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LA POLITICA RIDOTTA A SLOGAN -di ALESSANDRO PIETRACCI Giornale “TRENTINO”, martedì 15 maggio 2018, p. 1 Un volto noto della politica italiana, ormai novantenne, non appartenente alla mia tradizione ma ugualmente acuto osservatore dei tempi presenti, come Ciriaco De Mita in una recente intervista ha dichiarato circa così: “Oggi i politici non fanno ragionamenti, fanno affermazioni”. E, aggiungiamo noi, se mancano i ragionamenti, sono rarissimi i discorsi che parlano di idee per il futuro. Il discorso politico è ridotto a slogan, messaggi di 160 caratteri, cinguettii subito smentiti da urla mediatiche non solo metaforiche. Opposto a questo stile rintracciamo un vecchio politichese che attraverso fumose analisi, insiste soltanto su assetti e geometrie. I programmi concreti, le visioni complessive sono banditi. Purtroppo questo non accade soltanto a Roma dove abbiamo assistito alla pantomima per la formazione del Governo nazionale , ma pure in Trentino. Questo vale per tutte le forze politiche. Paolo Mantovan ha fatto bene a chiedersi se ci sia qualcuno in grado di offrire una prospettiva realistica e lungimirante sul Trentino dei prossimi anni. Servono idee, è vero. Occorre anche indicare una direzione. La politica non è solo amministrazione. Né tantomeno un insieme di promesse irrealizzabili. È invece un realismo critico che, partendo dai dati dell’esistente, è capace di disegnare nuovi scenari. Non è semplice tracciare questa rotta, soprattutto a poche settimane da una sconfitta elettorale senza precedenti. Sicuramente il Trentino non può pensarsi fuori dalla dimensione alpina ed europea. Non possiamo diventare come il Veneto: chi insegue questo modello – infrastrutture, cemento, piccola impresa manifatturiera – anche per il Trentino sbaglia perché ci farebbe diventare una provincia marginale del Veneto. Il fondovalle trentino non può coprirsi di capannoni industriali e di centri commerciali e di ulteriori strade. Il nostro riferimento è l’Alto Adige non il Veneto! Così il nostro progetto di sviluppo, turistico, agricolo, produttivo in senso lato, deve basarsi sulla qualità e sull’innovazione. La sfida è rendere i nostri centri di ricerca ancora più attrattivi. Ciò vale per tutto il sistema trentino. Un esempio: ci sarà bisogno di medici e di personale sanitario. La giunta provinciale sta correndo ai ripari con vari provvedimenti sicuramente utili. Occorre però una programmazione decennale di incentivi non solo economici. Il messaggio che va veicolato deve evidenziare un Trentino terra in cui si sta bene e in cui si può progredire umanamente e professionalmente. Anche nelle Valli. Possiamo ancora puntare su servizi sparsi sul territorio. Il problema non sono i punti nascita ma tutta una sanità al servizio del cittadino. Un’idea per i prossimi cinque anni? Rendere le liste di attesa per gli esami sanitari più ridotte e al contempo fare una campagna di “educazione” alla cittadinanza che consenta di ridurre la richiesta di questo tipo di esami specialistici che spesso sono veramente inutili. Ambiente: anche qui il modello è l’Alto Adige. Realizzare un serio piano ambientale provinciale, non fatto di enunciati ma di una legislazione all’avanguardia, può essere la chiave di un programma veramente riformista. La tutela del territorio è una priorità. Molto è stato fatto. Occorre però un monitoraggio più pregnante pure sull’inquinamento. Attraverso la nostra università possediamo i contatti giusti per esempio con le città tedesche più avanzate dal punto di vista ambientale come Hannover. Non serve inventarsi nulla basta percorrere con decisione una strada ben precisa. Lavoro: la percentuale di popolazione “attiva” in Trentino è più alta rispetto alla media italiana ma più bassa rispetto al vicino sudtirolo. Spesso a sinistra si ripete la frase “lavorare di meno per lavorare tutti”. Si tratta di una bella suggestione ma che rischia di essere datata, oltre che irrealizzabile. Bisognerebbe invece puntare alla piena occupazione e a un nuovo modello di lavoro. Ognuno deve essere parte attiva della comunità. Il “lavoro” fondamento della Repubblica rimanda a quest’idea piuttosto che a un sistema industriale fordista. Nei prossimi anni ci saranno sempre più anziani. Come si riuscirà a garantire un benessere diffuso e accettabile per questa fascia sociale tanto numerosa? Può essere un paradosso ma il problema non sarà tanto economico quanto di carenza “fisica” di persone capaci di assisterli. La soluzione non è certo immediata. Si può operare su alcuni versanti: incentivare i giovani a dirigersi verso le “professioni di cura”; stimolare la ricerca di stili di vita più sani; mantenere i pensionati dentro il circuito sociale e “lavorativo” il più possibile affidando loro ruoli di pubblica utilità; non aver paura di integrare nuovi arrivati che sono per lo più giovani e così via. In un articolo di giornale è difficile non essere lacunosi ed esaustivi. Tuttavia i temi a cui ho accennato credo che siano quelli fondamentali su cui confrontarsi. Facciamolo subito avviando un dibattito vero che coinvolga le migliori energie presenti nella società. Nel centro sinistra autonomista per favore, iniziamo da adesso. Potrebbe essere già tardi. Alessandro Pietracci - Segretario Provinciale PSI torna in alto |