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Mattarella per Battisti
30 giugno 2016

1) Mattarella per Battisti; 2)Riflessione su l'Italicum
IL BALBETTIO SULLA FIGURA DI BATTISTI: IL PRESIDENTE MATTARELLA ONORI CON LA SUA PRESENZA L’ULTIMO EROE RISORGIMENTALE
MA L'ITALICUM E' LA PANACEA DI TUTTI I MALI?
-di Lorenzo Passerini*
Giornale "Trentino", mercoledì 29 giugno 2016, p.1 s.
Giornale "Trentino", mercoledì 29 giugno 2016, p.1 s

Proseguono a ritmo serrato le celebrazioni per il centenario del sacrificio di Cesare Battisti. Sono stati organizzati interessanti convegni, con insigni studiosi, locali e nazionali, politici, sindacalisti. Non si può dire che non si sia parlato dell'argomento. Anche, a volte, purtroppo a sproposito. Dismessi comunque i toni accesi e sopra le righe che troppe volte sono venuti da esponenti politici, soprattutto nostrani, dalla memoria corta e dalle vedute ancora più ristrette, corriamo ora il rischio o di una rappresentazione oleografica o di una rievocazione dovuta.
Dovuta ma non sentita da tutti, giudicata non utile per comprendere questo tempo in cui viviamo. Molti sono giunti quasi stanchi a questo luglio che dovrebbe segnare l'apice della memoria battistiana. Arriverà in Trentino, forse, la ministra della difesa Pinotti, presenza senza dubbio autorevole, ma che sembra sottolineare l'obbligo di esserci, ma pure di "sbrigare la pratica" nel minor tempo e con il minore clamore possibili. Ha fatto bene il professor Calì a segnalare il diverso trattamento che si riscontra per le annuali celebrazioni degasperiane. Quest'anno salirà in Val Sella nientemeno che il Presidente della Repubblica.
Probabilmente l'agenda di Mattarella era già molto fitta, ma forse l'invito al Quirinale affinché il Presidente giungesse in Trentino per l'anniversario di Battisti, è stato troppo flebile o tardivo per poter giungere alle sue orecchie… Le nostre autorità potevano essere più persuasive e convincenti. In Italia, forse ancora più che in Trentino, Cesare Battisti è ricordato come una figura fondamentale nella storia patria: la visita del Presidente Mattarella sarebbe così stata come il coronamento di questo centenario, come avvenuto con Aldo Moro, nel 1966, per il cinquantenario, e poi nel 1983 con Bettino Craxi. Peccato, davvero peccato, non si può non considerarla come un'occasione persa per l'intero Trentino e soprattutto per tutti i democratici. Non vogliamo però perderci in troppe dietrologie. Tuttavia, a nostro avviso, è necessario evidenziare una sorta di balbettio intorno alla figura di Battisti. Mentre i suoi detrattori urlano e strepitano, liberi di esprimere qualsiasi giudizio, non importa se addirittura offensivo o semplicemente qualificabile come stravagante, quanti dovrebbero accentuare la valenza epocale della sua azione politica – conclusasi in maniera così precoce e cruenta – sono invece pieni di distinguo, di precisazioni, di contestualizzazioni storiche.
Ci sentiamo così chiamati a rivendicare con grande forza la qualità assoluta dell'attività di Battisti. Si potrebbe parafrasare lo storico francese Jules Michelet che, riferendosi a Giuseppe Garibaldi, affermava «c'è un eroe in Europa. Uno solo. Non ne conosco due»; così potremmo dire per Cesare Battisti. Il solo eroe italiano di quel tragico primo Novecento. Subito potrebbe riecheggiare il famoso aforisma di Bertolt Brecht, messo in bocca a Galilei, «sventurata la terra che ha bisogno di eroi». La "bella morte", esaltata all'inizio del secolo scorso, ha infine generato una guerra devastante e sanguinosa, che a sua volta ha determinato una catastrofe ulteriore e peggiore con la seconda Guerra mondiale. Gli eroi sui campi di battaglia ci fanno paura. Vogliamo dimenticarli, non esaltarli. Perché ormai abbiamo compreso che in guerra tutti alla fine sono perdenti. Le gesta belliche non ci appassionano. I veri eroi diventano invece quanti hanno cercato con tutta la forza di evitare qualsiasi spargimento di sangue. Questa prospettiva però non si adatta a Cesare Battisti. Che – lo ripetiamo fino allo sfinimento – non fu un guerrafondaio, un ufficiale temerario disposto a mandare allo sbaraglio se stesso e le sue truppe, soltanto per una esaltazione nazionalistica. Questa è una caricatura disegnata ad arte. Battisti fu un eroe non per i suoi meriti militari, ma perché, nel corso di tutta la sua vita, riuscì ad incarnare grandi valori di progresso sociale, uguaglianza, democrazia. E per il Trentino incarnò quelle profonde istanze autonomistiche che sono alla base del nostro odierno benessere. Eroe come martire, cioè come testimone. E Battisti è stato proprio un grande testimone, coerente fino al sacrificio della vita. E proprio per questo forse veramente universale.
Dunque, facendo mio l'appello del professor Calì, e convinto di interpretare i sentimenti di una parte, non ultima, di opinione pubblica trentina, mi sento di rivolgere, da queste pagine, un appello al Presidente della Repubblica di venire in Trentino il 12 luglio, per onorare con la Sua presenza, la memoria di Cesare Battisti, nel primo centenario della morte.
*Segretario provinciale PSI

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MA L'ITALICUM E' LA PANACEA DI TUTTI I MALI?
-di Lorenzo Passerini*
Giornale "Trentino", mercoledì 29 giugno 2016, p.1 s.

Nella storia dell’Italia unita – con l’eccezione della parentesi, tra luci ed ombre, che va dal 1996 al 2012 – il sistema politico-istituzionale del Paese non è mai stato caratterizzato da una vera democrazia dell'alternanza, ossia un sistema in cui due grandi forze concorrono alla guida del Governo nazionale con programmi differenti, ma con valori di fondo comuni tali da legittimarsi reciprocamente e da riconoscersi nel medesimo assetto istituzionale. Le forze d’opposizione sono sempre state infatti “antisistema”: si pensi a cattolici e socialisti nell’Italia liberale, al fronte “antifascista” durante il fascismo, a comunisti e post fascisti nella cosiddetta Prima Repubblica.
Ma si pensi anche, seppur con le dovute differenze, a M5S/Grillo e a Lega/Lista Salvini oggi. Queste forze si possono infatti definire "alternative di governo"?
La “polarizzazione ideologica” negli altri paesi, in particolare quelli anglosassoni, è infatti molto diversa da quella che ha caratterizzato la storia d’Italia. Negli Stati Uniti vige da secoli un panorama politico che si può definire a buona ragione bipolare, per storia, consuetudini, cultura politica diffusa.
Primarie, bipartitismo, cultura maggioritaria sono elementi strettamente connessi. Ha poco senso un elemento senza gli altri. Giuliano Amato, a tal proposito, al Festival dell’economia del 2013 fece una metafora efficace: “se si inserisce un ingranaggio di un Rolex su uno Swatch, lo Swatch poi non funziona meglio!”. Quelli politico-sociali sono infatti sistemi complessi e come tali ogni modulo/ingranaggio dev’essere compatibile con gli altri.
Come ha indicato Enrico Letta durante la presentazione sabato a Trento della pubblicazione “Andreatta Politico” il modello del “chi vince piglia tutto” non è in grado di rispondere alla crisi sociale ed economica nemmeno in quei paesi, come ad esempio Francia e Regno Unito, in cui tradizionalmente il sistema è sempre stato semi presidenziale / maggioritario.
La crisi ha bisogno di istituzioni “accoglienti” capaci di garantire ampia rappresentativa politico – sociale, di rendere corresponsabili molti settori che compongono le nostre comunità. In una fase di graduale dissipamento delle esperienze comunitarie e di progressivo distacco tra cittadini-Istituzioni la politica deve farsi carico di includere, non di semplificare brutalmente le diverse sensibilità presenti nella società. Gli esclusi sono troppi e si possono ripresentare in forme sempre più pericolose.
Se il modello bipartitico non ha radici nella storia e nella cultura del nostro Paese, risulta oggi sempre meno capace di costruire dialogo e consenso diffuso anche nei Paesi in cui tale modello, nella storia, è risultato maggiormente in grado di interpretare il contesto politico-sociale.
Pertanto pare piuttosto miope voler oggi, a tutti costi, introdurre in modo così forte un simile schema in un contesto che risulta addirittura riduttivo definire tripolare (figurarsi bipolare!). Quali sarebbero oggi i tre poli? Il centrosinistra esaurisce la sua capacità di elaborazione politica con l’attività del Governo, per quanto riguarda il centrodestra non esiste un’area politica omogenea che possa essere definita tale (come possono stare insieme infatti la Lega di Salvini che definisce l’Europa una “gabbia di matti” e i moderati con Berlusconi che commentando, l’esito referendario britannico, lo considera “la fine del sogno di una generazione?”). Poi ci sono i 5 Stelle.
Va pure considerato che non esiste sistema al mondo che elegge interamente un Parlamento con il doppio turno, come si vorrebbe fare in Italia. Il rischio è quello di avere Roma come modello nazionale (con la candidata del M5S con una maggioranza schiacciante al ballottaggio) e Milano invece come felice anomalia (con un positivo confronto tra due poli “tradizionali”). Sarebbe forse meglio fermarsi e pensare prima di far schiantare il Paese contro muro. Dare poi la colpa al muro sarebbe troppo tardi, per tutti.
*giovane laureato in Economia politica



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