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Assemblea Psi Trentino
26.9.2016

Psi trentino: Assemblea Provinciale del 26 settembre 2016
-Intervento del segretario politico Alessandro Pietracci

Vorrei cominciare questo intervento dal centenario dell’uccisione di Cesare Battisti. Fare memoria non è mai una cosa retorica. La memoria ci può guidare anche nel presente a patto che la ricostruzione storica sia veritiera e approfondita; soprattutto che non sia soggetta a distorsioni dettate da calcoli politici che, il più delle volte, alla fine non danno i risultati sperati.
Tra di noi, di fronte a questa assemblea, so che sarebbe inutile ribadire l’inconsistenza culturale prima che politica di quanti avrebbero voluto trasformare Battisti in un invasato guerrafondaio che, in fin dei conti, quella tragica fine “se l’è cercata”. Inutile ricordarele espressioni offensive e fuori dalla storia applicate alla vicenda del martire socialista: dal traditore al provocatore alla spia, tutto è stato detto su Battisti. Miserie che non mi stancherò mai di stigmatizzare. Perché Battisti non è solo un eroe socialista, ma trentino, italiano e oserei dire europeo.
In qualche occasioni abbiamo cercato di intervenire nel dibattito - se vogliamo chiamarlo così – precedente alle celebrazioni di luglio, evidenziando la statura politica di Battisti. Non possiamo dirci soddisfatti da queste celebrazioni benché si siano organizzati eventi anche molto significativi. L’assenza del Presidente Mattarella, giunto in Trentino soltanto il mese successivo, per celebrare Alcide Degasperi, del quale pure riconosciamo la statura, denota una certa trascuratezza non del Quirinale, ma, così almeno mi sembra, delle autorità trentine che hanno affrontato quest’anniversario quasi con fastidio, come se fosse una pratica da sbrigare il più in fretta possibile e concludere non appena possibile.
Potrei parlare a lungo su questo argomento. Mi limito ad un accenno su un tema specifico. Battisti come deputato socialista aveva uno sguardo rivolto all’Europa. Un continente che avrebbe potuto trovare un cammino di pace e di collaborazione se si fosse imposta la concezione di un nazionalismo che definiremmo come “aperto”, cosmopolita, socialista, basato sull’uguaglianza e sull’estensione dei diritti. Era questo il “nazionalismo” battistiano.
Sappiamo come la catastrofe della guerra abbia cancellato questa impostazione. Anche i partiti socialisti europei si sono divisi nelle nazioni di appartenenza. Oggi sta accadendo una cosa simile. Certo, i cannoni non spareranno anche se l’Unione Europea si disintegrerà. Sarebbe meglio dire: non spareranno subito. Perché la pace e la prosperità sono sempre a rischio. L’Europa in cui prevalgono i nazionalismi è a rischio. Il cosmopolitismo battistiano, radicato in una dimensione locale, potrebbe essere di aiuto a tutti.

Ciò che manca è la politica. Le grandi tradizioni culturali e politiche sono in crisi. Pensiamo alla Germania, con il consenso eroso a sinistra della SPD e a destra della CDU da forze politiche estremiste, inadatte al governo. Pensiamo alla Francia in cui la prova del Presidente socialista Hollande è stata, dobbiamo dircelo con rammarico, disastrosa. Non parliamo della Gran Bretagna in cui il voto favorevole alla Brexit è stato in parte determinato dall’indolenza e dalle contraddizioni del partito laburista, troppo tiepido nel sostenere le ragioni del No.
Non è questa la sede per parlare della crisi dell’Europa. Tuttavia invece di rincorrere un nuovismo di facciata oppure addirittura inseguire la destra, dovremmo ritornare alle radici, alle parole d’ordine del socialismo declinate all’era della globalizzazione. Inclusione sociale, estensione dei diritti, riforme necessarie per ri-coinvolgere i cittadini nella gestione della cosa pubblica. Rivendichiamo anche oggi la bontà della ricetta socialista. Tempi duri ci attendono. Nella tempesta ci potremmo però orientare con i fari di sempre: uguaglianza delle opportunità, crescita individuale e collettiva, apertura al mondo, dignità del lavoro, pace e sviluppo per tutti i popoli.

Cosa il nostro partito sta facendo a livello nazionale. Quest’anno si è celebrato il Congresso che ha visto la conferma alla segretaria di Riccardo Nencini. Qualche tempo addietro, in un suo intervento, il Segretario del nostro partito tracciava in poche parole la rotta dei socialisti: “Nessun partito sarà elettoralmente autosufficiente; c'è bisogno di ridisegnare i confini della sinistra riformista; va incalzato il Pse; va colta la sfida del governo. Lavorare su poche significative questioni cui legare la nuova identità del socialismo italiano”. Siamo pochi, lo sappiamo. Tuttavia credo che questa sia la direzione giusta: puntare su una sinistra riformista, sulla possibilità di unire per davvero tutti i socialisti in un unico partito. Riprendeva il ragionamento Mauro Del Bue: “tracciare un programma e un’azione che tenda ad un’aggregazione politica rivolta a tutti. E che coniughi una concezione di socialismo riformista e liberale coi bisogni dell’Italia di oggi”. Il partito sta lavorando alacremente in questa direzione. Non siamo soli. La festa dell’Avanti è andata molto bene, con una notevole partecipazione, che ovviamente la grande stampa ha ignorato, ancora una volta. Non dobbiamo accontentarci di questo, ma dobbiamo anche cogliere i segnali positivi.
La situazione politica italiana la conosciamo tutti. Il governo Renzi, con tutti i suoi limiti, in questa fase è l’unico governo possibile. Le difficoltà congiunturali sono evidenti, prime fra tutti la crisi dei migranti e la stagnazione economica. Gli avvenimenti esterni, globali, non lasciano adito a grandi speranze. Anzi, difficile pensare a una spinta positiva internazionale. È triste dirlo, ma l’Italia su molti fronti non può contare sull’Europa. Renzi ha ragione, dobbiamo cavarcela da soli. Io direi più modestamente: non facciamoci troppo male da soli. E qui arrivo al referendum costituzionale.
In una recente intervista ho ribadito il Sì convinto dei socialisti italiani e trentini al referendum di autunno. Per alcune ragioni che qui sintetizzo soltanto: Il tentativo di snellire l’apparato statale; la nascita di un “Senato dei territori”; la conseguente fine del bicameralismo perfetto. C’è anche una motivazione prettamente politica, quella di dare l’idea di un Italia che cambia e si può cambiare. La vittoria del no getterebbe il Paese nella confusione.
Qualcuno lamenta la penalizzazione degli enti locali. Spinte centraliste effettivamente ci sono. Il federalismo, in molte Regioni, ha dato cattiva prova, moltiplicando la cattiva gestione, se non il malaffare. Non si poteva andare avanti così.

Il Trentino ed i trentini non debbono avere paura di questa riforma, perché in essa le Autonomie speciali sono salvaguardate. Dobbiamo essere compatti, perché, una volta approvata come ci auspichiamo avvenga con il voto, si aprirebbe una stagione di cambiamento su molteplici livelli a cominciare dalle numerose norme attuative in cui si dovrebbe concretizzare la riforma costituzionale che, anche questo dobbiamo dirlo, presenta elementi controversi. La nostra delegazione parlamentare dovrà vigilare in questa fase. In secondo luogo a seguito all’approvazione della riforma avrebbe più slancio anche una possibile revisione dello statuto di autonomia. Viceversa si bloccherebbe tutto. Con ripercussioni anche a casa nostra.
Ribadiamo dunque il nostro Sì al referendum cogliendo l’occasione anche per ringraziare il professor Raffaele Mauro per aver dato la sua disponibilità a guidare il comitato del PSI trentino, costituito anche da numerosi esponenti della cultura laica e socialista.
Nelle settimane scorse è partita la Consulta provinciale per la riforma del terzo statuto. Un’operazione molto difficoltosa, quasi impossibile, se pensiamo che non siamo riusciti neppure a creare un unico organismo a livello regionale: no, le due provincie viaggiano parallele benché tutti sanno che la revisione dello statuto deve coinvolgere per forza l’ambito regionale. Comunque sia auguriamo alla Consulta di rispettare i tempi che si è data, elaborando una proposta concreta e realistica e cercando fin d’ora di creare un collegamento con Bolzano.
Rispetto alla Regione, ormai da tempo in coma vegetativo, sembra godere di maggiore vitalità l’Euregio, anche se i trentini sono spesso latitanti ai tavoli di questa istituzione transfrontaliera. L’Euregio però, liberata dalle nostalgie pantirolesi, deve essere sostenuta con forza, proprio in questo momento in cui si vuole ricostruire la barriera del Brennero. La questione dei rifugiati è solo l’aspetto più urgente di una crisi che potrebbe scardinare assetti decennali, riproponendo quel nazionalismo autarchico distruttivo per la concordia tra i popoli e per la tutela delle minoranze. I trentini devono essere più consapevoli di questa posta in gioco.
È importante quindi tentare di riaprire con Bolzano un percorso di condivisione di programmi e progetti in alcuni fondamentali settori come le politiche per il lavoro e per il turismo e soprattutto la sanità.

Arriviamo così alla situazione politica provinciale.
Pochi giorni fa, dopo una lunga pausa, è finalmente ripartito il confronto tra le forze politiche della coalizione. Come ho già detto mi sembra di intravedere un vero e proprio cambio di stile in Ugo Rossi: più collegiale, più aperto ai diversi contributi, più conscio di dover rappresentare, anche a livello di programma, l’intera maggioranza. Mi auguro che questi incontri si moltiplichino. Solo in questo modo si può consolidare e in certi casi ritrovare la necessaria unità di intenti, indispensabile per concludere in maniera soddisfacente la legislatura.
Non credo sia opportuno in questa fase parlare di assetti, di procedure per la scelta o la conferma del candidato presidente per il 2018. Concentriamoci sui contenuti. Tuttavia una nota politica la devo fare. Mi rivolgo ai tre partiti principali che esprimono il governo del Trentino: occorre più responsabilità interna. I cittadini non ne possono più dei litigi interni ai partiti. Già la classe politica gode di scarsissima fiducia. Cerchiamo di non alimentare ulteriormente la rabbia della gente. Il consenso che la coalizione ha goduto negli ultimi non è un dato scontato per sempre. Anzi molti segnali dicono che ci vuole una sterzata.
Non avendo ruoli esecutivi il PSI è una voce più libera rispetto alle altre forze politiche di governo. La responsabilità dovrebbe prevalere su tutto; sulle aspirazioni personali, sulle fortune del partito di appartenenza. Pensiamo invece ai cittadini del Trentino.
Vorrei esporre una preoccupazione generale attraverso alcune domande. Il Trentino sta vivendo una fase di declino? Riusciremo a mantenere la nostra situazione di benessere di fronte a uno scenario complicato? Il Trentino sta diventando come una regione ordinaria e non riesce più a fare innovazione? Un tempo anticipavamo le leggi nazionali in molti ambiti, oggi siamo davvero un fanalino di coda?
Certo, nella nostra provincia si vive bene. Abbiamo settori di eccellenza come la protezione civile, che ancora una volta è accorsa sui luoghi di un terremoto. Ringraziamo e applaudiamo questi volontari. Non voglio discutere la qualità del nostro benessere. Però dobbiamo puntare al meglio. Altrimenti andiamo indietro
.
Vorrei, a questo punto, soffermarmi su alcuni ambiti precisi e su alcuni temi di attualità.

Legge sulla preferenza di genere.
La proposta di legge prevede due sole preferenze: se si vogliono dare due preferenze è obbligatoria l’alternanza di genere. Su questo punto non si può tornare indietro, magari proponendo tre preferenze di cui una a una donna. Sono pochissimi i cittadini che emettono sulla scheda tre preferenze, neppure il 2%. Due preferenze vanno benissimo. Favorire l’equilibrio tra donne e uomini è una priorità.
Si prevede poi l’obbligo di formare le liste con il 50% di donne. Sappiamo quanto è difficile arrivare a questa soglia. Si potrebbe anche abbassarla al 40% se questo servisse alla certa approvazione della legge. Ricordiamoci sempre che a volte il meglio è nemico del bene.
Sanità.
In questi ultimi mesi abbiamo assistito a due eventi inaspettati: la sostituzione dell’assessore alla sanità da Borgonovo a Zeni, e il cambio al vertice dell’Azienda sanitaria. Ciò ha portato inevitabilmente a una ripartenza rispetto al passato. Diventa decisiva la partita sull’ospedale. Non si può più sbagliare. La situazione però sembra sbloccarsi.
Enti locali e riforma Daldoss.
La legge Daldoss sugli enti locali ha portato all’accorpamento dal basso di alcuni comuni: una riforma democratica che va attuata fino in fondo. Occorre appoggiare questo processo perché anche le fusioni tra i comuni già avvenute devono essere completate in tutte le incombenze giuridiche e burocratiche. Le gestioni associate sono altresì da monitorare e da incentivare. Nonostante tutto però, probabilmente questa riforma sarà ricordata come uno dei migliori provvedimenti della legislatura. Non possiamo dire lo stesso per le Comunità di Valle che rimangono un organismo intermedio ibrido con poteri limitati. Viene da chiedersi se non basterebbero le assemblee dei sindaci che adesso detengono le principali competenze
Scuola, università e ricerca
La PAT dovrebbe confermare gli investimenti già in essere, pena un declino generalizzato che non ci possiamo permettere. Il progetto del “trilinguismo”, che appoggiamo, deve però portare gli studenti a raggiungere competenze linguistiche certificate e spendibili in tutta Europa. A fine anno Unitn si è impegnata a scrivere un Piano strategico: in questi mesi anche la Provincia dovrebbe interagire con piani chiari (e con adeguate risorse) per riuscire ad adeguare i curricula alle nuove esigenze globali, come per esempio nei settori della Cyber security e della tecnologia applicata alle scienze biologiche. Quello che conta maggiormente però è la certezza che gli investimenti sulla ricerca (in particolare su FBK) non caleranno in quanto asset strategico per il Trentino.
Per dare concretezza a questo disegno il Governo provinciale è chiamato a rivisitare gli Accordi di Programma con Unitn e Fondazioni finalizzando una quota significativa e protetta dei trasferimenti finanziari per le scuole internazionali di dottorato ( sull’ esempio di FIRST alla Fondazione E.Mach) e per favorire le chiamate eccellenti dei vincitori delle borse dell’ European Research Council.
Ringrazio Fernando, Stefano, Bruno, Claudio, Nicola e altri che forse ho dimenticato, per i suggerimenti che mi hanno dato su quesi punti specifici.

GIOVANI e MERCATO del LAVORO
Una notazione particolare va fatta sulle nuove generazioni.
Siamo di fronte ad un fenomeno crescente e preoccupante di “erosione di capitale umano”:
i giovani , intendendo per essi i ventenni, si trovano di fronte ad un sistema scolastico non più
adeguato e ad un mercato del lavoro feroce, che non ha più nulla di inclusivo. Con tutte le conseguenze sociali che questo ha sulla creazione di nuove famiglie, sulla natalità, sulla previdenza. Credo che questa sia una delle vere emergenze che ci troveremo ad affrontare nell’immediato
e prossimo futuro, sia a livello nazionale che locale.

Una parola la devo poi spendere per analizzare la difficile situazione del Comune di Trento la cui debolezza è sotto gli occhi di tutti. Non voglio inseguire qui una cronaca che varia ora per ora. Siamo a un passo da una rottura traumatica. Le forze politiche maggiori dovrebbero avere più senso di responsabilità ma probabilmente non riescono a controllare neppure i loro rappresentanti. Il sindaco Andreatta, a cui va il nostro appoggio, deve però uscire presto dall’angolo. Sono inaccettabili i ricatti di singoli consiglieri che minacciano di far cadere la giunta solo ed esclusivamente per interessi personali: Trento non si merita, non si merita tutto questo. Il sindaco dovrebbe parlare di più direttamente con la città attraverso una nuova progettualità. Ci sarà anche un rimpasto? Lo si faccia pure ma nel contempo ci devono essere nuove idee.
Trento vive il problema dell’insicurezza. Occorre guardarsi bene dal non esagerare nel dipingere Trento città insicura. Non è così, sebbene la zona tra il Duomo e Piazza Dante debba trovare una via di uscita dalla crescente micro criminalità. Su questo problema la vigilanza è d’obbligo.

Giunto al termine di questo mio intervento, vorrei parlare di noi, del PSI trentino.
Nel nostro piccolo cerchiamo di essere una voce puntuale ed esigente. Siamo presenti in alcuni comuni maggiori a cominciare dal Capoluogo e in una decina di altri comuni. Siamo pochi, ma ci confrontiamo assiduamente anche con le altre forze politiche. È però sempre difficile arrivare agli organi di informazione, benché in questi anni siamo riusciti a ritagliarci qualche spazio importante.
Per quel che mi riguarda, a quanti in questi giorni mi chiedono di continuare, magari ponendoci come scadenza le elezioni provinciali del 2018, rispondo che sarebbe per me molto più facile dire No e lasciare ad altri questo impegno, che dire Sì, al pensiero dell' ingrata condizione in cui si trova oggi un piccolo partito dalla grande storia.
Nel contesto politico attuale c'è spazio ed interesse solo per il populismo, la demagogia, i toni violenti ed aggressivi… Tuttavia bisogna guardare avanti con quell’ottimismo della volontà di gramsciana memoria. In conclusione vorrei citare una frase di Vaclav Havel: “La speranza non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma la certezza che qualcosa ha senso, indipendentemente da come andrà a finire”. Il nostro impegno politico ha senso, di questo sono certo, indipendentemente dal risultato elettorale.




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