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Info SOCIALISTA – 7 febbraio 2006 a cura della segreteria regionale SDI, per i rapporti con l’azione nazionale dei socialisti e del centro sinistra n.zoller@trentinoweb.it - tel. 338-2422592 – fax 0461-944880 – Trento/Bolzano Quindicinale - Anno 3° UN LIBRO, per cominciare “Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro” Jorge L. Borges Autore: George M. Trevelyan Titolo: Garibaldi in Sicilia Neri Pozza ed. - € 17.50 Un classico della letteratura risorgimentale, il “Garibaldi in Sicilia” di George M. Trevelyan Il vero “Che”: Garibaldi L’impresa dei Mille raccontata dallo storico inglese con scrittura limpida e correttezza filologica • Avanti della Domenica di Francesco Ghidetti Altro che Che Guevara. Riprendiamoci i nostri miti, non facciamone icone ingessate (e come tali noiose) e ragioniamoci sopra. È questo il fine di un’operazione editoriale di notevolissimo spessore: la riproposizione di un classico della letteratura risorgimentale, il “Garibaldi in Sicilia” di George M. Trevelyan. Il libro fu pubblicato nel 1909 ed era parte di una trilogia scritta dallo storico inglese: il primo volume (del 1907) nar-rava le gesta dell’Eroe dei Due Mondi nella difesa della Repubblica romana (vale a dire il 1849). Il secondo, appunto, la spedizione dei Mille. Il terzo il processo finale della formazione dello Stato unitario (del 1911). La ristampa del libro del 1909 è un’ottima idea. Sarebbe bello, a questo punto, se editore e curatore prose-guissero l’opera con la pubblicazione degli altri due tomi. Come dire che l’appetito vien mangiando... E, a proposito di editore (Neri Pozza) e di curatore (Stefano Malatesta), a loro va il nostro sincero plauso, anche per il basso prezzo (17,50 euro) così come al traduttore, Francesco Francis. Malatesta, nella divertente prefa-zione, oltre a una messe di ‘informazioni utili’ (tra cui la rivisitazione del trionfale viaggio di Garibaldi in Inghilterra nel 1864 — un bagno di folla che raramente si era visto a Londra — che provocò la spocchiosa reazione di Marx e i ‘My God’ di qualche inglese) indovina l’essenziale semplicità di questo libro che, si sa-rebbe detto una volta, «si legge come un romanzo». Constatazione che ci induce a un’ulteriore riflessione. Guardiamo la data di pubblicazione: il 1911. La cultura inglese era già in grado di narrare la storia con scrit-tura limpida e correttezza filologica. In Italia, al contrario, imperava ancora la pesante retorica carducciana e l’indigeribile florilegio di rievocazioni grondanti enfasi nazionalistica. Ma chi era Trevelyan? Un tipico rap-presentante dell’intellettualità inglese, grande amante dell’Italia, insomma — per dirla con Malatesta — «il prototipo dell’anglosassone colto, che in primavera e in autunno scendeva nel nostro Paese vestito di lino grigio, sempre in giro alla ricerca di opere d’arte e resti del passato, spesso a piedi lungo le strade bianche della Toscana o del napoletano» parlando un impeccabile italiano. Trevelyan, nato a Stratford on Avon nel 1876 era l’autore di una fondamentale “Storia dell’Inghilterra”, ma le sue incursioni nei fatti di casa nostra rimangono celebri. Oltre alla trilogia garibaldina, nel 1923 pubblicò un “Manin e la rivoluzione veneziana del 1848”, che, pur non raggiungendo le ‘vette’ del “Garibaldi in Sicilia”, è saggio di rara bellezza. Trevel-yan ebbe inoltre la fortuna e il merito di praticare la ‘storia orale’, intervistando alcuni protagonisti dell’epopea dei Mille, tra cui Stefano Canzio, braccio destro e genero del Generale. Non solo: lo storico, gui-dato da una curiosità irrefrenabile, esplorò in lungo e largo la Sicilia proprio per rendere ancor più verosimile la descrizione dei luoghi. In tal senso, e non sembri una battuta, il volume può essere letto anche come una ‘guida’ dell’isola. L’avventura garibaldina è innestata nel più ampio contesto delle vicende risorgimentali italiane. Particolarmente indovinata è l’analisi della gestione politica e amministrativa del regno borbonico, un misto di Stato di polizia (basti pensare al repellente capo dei ‘birri’ palermitani Maniscalco) e clerocrazia che avrà (come sempre ha avuto) un ruolo di censore delle migliori energie intellettuali. «E gli aspetti comici — scrive Trevelyan — in Italia non tardano mai a comparire: portare la barba era considerato segno di libe-ralismo, e la polizia spediva la gente prima dal barbiere e poi in galera». Nel Regno delle Due Sicilie fu, di fatto, abolita tutta la letteratura moderna ‘seria’. Un barbiere di Reggio Calabria venne multato di mille duca-ti perché teneva in bottega un volume delle poesie di Leopardi (che pure ce l’aveva con le barbe dei libera-li...). Di certo, i patrioti (con forti venature socialistiche), dopo il biennio rivoluzionario 1848-49, soffrirono le pe-ne dell’inferno. Trevelyan stima che i perseguitati fossero 50 mila. Né è da trascurare quanta indignazione suscitò nel grande politico inglese Gladstone la condizione delle carceri napoletane. Una situazione che Ga-ribaldi provvide a sanare, abbattendo, con l’aiuto non disinteressato degli inglesi, il regime napoletano. L’anno decisivo per capire la spedizione delle camicie rosse è il 1857, quando, con la mediazione di Pallavi-cino e Manin, il Generale aderisce al programma cavouriano. Nella guerra del 1859, l’Eroe dei Due Mondi darà il suo contributo decisivo con i trionfi di Varese e Como. Le vittorie dei Cacciatori delle Alpi resero an-cora più forte il mito del Generale. Interessante la descrizione che di quegli anni fa «l’inglese di Garibaldi», il signor Peard, che si distinse sui campi di battaglia della Seconda guerra d’indipendenza. Il terrore delle truppe per i rimproveri del Generale, la composizione sociale dei volontari, colti a tal punto da declamare, durante le brevi pause della guerra, Tasso, Ariosto e Alfieri. La «voce bassa e penetrante» del Nostro, la sua tranquillità, la capacità di lodare chi ben si era comportato senza inutili esagerazioni. E, poi, la sua capacità militare: gli austriaci gli scagliarono contro il generale Urban, detto il «Garibaldi austriaco». «Ma — nota perfidamente Trevelyan — gli eventi dei giorni successivi dimostrarono che era un Garibaldi davvero molto austriaco». O il terrore delle truppe croate: secondo loro i proiettili rimbalzavano sulla giubba del Generale che poi mangiava la carne dei prigionieri. E poi c’è l’impresa dei Mille, nucleo centrale del libro. La prepa-razione dell’invasione, i dubbi che fino all’ultimo tormentarono il rivoluzionario, lo sbarco a Marsala e la decisiva battaglia di Calatafimi che vide le ‘plebi sicule’ prendere decisamente parte per le Camicie rosse, l’incredibile afflosciarsi dell’esercito napoletano, le tumultuose giornate di Palermo. Impossibile, ovviamen-te, ricordare tutto in sede di recensione. Vorremmo però concentrare la nostra attenzione sul ‘team’ garibal-dino: da Bixio a Medici (l’eroe della difesa del Vascello a Roma nel 1849 che poi sarà, dalla fine degli anni Sessanta, inquadratissimo prefetto di Palermo teso a stroncare ogni più piccolo moto anti-torinese...) a Crispi (un altro che passò dall’altra parte della barricata) a Sirtori a Cosenza. Tutte figure tratteggiate con grande acume psicologico dallo storico inglese. Oppure, le descrizioni di vita quotidiana con Garibaldi che, nella villa ligure dov’è il quartier generale della spedizione, per tenersi in forma gioca a bocce e zappa la terra. Ma sì, ha ragione Malatesta. Il vero “Che” era lui, Giuseppe Garibaldi, classe 1807, nativo di Nizza. PUNTO DI VISTA SOCIALISTA SULL’ATTUALITA’ PER LA ROSA NEL PUGNO «Saremo la spina nel fianco della sinistra cattocomunista» Finisce il congresso dello Sdi, comincia l'avventura della Rosa nel pugno. La Bonino: basta coi baciapile. Boselli: e basta con le scuole private. • da La Stampa del 6 febbraio 2006, pag. 10 di Riccardo Barenghi Finisce il congresso dello Sdi, comincia l'avventura della Rosa nel Pugno. Fino alle elezioni, e ol-tre. Forse ovviamente, dipenderà dal risultato. E comincia con la «candidata» al Quirinale Emma Bonino che ottiene non una ma due standing ovation, all'inizio e alla fine di un discorso appassiona-to e soprattutto efficace. Ma comincia anche con la replica di Enrico Boselli, tanto tranquillo nel to-no quanto radicale nei contenuti. Radicale lui, radicale lei, la coppia B&B si sente la novità politica del centrosinistra, anzi di tutto il panorama. Lo dicono infatti sia lei che lui. Dicono che la vera sini-stra, quella liberale, laica, socialista, sono loro, è la Rosa nel Pugno. Che - annuncia Bonino - sarà «una spina nel fianco di quella sinistra comunista o cattocomunista che ci guarda con spocchia, suf-ficienza, disagio». Invece loro pensano di essere un'opportunità, gli unici che fanno un discorso «radicale e socialista» sulla laicità dello Stato, sui diritti civili, sulla libertà di ricerca. Anzi, sulla li-bertà tout court, che Berlusconi non garantisce anzi. Quella per esempio di avere una scuola pubbli-ca che funzioni, che abbia risorse dello Stato e una scuola privata (e religiosa) che non le abbia. Per questo Boselli chiede che se l'Unione dovesse vincere le elezioni, al Ministero dell'istruzione «non vada a finire un amico o un'amica del cardinal Ruini». Giù applausi e un avvertimento a Prodi: «Non voteremo mai finanziamenti alle scuole private». O altre liberta, e qui la leader radicale butta giù un elenco di tutti i paesi dove si puo andare per e-sercitare diritti qui negati: «I Pacs in Spagna (li ha fatti Aznar non Zapatero), il divorzio breve in Inghilterra, la ricerca negli Stati Uniti, la morte dolce in Belgio e in Svezia, la pillola abortiva in Francia, la fecondazione assistita in Slovenia, a Malta, a San Marino, gli spinelli in Olanda o in Ca-nada. Ovunque insomma ma non in Italia, eppure ci sono milioni di persone interessate a tutto que-sto. E non mi si dica che è roba da radicalchic, lo dicevano pure del divorzio e dell'aborto, dicevano che non interessavano la classe operaia. Lo abbiamo visto quanto fosse disinteressata». Bonino lancia la sua proposta: «Chiedo a Vasco Rossi e a Umberto Veronesi se per una volta in-tendano essere testimonial di questa Italia laica, socialista liberale. Abbiamo bisogno che scendano in campo». Insomma candidatevi con la Rosa nel Pugno (l'altro ieri lo stesso Pannella si era incon-trato a Milano con il famoso oncologo per convincerlo, non si sa se ci sia riuscito). Bonino ovvia-mente non parla della sua candidatura, quella alle primarie per il Quirinale proposta proprio da Pan-nella il giorno prima. Ne parla però Boselli, e si dichiara d'accordo. Ne parla però anche Rutelli, e si dichiara contrario. Problemi per l'Unione, spine appunto. Che si infilano nei punti più sensibili, delicati, quelli del rapporto con la Chiesa. Bonino affonda il colpo: «Rischiamo di essere un paese di baciapile, ho vi-sto che ci sarà prossimamente un convegno a Roma intitolato "Sete di dio", relatore Veltroni. Noi invece abbiamo sete di laicità». E allora basta col concordato, via ai privilegi per la Chiesa visto che la Chiesa fa politica, e attenzione a tutti questi cattolici, «cattolicissimi come Fazio, Fiorani, Ricucci che gestiscono i loro affari con poca carità cristiana ma con molta carità per i loro interessi. Con Ruini, Sodano, monsignor Re che si sono spesi in loro difesa. Cattolici d'assalto». Bonino non si dimentica naturalmente di affrontare la questione delle vignette, «pubblicate quattro mesi fa ma che solo oggi suscitano scandalo e proteste e assalti alle ambasciate. Non è un caso, è una macchina che si è messa in moto dopo la vittoria di Hamas. Mentre Maometto ne avrebbe sorriso». Sorride anche la platea, sorride Boselli (rieletto segretario, «il mio ultimo mandato»). Sorride quando dà una stoccata al suo amico e compagno Fassino. Prima gli dice che lui distingue tra le po-sizioni a volte integraliste della Margherita e quelle dei Ds, con i quali la battaglia laica invece si e fatta e si rifarà. Ma quando parla dei magistrati candidati nella Quercia, ribadisce la sua opposizio-ne. «Gliel'avrei detto già venerdì, peccato che non sia venuto. Ma non per questo noi ci sentiamo più soli». E sorride infine quando qualcuno gli chiede se vorrebbe D'Alema al Quirinale: «Chi?». Boselli: al ministero dell’Istruzione non vogliamo un amico di Ruini • da Il Messaggero del 6 febbraio 2006, pag. 8 di Mario Stanganelli Non è l’aria retrò che soffia d’inverno in una cittadina termale come Fiuggi a ispirare la linea dei socialisti di Enrico Boselli. A conclusione del suo congresso, il leader dello SDI, confermato al ver-tice del partito da segretario e non da presidente come era stato finora, afferma infatti che la laicità – cemento della nuova Rosa nel Pugno in cui confluiscono le tradizioni radicali e socialista – “non è un tema di altri tempi. Anzi, ne fa il centro dell’iniziativa politica del partito all’interno dell’Unione, dandole precisi connotati programmatici con cui gli alleati dovranno far ei conti. “Assoluta priori-tà”, la difesa della scuola pubblica, sulla quale avverte Romano Prodi: “Sosterremo con lealtà la co-alizione di centro-sinistra per l’intera legislatura, ma non voteremo mai qualsiasi finanziamento alla scuola privata”. Inoltre, aggiunge Boselli, “non è affatto indifferente chi sarà il nuovo ministro dell’Istruzione. Non vorremmo proprio che si mettesse in quel posto un amico del cardinal Ruini. Non confondiamo gli incarichi di governo dello Stato italiano con quelli del Vaticano”. Il candidato della Rosa per il ministero di viale Trastevere dovrebbe invece essere “una personalità cui sta a cuo-re la laicità dello Stato. Un esponente di grande valore del mondo della cultura e della ricerca, pos-sibilmente dotato di una forte indipendenza di giudizio e sicuramente motivato a fare della scuola italiana la priorità dell’azione di governo”. L’identikit sembra corrispondere alle caratteristiche di Umberto Veronesi, nei confronti del quale – e di Vasco Rossi – Emma Bonino, nel corso del suo trionfale intervento a chiusura del congresso, lancia un appello a scendere in campo per il voto del 9 aprile. Il cocker “lusingato”, ma rinuncia. Con l’oncologo il pressing è tutt’ora in corso e il risultato si vedrà tra breve, anche perché le liste della Rosa nel Pugno, in virtù di una legge elettorale che non si è voluto rendere più equa, dovranno essere pronte con diverse settimane di anticipo rispetto agli altri partiti. In ogni caso, facile prevedere che quello della scuola pubblica – assieme a quello dei PACS, dell’antiproibizionismo sulla droga, della messa in discussione dei “privilegi della chiesa” a partire dalla ripartizione dell’8 per mille, dei confini da stabilire tra politica e magistratura – sarà un tema piuttosto spinoso per l’Unione. A non volere far sconti sembra essere Emma Bonino che – dopo a-ver picchiato duro su Berlusconi, rimproverandogli la “partita truccata del 9 aprile” e la mancanza di “decenza istituzionale” si rivolge a una sinistra “che ci vive con disagio invece di considerarci come un’opportunità. E’ l’autonomia politica della Rosa nel Pugno, la modernità delle sue lotte – afferma l’ex commissario UE – a mettere a disagio” quello che in congresso è stato più volte defini-to il “compromesso storico bonsai” che sta alla base del futuro partito democratico. “Ma sappiate – conclude sommersa dagli applausi la Bonino – che saremo le vostre spine nel fianco. Le spine di una cultura liberale e socialista, che la storia ha dimostrato essere vincente e più adeguata a gover-nare le istanze del nuovo rispetto a quella catto-comunista”. Bonino e Boselli La Rosa lancia la sfida Si chiude il congresso Sdi. La radicale candida Vasco Rossi. «Grazie, resto rockstar». • da L'Unità del 6 febbraio 2006, pag. 6 di Simone Collini Standing ovation per Enrico Boselli, standing ovation per Emma Bonino. Boselli che guarda al vo-to di primavera come al" battesimo elettorale" di una nuova forza politica e Bonino che dice alla platea socialista riunita a congresso a Fiuggi: «Siamo insieme adesso, lo saremo il 9 aprile e lo sa-remo anche dopo". Boselli che viene riconfermato all'unanimità alla guida dello Sdi e subito dopo annuncia: "Non voglio interrompere la festa, ma penso che questa sia l'ultima volta che parlo dopo l'elezione a segretario". E Bonino che invita pubblicamente a candidarsi alle politiche Umberto Ve-ronesi (che nicchia) e Vasco Rossi (che fa sapere che intende rimanere una rockstar e però invita a votare la Rosa nel pugno). Storie e stili diversi, ma i due, giacca rossa lei, cravatta rossa lui, danno l'impressione di una squadra già ben collaudata. Insieme, socialisti e Radicali, correranno sotto il simbolo della Rosa nel pugno. Il via libera è stato dato all'unanimità dal congresso dello Sdi che si è chiuso ieri al Palaterme di Fiuggi. L'impegno è che il simbolo non venga archiviato dopo il voto ma continui a vivere per portare avanti battaglie ben precise: in primis, difesa della laicità dello Stato e dell'istruzione pubblica. Boselli lo dice a chiare lettere rivolgendosi direttamente a Prodi: "Noi non voteremo mai finanziamenti alle scuole private", avverte il leader dello Sdi, aggiungendo anche, probabilmente consapevole del fatto che uno dei nomi che circolano per quel posto è quello di Rosy Bindi: "Non vorremmo che al ministero dell'Istruzione si mettesse un amico o un amica del cardina-le Ruini". E Bonino definisce "anacronistico" il Concordato, assicurando che "non c'è la volontà di imbavagliare la Chiesa", ma quella di "eliminare privilegi" sì, compreso quello dell'8 per mille: "Quei soldi tornino allo Stato per la ricerca, la scuola, la cooperazione internazionale". Istanze che la Rosa nel pugno è intenzionata a far valere quale che sia l'esito elettorale. "Se i cittadini ci daranno forza è anche con noi che dovrà fare i conti il prossimo governo", dice la Bonino. Perchè se la leader Radicale attacca duramente il centrodestra, anche per il centrosinistra le critiche non manca-no. L'accusa alla Cdl è di non garantire le libertà riconosciute in Spagna (Pacs), Stati Uniti (ricerca scientifica), Francia (pillola abortiva) o Olanda (eutanasia). A Pera rimprovera di essersi fatto "por-tavoce di Ratzinger", visto quanto affermato dal presidente del Senato circa le vignette satiriche su Maometto, e a Berlusconi dice che "un po' di decenza istituzionale farebbe bene anche a lei, oltre che al Paese": "Ci manca solo che sostituisca Bernacca al servizio meteorologico. In nessun altro posto al mondo si è visto mai un presidente del Consiglio che canta da Fiorello e balla a Isoradio". Al centrosinistra, però, sia Bonino che Boselli ribadiscono che non li convince un cattocomunismo che vuole diventare egemone nel paese". "Se così è noi saremo la vostra spina, le vostre tante spine nel fianco", promette la prima. "Non va bene un compromesso storico bonsai", manda a dire alle principali forze del centrosinistra il secondo, che pure distingue: "Nella Margherita come partito a prevalenza cattolica, vi è una ricorrente tentazione a mettersi in sintonia con le gerarchie ecclesia-stiche. Nei Ds, invece, vi è stato spesso l'emergere di posizioni simili alle nostre. Per questo, quando vediamo timidezze da parte loro, noi dobbiamo esercitare una funzione di critica e di stimolo". Ora, l'obiettivo è vincere le elezioni e dar corpo alla Rosa nel pugno: "La partita è truccata, e sgambetti non mancheranno anche a sinistra, perchè c'è chi ci vuole marginali. Mettetevi la spilletta col sim-bolo, portatela in giro, andateci anche a dormire" è l'invito della Bonino ai mille delegati socialisti che applaudono entusiasti. Per altre questioni, come le primarie per il Quirinale lanciate da Marco Pannella ("perchè no?", è la semplice risposta di Boselli) con candidata Emma Bonino, c'è tempo. @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ DOCUMENTO Le conclusioni di Enrico Boselli al congresso SDI di Fiuggi – 5 febbraio 2006 NEL NOME DELLA ROSA Care compagne e cari compagni, desidero innanzitutto ringraziare la Federazione di Frosinone e il suo segretario compagno Pizzutelli per aver contribuito alla buona riuscita di questo nostro congresso. Non è la prima volta che venia-mo a Fiuggi e penso che non sarà neanche l’ultima. È una città ospitale che può nel futuro come noi le auguriamo, diventare sempre di più un luogo di grande attrazione turistica. Ringrazio tutti le compagne e tutti i compagni che hanno partecipato ad un dibattito ricco e appassionato. Abbiamo dimostrato di essere stati in grado nell’arco di un difficile decennio, di ricostruire un patrimonio po-litico che rischiava di andare definitivamente disperso. Oggi, siamo nelle condizioni di poter essere all’altezza di una grande sfida politica ed elettorale che assieme ai radicali italiani stiamo portando avanti con il progetto della Rosa nel Pugno. Un invito a far conoscere le posizioni innovative della Rosa nel pugno Desidero ringraziare tutti i giornalisti della carta stampata e della televisione che hanno seguito con attenzione il nostro congresso. Quando sottolineiamo con preoccupazione i tentativi di oscurare la nostra presenza politica, non ci riferiamo mai ai giornalisti che fanno, e spesso in condizioni diffici-li, il proprio mestiere. Noi invece, critichiamo, ed aspramente, una sorta di cappa mediatica che impedisce di far conoscere, come noi vorremmo, le nostre posizioni politiche e che è riconducibile, per un verso o per un altro, al monopolio politico che Berlusconi ha sull’informazione televisiva e che rappresenta una vera e propria anomalia nel mondo delle democrazie liberali. Ringrazio tutti co-loro che si sono adoperati per la preparazione del nostro congresso: tecnici, allestitori, personale di vigilanza. Un congresso di partito, come quello ora si sta concludendo, richiede sempre il concorso di una molteplicità di contributi e di competenze. Da Fiuggi noi usciamo con convinzioni rafforzate sulla possibilità di far ritrovare alle componenti laiche, socialiste, liberali e radicali, racchiuse nella Rosa nel Pugno, un ruolo di primo piano nella politica italiana. Il primo appuntamento è quello con le urne. Non ci nascondiamo, infatti, che qual-siasi progetto politico ha bisogno di un battesimo elettorale. Tuttavia non abbiamo mai pensato che la Rosa nel Pugno possa essere considerata solo alla stregua di una lista da presentare alle elezioni. Noi guardiamo al futuro, alla possibilità di introdurre una vera e propria novità nella vita politica i-taliana, capace di rinnovare il centro sinistra e con il centro sinistra avviare radicali riforme del Pae-se. Qualsiasi progetto politico, e ciò vale anche per il nostro, ha bisogno delle gambe per cammina-re. Tutti dobbiamo essere convinti che nelle prossime settimane e nei prossimi giorni, tutte le nostre strutture regionali, provinciali e comunali, si dovranno mobilitare innanzitutto per far conoscere la Rosa nel Pugno. Noi pensiamo alla formazione di liste elettorali nelle quali siano rappresentati al massimo li-vello tutte le compagne e i compagni, socialisti e radicali, che operano nel territorio. Solo se vi sarà una piena consapevolezza di ciò che rappresentano le elezioni del 9 e 10 aprile, noi riusciremo a superare una prova che si presenta difficile ed impegnativa. Io faccio appello a tutte le compagne ed i compagni perché, a cominciare dalla raccolta delle firme per la presentazione delle liste, vi sia un impegno al massimo delle nostre energie. Possiamo creare una vera e propria sinergia tra le capacità di movimento, proprie dei radicali italiani, e quelle di organizzazione nel territorio, proprie dei socialisti. Mi aspetto quindi che ci sia una piena rispondenza da parte di tutti alla sfida che dobbiamo affrontare. Sconfiggere le destre per ridare fiducia al Paese Noi collochiamo il nostro progetto politico nell’ambito di un più vasto disegno che deve portare alla sconfitta delle destre e a realizzare un nuovo governo capace di affrontare le condizioni difficili dell’Italia. Non ho mai dato per scontata la vittoria del centro sinistra e noi stessi non dobbiamo dar-la per scontata. Sono tuttavia moderatamente ottimista sul successo di Prodi e dell’Unione, poiché il Governo Berlusconi ha creato nel Paese, delusione e sfiducia, rispetto alle stesse attese che aveva suscitato. Non sono solo i dati negativi, che riguardano l’economia reale come i conti pubblici, a far pensare che i cittadini trarranno un bilancio negativo degli ultimi cinque anni della legislatura che si sta concludendo. È soprattutto la vita quotidiana di ciascuna persona e di ciascuna famiglia che mostra come le cose non siano affatto andate nel verso giusto. Berlusconi aveva promesso miracoli. Non è riuscito a fare neppure le cose più elementari che avrebbero potuto, se non risolvere problemi di carattere strutturale, almeno migliorare la situazione. La perdita del potere d’acquisto, che si è realizzata soprattutto tra i lavoratori dipendenti, è stata sensibile. Tutti hanno la sensazione di essersi impoveriti. Il Paese ha la sensazione che in questi cinque anni è andato indietro. E a que-sta sensazione ha corrisposto in effetti una realtà di fatto. Mai come oggi, nelle nuove generazioni, si è prodotta una vera e propria ansia per il futuro. Noi non siamo stati mai contro la flessibilità che è necessaria nel mercato del lavoro. Siamo però consapevoli che, per evitare che la flessibilità di-venti precarietà, come è avvenuto, è necessario predisporre una vera e propria riforma degli ammor-tizzatori sociali. Per il reddito di cittadinanza “Abolire la miseria” Giustamente, è stato richiamato il contributo che a questa importante questione ha dato Marco Bia-gi, amico e compagno che ci è particolarmente caro. Nel suo rapporto non c’era solo la flessibilità ma anche la predisposizione di nuovi strumenti di ammortizzatori sociali, altrettanto importanti. Per questo abbiamo proposto a questo proposito, l’istituzione di un reddito di cittadinanza che superi le molteplici forme di sostegno che esistono oggi nel nostro Paese, a cominciare dalla cassa integra-zione. Lo scopo è evidentemente duplice: coprire tutte le situazioni di disoccupazione e di intermit-tenza nel lavoro, con una vera e propria rete di sicurezza sociale; separare la tutela dei lavoratori, da forme indirette di sussidio alle imprese che non rispondono più alle esigenze di un mercato sempre più globale. Questa nostra proposta mostra con chiarezza, e lo diciamo a tutti quegli interlocutori che ci hanno criticato perché non ci saremmo occupati della questione sociale, tema fondamentale nella tradizione e nella storia socialista, ma anche in quella dei liberali riformatori, come sono i ra-dicali. Questa nostra idea, del resto, nasce da lontano. Fu infatti Ernesto Rossi in un suo famoso saggio, “Abolire la miseria”, il cui titolo è per se stesso significativo, nel quale veniva abbozzata una convivenza civile solidale, basata su assicurazioni sociali, universali e persino sulla istituzione di un esercito del lavoro, formato da una vera e propria leva, da trarre nelle nuove generazioni. Si trattava di una utopia che tuttavia corrisponde ad un ideale di società nella quale possano conciliarsi la piena libertà, con una grande solidarietà sociale. Noi consideriamo, come è stato del resto scritto nell’ormai famosa agenda europea di Lisbona, fon-damentali per reinnestare un forte sviluppo, la ricerca, l’innovazione e la formazione. Centralità della scuola pubblica Da questo nostro congresso è stata messa al centro come assoluta priorità, la difesa della centralità della scuola pubblica. Su questo tema abbiamo trovato un accordo generale che dimostra quanto sia forte la nostra sensibilità nei confronti del sistema d’istruzione, come strumento essenziale per assi-curare a tutti pari opportunità, pari condizione. Non c’è un momento come quello della scuola in cui i giovani si trovino veramente in pari condizioni. Per questo abbiamo ribadito la nostra proposta, riallacciandoci ad una lunga tradizione socialista. Molti ricordano tra le riforme socialiste la stata-lizzazione dell’energia o altre, ma una fu veramente fondamentale l’unificazione della scuola me-dia.. Noi ribadiamo di essere nettamente contrari al finanziamento delle scuole private, paritarie o no che siano, come è sancito al di là di qualsiasi equivoco, dalla nostra Costituzione. Rivolgen-domi a Romano Prodi e a tutta l’Unione, voglio ribadire quanto ieri è stato detto dal compagno Ro-berto Villetti: noi sosterremo con lealtà la coalizione di centro sinistra, per l’intera legislatura, se elettrici ed elettori ci daranno il mandato di governare, ma non voteremo mai e poi mai, come abbiamo fatto nel corso della nostra storia, qualsiasi finanziamento alla scuola privata. Siamo pre-occupati perché non vediamo su questo tema, nell’Unione la sensibilità che sarebbe necessaria per un tema di prima grandezza come è quello della scuola. che tutti si appassionano ormai al gioco del-le poltrone, prefigurando per questa o quella carica istituzionale o ministeriale i candidati più diver-si. Capisco bene che ciò possa avvenire e non me ne scandalizzo. La politica non è fatta solo di ide-e, ma si concretizza attraverso l’opera di uomini di donne. Non è quindi indifferente sapere chi as-sumerà un compito e chi un altro. Tuttavia, la massima preoccupazione, dovrebbe essere rivolta a mettere le persone giuste al posto giusto per competenza, esperienza e capacità. Non è infatti indif-ferente chi guiderà il dicastero dell’economia o quello degli esteri. Per quanto ci riguarda non è af-fatto indifferente chi sarà il nuovo ministro della Pubblica Istruzione. Rassicuro Emma Bonino: non la candideremo anche per questo incarico, anche se sono convinto che lo svolgerebbe al meglio. Noi non lo rivendichiamo per la Rosa nel Pugno. Sosteniamo però che alla guida di quello che conside-riamo il principale campo su cui deve operare il centro sinistra per introdurre una forte innovazione nel Paese, vi sia una personalità di grande valore, appartenente al mondo della cultura e della ricer-ca, possibilmente dotata di una forte indipendenza di giudizio e sicuramente motivata a fare della scuola italiana, la priorità dell’azione del Governo di centro sinistra. Date le preoccupazioni che ab-biamo sulla difesa della scuola pubblica, riteniamo che si debba trattare di una personalità a cui stia a cuore la laicità dello Stato. Non vorremmo proprio che si mettesse a quel posto un amico o un’amica del cardinale Camillo Ruini. Non confondiamo gli incarichi di governo dello Stato italia-no con quello dello Stato vaticano. Noi non riusciremo mai a difendere la scuola pubblica, come ci proponiamo di fare con grande vigore, se non avremo il sostegno di tutto il mondo degli insegnanti e di quello degli studenti. Mi sono rivolto, in apertura del nostro congresso, agli insegnanti italiani che considero una risorsa intellettuale fondamentale per invertire la tendenza al declino del no-stro Paese. Ripeto questo mio appello: gli insegnanti italiani guardino con simpatia alla Rosa nel Pugno, poiché noi siamo la forza politica che con maggiore convinzione vuole rinnovare e rafforza-re il nostro sistema pubblico di istruzione. La laicità non è un tema di altri tempi La laicità non è un tema di altri tempi. È sufficiente osservare come lo scontro con i fondamentali-smi sia all’ordine del giorno. È stato sollevato un grande putiferio per la pubblicazione di alcune vi-gnette satiriche in Danimarca nei confronti dell’Islam, rivelando come oggi sia in pericolo qualsiasi forma, anche quelle più elementari, di libertà. Ho letto oggi che il presidente del Senato Pera, ha detto in una intervista: “Se Rassmussen non ha chiesto scusa, perché i giornali del suo paese sono liberi, ha fatto bene”. Mi ha fatto piacere che abbia riscoperto di fronte all’Islam i valori liberali che un tempo coltivava con maggiore cura, prima di arruolarsi tra gli atei devoti. Non c’è però nelle pa-role del presidente Pera, una consequenzialità logica. Se si vuole davvero che tutte le religioni siano rispettate, si devono contrastare ovunque privilegi di questa o di quella fede. Lo si deve fare nel mondo islamico dove spesso i cristiani sono discriminati se non perseguitati. Lo si deve fare con la stessa coerenza in Italia, dove invece i cattolici sono in larghissimo numero rispetto ad altre confes-sioni religioni e visioni del mondo, che spesso hanno un trattamento assolutamente svantaggiato. Nessun simbolo islamico negli edifici pubblici dei paesi arabi, ma neanche simboli cristiani in quel-li italiani. In questo modo si comprende il valore davvero universale dei principi liberali. Il Foglio, è stato pubblicato ieri con la bandiera della Danimarca, riprodotta a doppia facciata in prima e ultima pagina, con l’appello “compriamo danese” e all’interno la riproduzione di una serie di prodotti del paese nord-europeo. Questo gesto simbolico ha un significato positivo, come lo hanno avuto, le ini-ziative di Giuliano Ferrara nella difesa dello stato d’Israele e contro ogni rigurgito antisemita. Ci at-tendiamo in futuro che con la stessa coerenza “Il Foglio” riproduca, come ha fatto per la Danimarca, nella prima e ultima pagina, la bandiera bianca e gialla con le chiavi di San Pietro, con la scritta “Non comprate i prodotti del Vaticano”, ogni qualvolta il Pontefice o il Cardinale Ruini, compiono gesti di clamorosa interferenza nella vita politica italiana come purtroppo è avvenuto durante il refe-rendum sulla fecondazione assistita. Noi dobbiamo combattere ovunque si presenti il fondamen-talismo che porta ad uno scontro di civiltà la cui pericolosità abbiamo potuto tragicamente con-statare con l’attacco terroristico alle due torri a New York, con gli attentati alle stazioni ferroviarie di Madrid e con le bombe nella metropolitana di Londra. Contrastare il fondamentalismo non signi-fica affatto non rispettare il sentimento religioso, come abbiamo più volte detto e ribadito. Noi, ho detto nella mia relazione e lo ripeto, non siamo un manipolo anticristiano. Anzi, apprezziamo mol-tissimo le azioni umanitarie che sono svolte dal volontariato cattolico in Italia e nel mondo. C’è in questo impegno tanta generosità che mostra il valore dei principi cristiani di solidarietà che tanto possono contribuire a migliorare un mondo pieno di ingiustizie e disuguaglianze. Non è quindi in discussione il rispetto della Chiesa cattolica in Italia e nel mondo. Sono invece in discussione i prin-cipi fondamentali di libertà e di tolleranza che devono essere difesi da tutti, credenti e non credenti. Questo è lo spirito che ci anima quando diciamo a tutta l’Unione che bisogna contrastare i tentativi in atto per scardinare dall’interno la legge sull’aborto e difendiamo il diritto delle donne ad una maternità consapevole. Questo è l’intendimento che ci muove quando sosteniamo l’introduzione dei Pacs anche in Italia, rigettando una concezione arcaica e discriminatoria che vuole vedere nell’omosessualità una malattia, trasformando ciò che si considera da parte dei cattolici un peccato in una odiosa discriminazione, se non in un reato. Noi siamo assolutamente contrari alla crimina-lizzazione dei tossicodipendenti che non hanno bisogno di galere, ma di cure e di aiuti concreti per uscire da una condizione spesso disperata. Consideriamo assurdo che si voglia perseguitare chi fu-ma uno spinello come se si trattasse di un delitto di gravità inaudita. La nostra posizione, come si sa, è a favore della liberalizzazione delle droghe leggere e alla legalizzazione sperimentale di quelle pesanti sul modello adottato in Svizzera e in Olanda. Non pretendiamo che l’Unione faccia proprie integralmente queste nostre posizioni che comunque continueremo a sostenere nella nostra iniziati-va politica. Vogliamo però che in contrasto ai tentativi in atto di colpire in modo indifferenziato i consumatori di droghe leggere o pesanti, come sta facendo il centro destra ci sia tutta la nostra coa-lizione. Noi siamo per aiutare la famiglia nelle difficoltà quotidiane che incontrano. Siamo per fornire servizi sociali che contribuiscano alla gestione della comunità familiare. Non ci uniamo però alla retorica sulla difesa dell’unità della famiglia, che, come ieri ha ben detto Daniele Capezzone, è esercitata anche da coloro che ne hanno più di una e che sostengono con il colmo dell’ipocrisia, che bisogna seguire alla lettera quanto afferma la Chiesa cattolica. Le nostre posizioni sono quindi assolutamente chiare. Non si può equivocare su quanto diciamo. Sosteniamo tesi che nella maggior parte dei paesi europei, sono ampiamente condivise e in molti casi, sono state già tradotte in leggi. Noi ci stupiamo che non vi sia nelle forze politiche italiane la nostra stessa sensibilità ai principi della democrazia liberale, all’ampliamento dei diritti civili e alla necessità di modernizzare la società italiana. L’indipendenza, l’autonomia, l’imparzialità e la neutralità della giustizia Questa nostra preoccupazione è forte nel campo della giustizia, dove sono in gioco principi di alto valore. E’ sorprendente che non si voglia arrivare in Italia, alla separazione delle carriere tra pubblica accusa e giudice terzo. Ed è ancora più sorprendente, che non si affermi a chiare lettere, la necessità di contrastare la politicizzazione della magistratura. Tanto più il governo fa incursioni corsare nei confronti della giustizia, tanto più il centro sinistra deve affermarne l’indipendenza, l’autonomia, l’imparzialità e la neutralità. Io non mi sono neppure sognato di porre in discussione la figura del dott. D’Ambrosio. Ho detto una cosa molto diversa: la candidatura di quello che è stato il capo del Pool di “Mani Pulite”, dà l’impressione che il centro sinistra sottovaluti al livello emble-matico, la necessità di porre un confine netto tra la politica e la giustizia. Le argomentazioni che so-no state portate, a giustificazione di questa scelta, non mi hanno convinto. Rimango della mia idea che ritengo la più efficace per contrastare il polverone strumentale che Berlusconi sta alzando nei confronti del centro sinistra, dei Ds e di Romano Prodi. Queste nostre critiche hanno un contenuto costruttivo. Lo voglio dire in particolare a Piero Fassino, glielo avrei detto ieri, ma non c’era.. Una volta Pietro Nenni disse che tra socialisti e comunisti, esistevano e sarebbero esistiti, rapporti spe-ciali. Da quel tempo lontano tanta acqua è passata sotto i ponti. Margherita troppo genuflessa, Ds tiepidi sulla laicità Oggi in esistono i Ds che fanno parte dell’Internazionale Socialista che sono stati tra i soci fondatori del Pse. Noi come socialisti, siamo impegnati nella Rosa nel Pugno. Noi consideriamo in modo ben diverso il rapporto che esiste tra la Rosa nel Pugno nei confronti della Margherita da quello che ab-biamo con i Ds. Nella Margherita, come partito a prevalenza cattolica, vi è una ricorrente tentazione a mettersi in sintonia con le gerarchie ecclesiastiche. Nei Ds, invece, vi è stato spesso, come è acca-duto durante il referendum sulla fecondazione assistita, l’emergere di posizioni simili alle nostre. Per questo motivo quando vedo timidezze e imbarazzi nei confronti dei problemi della laicità, affio-rare all’interno dei democratici di sinistra, penso che sia nostro compito esercitare una funzione di critica e di stimolo. Le nostre critiche volte a creare un centro sinistra innovativo Noi come Rosa nel Pugno, saremo sicuramente la componente che in modo più conseguente e coe-rente, difenderà i principi della laicità. Sappiamo però che non lo potremmo fare da soli. Ed è per questo che ci rivolgiamo a tutte le forze che dovrebbero avere a cuore la difesa della laicità dello Stato e tra queste in primo luogo ai Democratici di sinistra. Il nostro ruolo nell’Unione, e lo voglio dire a Martin Schulz – e colgo l’occasione qui per ringraziarlo della sua presenza e del suo interven-to – è rivolto a creare un profondo rinnovamento basato su una forte unità del centro sinistra. Que-sto è il senso delle nostre critiche, delle nostre sollecitazioni, e dei nostri stimoli politici e program-matici, che ben sono stati espressi da Ugo Intini, quando ha messo in guardia le principali forze dell’Unione, dal riproporre una sorta di compromesso storico “bonsai” che è cosa ben diversa dal progetto di partito democratico, voluto da Prodi e da Parisi. Il nostro compito come Rosa nel Pugno è assai difficile. La sfida che ci attende richiede un grande impegno che io, ne sono convinto, ci sarà da parte di tutte le nostre compagne e compagni. Noi non abbiamo dimenticato, né posto in secondo piano il problema di ritrovare un’unità della nostra comunità socialista, divisa e dispersa in anni travagliati e spesso drammatici. Io non mi rassegno affatto di fronte alla difficoltà di far ritro-vare tutti i socialisti uniti nella Rosa nel Pugno. Non voglio alimentare polemiche. Mi rivolgo anco-ra una volta a Bobo Craxi e alle compagne e ai compagni che a lui fanno riferimento perché ritrovi la via della vecchia casa socialista e si impegni con noi nel progetto della Rosa nel Pugno. Non mi sembra che si possa mettere sullo stesso piano il progetto nato su tradizioni comuni esistenti tra so-cialisti e radicali, con un accordo elettorale – lo dico con rispetto - con l’Udeur di Clemente Mastel-la. I tempi sono stretti, ma quando c’è la buona volontà, si può raggiungere comunque, un buon ri-sultato. La Rosa nel Pugno per la modernizzazione di un’Italia che vogliamo laica e più giusta e più civile Da questo quarto congresso che è stato un’assise della Rosa nel Pugno, usciamo rafforzati. Il nostro comune lavoro con Marco Pannella, Emma Bonino, Daniele Capezzone e Marco Cappato e tutti gli altri compagni e compagne radicali e socialisti, ha dato buoni frutti e sicuramente ne darà di altri in futuro. Dipende da noi se la Rosa nel Pugno diventerà davvero un protagonista della vita poli-tica italiana. Noi dobbiamo lavorare con la passione politica che abbiamo messo sin dall’inizio in questa impresa. Sappiamo che ogni volta che nella società italiana emerge qualcosa di nuovo e in-novativo si mobilitano sempre tutte le forze che vogliono puramente e semplicemente conservare la situazione esistente. Dobbiamo quindi, avere chiaro che l’impegno che dovremo sviluppare, dovrà essere straordinario. Questo congresso dimostra che abbiamo tutte le energie per raggiun-gere un buon risultato. Tutti dobbiamo essere consapevoli che questo risultato è a portata di mano. La nostra storia, le nostre tradizioni, la nostra memoria, ci aiuteranno a camminare nel futuro. Io nu-tro molta fiducia in voi delegati e delegate, i compagni e chi in questi anni ci ha aiutato a cammina-re, che avete contribuito a fare di questo congresso un fattore importante per la costruzione del no-stro progetto politico. Da domani, tutti abbiamo come compito quello di fare della Rosa nel Pugno, una forza politica che sappia interpretare quanto c’è di più innovativo nella società italiana. Mo-striamo alle elettrici e agli elettori come sia possibile, partendo da valori antichi, essere all’avanguardia nella modernizzazione di un’Italia che vogliamo laica e più giusta e più civile. ===================================******============================== torna in alto |