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CONVENZIONE O CONSULTA? E LA REGIONE? - di Alessandro Pietracci Giornale TRENTINO, 21 gennaio 2016 A fine mese il Consiglio provinciale dovrebbe varare a larga maggioranza la legge istitutiva della “Consulta per lo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige”. Si tratta di un organismo consultivo, composto da 25 membri nominati dal Presidente del Consiglio provinciale, “con il compito di promuovere il processo partecipativo e di elaborare proposte di riforma dello Statuto”. Una buona notizia che però non ci fa dimenticare alcune contraddizioni: il fatto che a Bolzano, in maniera non concordata, sia già partita un’analoga Convenzione; oppure la circostanza per cui siano i consigli provinciali a designare organismi che dovrebbero riscrivere lo Statuto regionale. Non si poteva fare un consesso unico, come auspicato da tante parti? Da quanto parliamo della revisione dello Statuto di autonomia? Forse dal giorno dopo in cui, nel lontanissimo 1972, era stato chiuso, con legge costituzionale, il “pacchetto” che riguardava la questione sudtirolese. Nasceva così il secondo Statuto di autonomia, l’inizio del declino irreversibile dell’istituzione regionale: sempre più competenze transitavano dalla Regione (e dallo Stato) alle due province che le gestivano in proprio. Nel 2003, la modifica della legge elettorale in Trentino, che ha portato all’elezione diretta del Presidente, ha segnato un ulteriore “strappo” con i cugini altoatesini, sancendo lo scarto istituzionale tra le due province, già presente da molti anni. Ognuno va per conto suo. Ci si ritrova qualche volta a Roma, per difendere la nostra autonomia. I risultati non mancano: ma crediamo che sia la forza contrattuale della SVP a contare, piuttosto che la spesso litigiosa compagine parlamentare trentina. È triste poi constatare che la Regione esiste solo per l’orchestra Haydn e per qualche provvedimento nel settore previdenziale, per altro contestato da più parti. L’anno scorso era stato costituito un “gruppo di lavoro”, a livello regionale, volto ancora una volta ad offrire proposte per la revisione dello Statuto composto da politici e da “tecnici”. Per i trentini c’erano Dellai, Detomas, Zeni e Boato, nonché il professor Toniatti, una delle poche menti lucide di questi ultimi decenni, almeno in questo campo. Il giurista è tornato a dire la sua con un’intervista su questo giornale offrendo l’agenda di lavoro per qualsiasi organismo che voglia per davvero mettere mano a questa intricata materia. Ecco i punti salienti della riflessione di Toniatti: ridare un ruolo alla Regione attraverso la rivitalizzazione del Consiglio regionale; maggiore dialogo tra i partiti “omologhi” del Trentino e del Sudtirolo; necessità di descrivere e di sancire definitivamente, a livello giuridico, le competenze dell’autonomia poiché a livello nazionale, dopo la riforma del 2001, il quadro normativo è in disordine. Abbiamo fatto questa lunga premessa per far capire come il problema sia complesso e che prima di tutto investa una dimensione giuridica, di non facile comprensione per i non addetti ai lavori. È giusto auspicare una riforma dello Statuto realizzata a livello “comunitario”, come detto da Michele Di Puppo, per recuperare una “dimensione popolare dell’autonomia”, secondo le parole di Ugo Rossi; com’è altrettanto giusto lavorare affinché i cittadini partecipino a questo percorso, come suggerito dal costituzionalista senatore Francesco Palermo. Tuttavia queste rischiano di essere soltanto buone intenzioni. Forse uno dei primi compiti della Consulta dovrebbe invece essere quello di chiarire, con la maggiore semplicità possibile, quale sia la cornice giuridica ed istituzionale in cui dobbiamo muoverci. Ricordiamo che in autunno saremo chiamati alle urne per il Referendum confermativo della riforma costituzionale targata Renzi: il quadro è dunque in perenne movimento e il Trentino rischia, ancora una volta, di dover rincorrere non importa se il governo o la Provincia di Bolzano (che, guarda caso, ci ha anticipato di qualche giorno sul varo della loro Convenzione per il nuovo Statuto). Per non proporre un cammino “campato in aria” che rischia di non approdare a nulla, cerchiamo allora di capire quali sono i punti di partenza e quali gli spazzi di manovra esistenti, avendo ben presente la meta che vogliamo raggiungere. E qui il ragionamento tecnico giuridico si innesta in una prospettiva prettamente politica. Essa rimanda, ancora una volta, al ruolo della SVP, e soprattutto all’ambiguità della SVP nei confronti della Regione: un’ambiguità però solo a parole. I fatti hanno sempre mostrato la volontà del partito di raccolta di chiudere con la Regione. Sarà così anche questa volta? Probabilmente i partiti trentini, per una ragione o per l'altra, possono fare molto poco per condizionare la SVP. Dovremmo, tutti insieme, puntare in alto, essere capaci di proposte più lungimiranti di quelle che proverranno dall’Alto Adige: dovremmo essere “più bravi” dei nostri cugini altoatesini. In politica però è necessaria pure una “forza contrattuale” che il Trentino non ha. Saprà ritrovarla in questa occasione? Alessandro Pietracci Segretario Provinciale del PSI torna in alto |