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IL GIUSTO ELOGIO DI ROSSELLI, SOCIALISTA LIBERALE ERETICO -di Nicola Zoller* Giornale “TRENTINO”, venerdì 13 gennaio 2017, p.1 Oggi alle ore 17 presso la biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino in via Torre d’Augusto a Trento verrà presentato il libro "Carlo e Nello Rosselli, testimoni di Giustizia e Libertà" curato dall'on. Valdo Spini. L'appuntamento – promosso da Museo storico e ANPI - mi spinge a proporre una riflessione sull'opera più nota di Carlo Rosselli "Socialismo liberale", provando a rendere effettivamente un po’ di “giustizia” ad un filone di pensiero bistrattato nel passato e ignorato nel presente, benché rappresenti quanto di più genuino e ancora vitale sia stato prodotto per una sinistra democratica di marca europea. Mentre i giovani comunisti italiani della mia generazione crescevano alla lettura di breviari che consideravano i socialisti riformisti alla stregua di agenti dei “piani imperialisti della borghesia”, pronti a “corrompere l’energia rivoluzionaria del movimento operaio” (in “Almanacco comunista” del 1971), veniva pubblicato per la prima volta in versione originale il saggio di Carlo Rosselli “Socialismo liberale” (Einaudi, 1973). Scritto nel 1928-29 al confino di Lipari dove l’autore era relegato dal regime fascista, ne era stata data una versione incompleta con una edizione francese del 1930, seguita da una introvabile ristampa italiana a cura di Aldo Garosci nel 1945. Solo nel 1973, dunque, gli Italiani poterono accedere al testo completo dell’opera rosselliana. Perché così tardi? Probabilmente per l’ostilità della intelligencija cosiddetta “progressista”, memore delle tetre parole con cui Palmiro Togliatti aveva stroncato l’edizione francese definendola un “magro libello antisocialista, e niente più”, accomunandolo incredibilmente a “una gran parte della letteratura politica fascista”! Peraltro anche tra i socialisti italiani di matrice marxista, le idee di Rosselli all’inizio non trovarono asilo felice. Fu solo nella nuova stagione del socialismo riformista e autonomista inaugurata tra gli scorsi anni ’70 e ’80 - su cui si è poi gettata una ingiusta e generalizzata ‘damnatio memoriae’ - che Rosselli assume una posizione centrale, tanto che le pubblicazioni per il 90° di fondazione del Psi nel 1982 assegnano a quest’uomo di pensiero e d’azione il ruolo di padre fondatore. Intanto chi è Rosselli? Così egli stesso risponde: “Sono un socialista. Un socialista che, malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo, sente ancora il sangue circolar nelle arterie e affluire al cervello. Un socialista che non si liquida né con la critica dei vecchi programmi, né col ricordo della sconfitta, né col richiamo alle responsabilità del passato, né con le polemiche sulla guerra combattuta. Un socialista giovane, di una marca nuova e pericolosa, che ha studiato, sofferto, meditato e qualcosa capito della storia italiana lontana e vicina...”. Cosa ha capito di tanto straordinario per essere messo in sordina dai dogmatici? Egli ha capito che è il liberalismo e non il marxismo che offre maggiori garanzie per il raggiungimento degli ideali socialisti. E’ solo attraverso il metodo liberale - cioè nel rispetto delle idee degli altri - che può procedere l’azione socialista. Egli scriverà efficacemente nell’appendice ‘I miei conti col marxismo’: “La libertà, presupposto della vita morale così del singolo come della collettività, è il più efficace mezzo e l’ultimo fine del socialismo”. Si capirà che presso gli ambienti italiani para-sovietici affermare che “tra socialismo e marxismo non v’è parentela necessaria” e che anzi “la filosofia marxista minaccia di compromettere la marcia socialista”, diventava una bestemmia inaccettabile, come lo era anche semplicemente il mite proposito laico di evitare alla sinistra almeno l’imposizione di “una unica filosofia, un unico schema, una sola divisa intellettuale”. Agli albori degli anni Duemila, si è visto come questo eretico socialista liberale abbia avuto ragione sulle miserie intellettuali e pratiche dei sacerdoti dell’ortodossia. Egli in Italia resta uno dei pochi anticipatori delle verità che via via il XX secolo acquisirà tardivamente come tali solo dinanzi alle immani sventure totalitarie subite. Rosselli è il nostro Eduard Bernstein, l’indomito socialdemocratico berlinese che si batté per far capire che “non esiste idea liberale che non appartenga anche al contenuto ideale del socialismo”. Ribadendo che l’ordinamento liberal-democratico non è l’inerte involucro del potere capitalista ma ha una potenzialità universale in cui tutti possono muoversi per far valere le proprie ragioni, per progredire, per riequilibrare il potere degli altri, Bernstein intuisce la necessità della dissociazione tra marxismo e socialismo. E’ il primo dei revisionisti, ed anche il più denigrato. Lascia, a differenza dei suoi detrattori, un insegnamento ed un messaggio di straordinaria modernità. Rosselli troverà in Karl Popper - alfiere della “società aperta” contro le “false profezie” del marxismo - l’ideale interlocutore che proseguirà nell’opera di “mostrare che il ruolo del pensiero è quello di realizzare delle rivoluzioni per mezzo di dibattiti critici, piuttosto che per mezzo della violenza e della guerra”. Rosselli è l’antesignano di John E. Roemer, il pensatore americano che nel 1994 ha pubblicato “A future for Socialism”. Questo autore è un “socialista orwelliano”, in nome di chi, sostenendo un ideale di socialismo anti-autoritario (cfr. George Orwell, “La fattoria degli animali” e “1984”), di quello totalitario ha saputo denunciare tutti i pericoli. E viene a proporre “un socialismo dal forte sapore liberale, basato sulle ragioni del fallimento delle economie statalizzate, che è bene siano fallite perché con esse sono falliti dei regimi tirannici”. Con Roemer prosegue sul piano ideale verso il XXI secolo l’opera di Rosselli, per un socialismo che ponga sull’educazione e sulla formazione intellettuale e professionale, le basi per allargare ai “segmenti sociali più svantaggiati” le opportunità di accesso alla vita civile ed al lavoro. Istanze liberali e socialiste di giustizia e libertà si fondono ancora in questi pensatori, i quali si ostinano a “non ritenere disparati e inconciliabili l’ideale della libertà politica e quello della giustizia sociale”. Per questi valori Rosselli visse e morì. Dopo la guerra di Spagna - combattuta insieme all’amico e compagno Pietro Nenni, col quale aveva fondato nel 1926 la rivista “Quarto Stato” - Carlo Rosselli cadde in terra di Francia nel 1937, assassinato dai sicari lì inviati dal regime fascista. Fu ucciso una seconda volta dalla propaganda d’opposto segno, ma di pari settarismo. Oggi continua a rinascere e vivere nelle menti e nei cuori di chi coltiva un’idea liberale di progresso e civiltà. *Nicola Zoller, collaboratore periodico di “Mondoperaio”, storica rivista fondata da Pietro Nenni torna in alto |