e li ammonisce a non cadere in tentazio-ne. La Rosa nel Pugno sarebbe infatti una forza dal profilo "moderato, moderatissimo", avrebbe "appoggiato la guerra", i "radicalsocialisti" sarebbero "iperliberisti", e cercheranno di spostare il governo Prodi nella direzione opposta a quella della redistribuzione del reddito, addirittura, "Pan-nella e Boselli hanno a che fare assai più col democristiano (e un po' bigotto) Mastella che non (…) con le speranze di sinistra". Gagliardi conclude appellandosi alla nobiltà della politica, alla sua "so-stanza", invitando a non fidarsi dell'"immagine" e della "buona propaganda" della Rosa nel Pugno.
Ora, la legittima preoccupazione di tenersi i propri elettori può giustificare la contro-propaganda - non troppo buona - della Gagliardi, ma proprio in nome della sostanza politica non ci si dovrebbe spingere alla caricatura e alla distorsione del concorrente. Lo diciamo, da gente che alla sostanza politica ci tiene, con il debito rispetto per lo sforzo sincero che il partito di Bertinotti ha fatto per e-vitare di cadere nel reducismo comunista, e per confrontarsi con la modernità: ultimamente, abbia-mo apprezzato il buon senso con cui Rifondazione, al contrario del malaccorto Diliberto, ha evitato di partecipare alla confusa manifestazione "per la Palestina", dove si è fatto il male peggiore possi-bile alla causa della pace in Merio Oriente, invocando la bomba di Nassiryah e bruciando bandiere americane e israeliane. Teniamo quindi davvero a che Rifondazione venga criticata e contraddetta per la sua reale azione politica, non sulla base di una caricatura anticomunista di maniera: altrettan-to, però, si faccia per la Rosa. Veniamo allora alla "sostanza": sulla redistribuzione, la Rosa nel Pu-gno ha posto il problema del reddito di cittadinanza, accennato con grande reticenza nel programma dell'Unione, che appare una misura essenziale di fronte alla crescente mobilità e intermittenza del lavoro. La difesa della scuola pubblica, inoltre, non è solo un problema di laicità: solo la garanzia della scuola pubblica, in tempi di risorse decrescenti per lo stato sociale, garantisce pari opportunità e accesso all'educazione per tutti e per tutte: togliere risorse alla scuola pubblica mina la giustizia sociale. E l'abolizione degli ordini professionali, altro tema sollevato dalla Rosa, non è un gioco per yuppies: si tratta di pari opportunità per i giovani meritevoli, i figli dei lavoratori che hanno studia-to, e che oggi incontrano il muro dell'appartenenza familiare e di casta. Insomma, l"iperliberismo" non abita qui: ma c'è invece la consapevolezza che una sinistra moderna dovrà sempre più ricercare un legame tra diritti sociali e diritti di cittadinanza, tra pari opportunità nell'istruzione e pari oppor-tunità nell'accesso alle carriere professionali.
Quanto al programma internazionale, non sono stati "per la guerra" in Iraq, né lo Sdi, che l'ha am-piamente condannata con tutta l'Unione, e neppure i radicali lo sono stati. Diverso il caso per altri interventi, dall'Afghanistan al Kossovo: gli interventi armati, che sono sempre l'ultima scelta e la più tremenda, si giudicano secondo criteri di legalità ed efficacia, secondo la lezione di Bobbio (non di Bush). "Senza se e senza ma", slogan sbagliato di una parte (soltanto una parte) del movimento pacifista, vuol dire che tutti i gatti sono bigi, che non c'è differenza (e invece c'è!) tra Bush e Kofi Annan, tra guerre evitabili e inevitabili interventi di protezione della popolazione civile. Questa ca-pacità di discernimento deve valere per l'intervento italiano in Iraq, di cui va riconosciuta la legali-tà, altrimenti il nostro dissenso non sarebbe con Berlusconi, ma addirittura con Ciampi in quanto garante della Costituzione e capo delle Forze Armate: e di cui discutiamo però l'efficacia, pensando ad un ritiro militare che però non rinunci al sostegno della democrazia irachena. Come è scritto nel programma internazionale dell'Unione, la cui redazione è stata curata in buona parte, com'è noto, dalla nostra eurodeputata Pia Locatelli. Rassicuriamo quindi la Gagliardi: il programma internazio-nale dell'Unione è valido anche per la Rosa nel Pugno. Non possiamo invece rassicurarla che eletto-ri di Rifondazione, i più giovani e meno ideologici, i lavoratori precari e gli insegnanti pubblici, non prendano in considerazione di cambiare voto.


I socialisti lasciano Bobo Craxi e aderiscono alla Rosa

· 4 marzo 2006

Trasmigrazione dal partito dei Socialisti di Bobo Craxi verso la Rosa nel pugno. Quasi la metà, se-condo quanto annuncia Giuseppe Graziani, della direzione nazionale e presidente di Iniziativa ri-formista. L'annuncio è stato dato nel corso della manifestazione a Roma della RNP. Graziani ha in-formato che lo hanno seguito 80 consiglieri nazionali su 180, e 18 membri della direzione nazionale su 40.
La decisione di Bobo Craxi di candidarsi in quota DS nelle liste dell'Ulivo nel collegio di Lombar-dia 3, non è piaciuta al partito. Alle reazioni negative della base, registrate subito dopo l'annuncio nel forum del sito socialisti.net, si sono aggiunte quelle dei dirigenti, che hanno deciso di trasmigra-re nella Rosa nel pugno.
L'annuncio è stato dato nel corso della manifestazione a Roma della Rosa nel Pugno da Giuseppe Graziani, della direzione nazionale e presidente di Iniziativa riformista. Graziani ha informato che lo hanno seguito 80 consiglieri nazionali su 180, e 18 membri della direzione nazionale su 40.
Le regioni da cui provengono la maggior parte di essi sono Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Liguria, Umbria, Lazio, Campania, Basilicata, Sicilia, Sardegna. "La Rosa nel pugno - ha affermato Graziani - è l'unico approdo naturale per tanti socialisti come noi, che sin dal Congresso del Nuovo PSI svoltosi il 21-22-23 ottobre hanno inteso lasciare la fallimentare esperienza con la CDL per co-struire uno spazio politico socialista, laico, riformista nel centro-sinistra".




Lettere & Commenti
Senza speranza? No, candidati veri

· l'Adige del 9 marzo 2006

Mercoledì 8 marzo l'Adige a pagina 23 titola e parla dei "candidati senza speranza", i quali essendo "in coda di lista" e non essendoci preferenze da esprimere "sono già fuori gioco", in quanto gli eletti possono essere solo i candidati inseriti tra i primi posti della lista. Sì, è vero: se l'unico obiettivo dell'impegno politico fosse quello di "sperare" in un seggio, si potrebbe parlare di gente "fuori gio-co". Ma ci sono anche cittadini che scientemente decidono di fare testimonianza, una sentita ( ben-ché disinteressata dal punto di vista del risultato personale) testimonianza per un'idea, un movimen-to politico, una tradizione culturale. Si possono citare i casi trentini tra cui può sfuggire anche il modesto esempio di qualcuno di noi; ma vorrei più appropriatamente segnalare che la "Rosa nel pugno" su scala nazionale ha accolto nelle sue fila la disponibilità - espressa proprio al fine di occu-pare gli ultimi posti di lista - di personaggi impegnati a dare, appunto, una pura testimonianza di appoggio ideale: nomi come quelli di Biagio De Giovanni, Sergio Stanzani, Marco Bellocchio, Fa-brizio Rondolino, Oliviero Toscani figurano agli ultimi posti di lista vuoi in Emilia-Romagna, Campania, Lazio, o in Lombardia, Sicilia, Piemonte, Veneto. La politica si fa anche così.

Nicola Zoller
socialista per la Rosa nel pugno




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