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Saudade per Cesare Battisti, 12 luglio 1916-2016

"Saudade” Battistiana, a cent’anni dalla morte

Pubblicato dal giornale "Trentino" domenica 10 luglio 2016, p.1 s. e il 12-07-2016 da "Avantionline" http://www.avantionline.it/2016/07/cesare-battisti-centenario-morte/#.V4TFZi_r2P9

Tra Risorgimento italiano e socialismo d’Austria-Ungheria, oltre al rimpianto per Cesare Battisti, ci resta la fiducia per una compiuta riconciliazione giusta e gentile tra le diverse esperienze di una terra di confine.

Il 10 luglio 1916 Cesare Battisti veniva catturato dagli austriaci sul monte Corno, sopra Rovereto tra la Vallarsa e Trambileno, e due giorni dopo saliva sul patibolo asburgico nel castello del Buon Consiglio a Trento. La ricorrenza del fatto vede tutti gli anni i socialisti roveretani e trentini partecipare all’incontro promosso dagli Alpini dell’ANA, salendo sul Corno “Battisti” la seconda domenica di luglio, per ricordare con questo “pellegrinaggio alpestre” il sacrificio dell’irredentista democratico, che fu un pensatore e un dirigente socialista di livello europeo. Quest’anno, ricorrendo il centenario degli avvenimenti, l’appuntamento è per domenica 10 luglio 2016, partendo per il Monte Corno Battisti alle ore 8 da piazza Podestà di fronte al Municipio di Rovereto.

Per questo evento, provo a ricordare Battisti con uno spunto diverso, quello che chiamerei della “saudade”, un termine lusitano rivolto ad un rimpianto per un bene speciale che è assente, ma che si lega ad un desiderio di riviverne il ricordo per poterlo nuovamente possedere, dunque mostrando ancora fiducia nel futuro.

Partiamo da uno spunto positivo: un giorno venne Silvius Magnago a spiegare sul Corriere della Sera che “Cesare Battisti fu un uomo che sacrificò la vita per i suoi ideali e dunque è degno della stima anche di coloro che come austriaci lo condannarono a morte”; lo ha ricordato di nuovo a tutti Gian Antonio Stella il 16 luglio 2014. Era stato un altro illustre sudtirolese, lo storico Claus Gatterer, a far conoscere al mondo austro-tedesco un uomo lì identificato solo come “alto traditore”, con queste parole: “Gli ideali battistiani attingono a due fonti: il Risorgimento italiano e il socialismo d’Austria-Ungheria. In Battisti questi ideali si erano pienamente fusi. Rappresentavano le direttrici per una vita e un’opera di rara coerenza”. Queste parole, per le fonti da cui provengono, dovrebbero aver posto fine alle polemiche di chi non riconosce l’onore altrui. Non a caso Gatterer ha introdotto il suo libro su Battisti con la citazione dello sferzante scrittore austriaco Karl Kraus: “Chi giudica farabutto il patriota dell’altrui patria, dev’essere un imbecille della propria”.

Le polemiche ricorrono invece ancora, ma si arenano nell’aforisma di Kraus. Piuttosto noi socialisti e democratici – e qui veniamo al discorso della “saudade” – non vogliamo far dimenticare che nella tormenta epocale della prima guerra mondiale si trovarono due socialisti esemplari come Giacomo Matteotti e Cesare Battisti che tennero un comportamento discorde: pacifista intransigente l’uno, interventista democratico l’altro. Eppure, come riporta la ricerca dello storico Mirko Saltori, ci doveva essere una base comune per le due personalità: “il socialismo non era stato né per Battisti né per Matteotti un’etichetta o una superficiale infatuazione, bensì un impegno costante e rigoroso, e certo nella concezione della realtà e della politica dell’uno e dell’altro vi sarà stata una larga identità di vedute”. Una identità che avrebbe potuto portarli successivamente anche a revisione i punti di vista divergenti, e comunque a svolgere un comune lavoro utilissimo per il popolo: non fu loro possibile, perché le vite di questi due protagonisti furono entrambe spente da mani barbare. È questo sconforto che porta i sinceri democratici ad onorare ogni anno sia la memoria di Matteotti, assassinato il 10 giugno 1924 dai fascisti, sia quella di Battisti, con speciale adesione nel centenario della morte per capestro asburgico il 12 luglio di cent’anni fa. È il rimpianto per un’Italia che poteva esserci e non ci fu, un rimpianto scolpito nelle parole autorevoli di Gaetano Salvemini, antico amico di studi fiorentini di Cesare Battisti, che definì la morte del compagno «una perdita funesta per la parte sana e consapevole della democrazia italiana impedendogli di svolgere nella nuova vita italiana una funzione benefica di prim’ordine»: parole che possono essere rivolte per uguali e altissime ragioni a Giacomo Matteotti, non casualmente accomunato a Battisti dal patriota triestino G. M. Germani, incarcerato dai fascisti: «Battisti e Matteotti io li vedevo così, uniti, simboli e sintesi di una Italia avvenire».

Tra tanto rimpianto, pur ci resta un speranza, una fiducia nel futuro. Come gli ideali democratici di Matteotti e Battisti, poterono rivivere nelle stagioni della resistenza al nazi-fascismo con la nascita dell’Italia repubblicana e possono per molte ragioni ancor oggi essere richiamati quando la stima per la vita democratica vacilla, così anche nella nostra terra di antichi confini confidiamo che possa consolidarsi quella comunanza di rispetto e di spirito evocata all’inizio dai sudtirolesi Magnago e Gatterer: facendo capire a noi tutti che la cosa davvero meritevole è confermare una strada di riconciliazione giusta e gentile tra le diverse esperienze.

Nicola Zoller



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