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Comune di Trento e Provincia - 4 marzo 2017

Comune-Provincia, urgente un rapporto paritario

-di Alessandro Pietracci*

Corriere del Trentino, sabato 4 marzo 2017



Più di trenta anni fa il PSI trentino aveva organizzato, ad iniziativa di Fernando Guarino assessore allo sviluppo economico di Trento, un incontro tra il sindaco del capoluogo Adriano Goio, e l’omologo altoatesino Luigi de Guelmi, da poche settimane primo cittadino di Bolzano. Tutto è cambiato da quel tempo, a cominciare dall’elezione diretta del sindaco e dal progressivo svuotamento delle prerogative e dei poteri dei consigli comunali. Non parliamo poi del contesto politico, delle priorità amministrative. Ancora diverso è il quadro regionale: dal 1983 ad oggi la distanza tra le due Provincie – e quindi tra le due città capoluogo – si è accentuata. Un tema però permane quasi inalterato. Il rapporto con il rispettivo ente provinciale. C’è sempre una tensione tra Provincia e comuni, tra i luoghi dove si concentra il potere e le periferie meno servite e meno popolate. Le questioni inerenti i comprensori e le comunità di valle, ossia della struttura degli enti locali delle due province, nascono da questo attrito mai risolto.

Mi vorrei però soffermare sul rapporto tra il Comune di Trento e la Provincia. Dal 1990 in poi si sono vissute due grandi stagioni molto diverse: prima, con Lorenzo Dellai, Sindaco a palazzo Thun, la città si era posta in una relazione assertiva e dialettica con le giunte provinciali, assai fragili dell’epoca; poi, con il Presidente Dellai, Presidente in Piazza Dante, il rapporto si è invertito, lasciando il Comune in una posizione di secondo piano. Non che la Provincia avesse dimenticato la città. Anzi. Il progetto del quartiere delle Albere, seppur partito con ben altre velleitarie aspettative rispetto al presente assetto, (quartiere semi residenziale, Biblioteca universitaria, giardini sull’ Adige e soprattutto il Muse), è solo l’esempio più eclatante della riqualificazione di un’importante zona altrimenti destinata alla decadenza. In questi ultimi anni Trento è molto cresciuta e si può dire che abbia proseguito, e in parte concretizzato, le intuizioni e i progetti che maturarono durante gli anni ’80. Tuttavia a guidare è stata la Provincia. Che trattava in prima persona, anche oltre le proprie competenze, conscia di tener saldi i cordoni della borsa. Il caso della Biblioteca universitaria – che doveva essere ubicata in Piazzale Sanseverino, secondo il progetto (che non credo sia costato poco) dell’architetto Mario Botta – è sicuramente frutto dell’inerzia comunale, ma pure dell’ingerenza provinciale. L’esito non è soddisfacente per la città. E neppure per l’Università. Purtroppo ormai è un discorso chiuso e bisogna guardare avanti.

Lo sappiamo: Dellai impersonava una leadership forte. Anche i partiti al governo provinciale godevano di maggiore solidità. Se guardiamo alla situazione odierna il quadro è molto più confuso e frammentato. Con forze politiche, grandi e piccole, deboli e rissose, anche le giunte saranno deboli sia a livello comunale, sia provinciale. Nonostante ciò, durante la presidenza Rossi, la Provincia ha continuato a mantenere una sorta di “protettorato” sulla città. L’unico nodo che ha portato a un confronto acceso è stato quello sull’ubicazione del NOT. Alla fine “ha vinto” il Comune, ma a causa della farraginosità dell’azione provinciale, non per aver portato idee nuove su cui tutti sono convenuti.

Oggi ci troviamo in una condizione strana che però può essere pure un’occasione propizia per un rilancio, per la costruzione di nuovi possibili equilibri. In politica è raro che due debolezze facciano scaturire una forza, ma ugualmente sono i momenti più convulsi – quelli di crisi – a poter generare il nuovo.

Il comune di Trento esce da mesi turbolenti e complicati. Il Sindaco Andreatta è riuscito a superare indenne, anzi rafforzato, il mini rimpasto di giunta. La candidatura della città a Capitale italiana della Cultura 2018, benché alla fine sfumata, rappresenta comunque un indice di vitalità. Il documento preparatorio, come giustamente ha fatto notare il sindaco, non verrà cestinato anzi sarà la road map per una Trento di nuovo protagonista. La discussione sul futuro del Bondone – anch’essa pluridecennale – potrebbe essere occasione per uno sguardo più lungo, tenendo sempre presente la sostenibilità economica e anche ambientale. Penso alla funivia: le previsioni sui cambiamenti climatici che interesseranno le Alpi dicono concordi che la neve sotto i 2000 metri sarà sempre più rara. E allora il rilancio del Bondone dovrà escludere qualsiasi investimento per il settore sciistico, concentrandosi su un altro tipo di fruizione della montagna.

È chiaro che, per le iniziative più onerose, la sinergia tra Comune e Provincia deve essere perfetta. Il rilancio della città potrebbe servire per il rafforzamento dell’azione amministrativa della giunta provinciale. E viceversa. La Provincia batta un colpo: nell’ incontro di maggioranza di venerdì scorso è stato unanimemente deciso di organizzare un evento pubblico di programma, suggerito più volte dai socialisti, in cui la coalizione del centro sinistra autonomista presenti ai cittadini il lavoro fatto e soprattutto i punti fondamentali da attuare nei prossimi mesi. Credo che questa fase possa partire da Trento. Perché anche i problemi delle periferie – di quello che è stato chiamato il “Trentino profondo” – non si risolvono con la competizione tra i territori e con l’invidia verso il fondovalle, ma con un equilibrio generale che va ripensato e consolidato con determinazione.

*Segretario Provinciale PSI del Trentino



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