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DA ROSMINI A BERGOGLIO Per il 160° anniversario della morte di Antonio Rosmini (Rovereto 1797 – Stresa1855), “Mondoperaio” (www.mondoperaio.net/la rivista/ ) – il mensile fondato da Pietro Nenni – ospita sul n.7-8 di luglio-agosto 2015 stampato in questi giorni, una lunga recensione al libro di Michele Dossi IL SANTO PROIBITO - La vita e i l pensiero di Antonio Rosmini, edito da Il Margine di Trento. L’ha curata Nicola Zoller e qui di seguito ne viene proposto un estratto: La grandezza di Antonio Rosmini la ritroviamo nella fortezza spirituale dei suoi seguaci, che per oltre un secolo dopo la morte del prete roveretano ne riproposero il pensiero - onorandone la memoria contro le ostilità dei detrattori – fino a giungere alla beatificazione del 2007 promossa da Giovanni Paolo II, suggellata da queste parole: «Ritroviamo in lui una coerenza profonda e misteriosa: Rosmini, sebbene uomo del diciannovesimo secolo, trascende il proprio tempo e il proprio spazio per divenire testimone universale il cui insegnamento è ancora oggi importante e opportuno». Piero Coda – eminente teologo – lo inserisce tra quei «coraggiosi profeti di riforma quasi sempre in anticipo sui tempi e precursori di un nuovo linguaggio della fede: e per questo non di rado incompresi e avversati». Dopo questa premessa - che verosimilmente ha spinto anche i profani come noi ad approfondire la ricerca attorno ad Antonio Rosmini – ho provato a ripercorrere la vita e il pensiero di Rosmini seguendo l’opera dedicatagli da Michele Dossi, Il santo proibito. Perché “santo proibito”? Perché l’opera alla quale è maggiormente legata la figura di Rosmini è intitolata programmaticamente Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa. Egli invocò – accanto ad una riforma della società – una più radicale riforma della Chiesa. Dossi rileva che «il nucleo ispiratore di tutta l’opera è il tema della libertà della Chiesa dai poteri mondani». Scritta nei primi anni ’30 del 1800, Le Cinque Piaghe vennero pubblicate a Lugano in modo anonimo nella primavera del 1848, nella temperie liberale «carica di speranze del primo Quarantotto italiano». Perché liberarsi dei vincoli dei poteri mondani? Un tempo, a cavallo tra l’era romana e il Medioevo, la Chiesa aveva svolto una 'gloriosa' funzione di soccorso, affinché «società violente e tiranniche, fondate sulla schiavitù e l’arbitrio, fossero convertite ad una convivenza giusta e fraterna». Ma ora i tempi sono tanto cambiati, e la Chiesa non può mescolare «fedeltà evangelica» e «fedeltà politica» e rischiare di ridursi a gendarmeria dei sovrani. Questi termini usati da Rosmini sono tanto coraggiosi da mettere «in discussione quelle solidarietà culturali, politiche, economiche che storicamente avevano segnato in negativo la vicenda della Chiesa e ne avevano aperto e reso doloranti le 'piaghe'». […] Tra le piaghe è la quinta quella di più intrigante attualità: è «la servitù de’ beni ecclesiastici». Quest’ultimi avrebbero due sole finalità legittime: il sostentamento del clero, che non doveva andare oltre «lo stretto bisogno», mentre tutto il resto andava utilizzato per il «sollievo degl’indigenti». Se la Chiesa abusa dei suoi beni e accetta privilegi e immunità dal potere politico, è in grave pericolo. «La Chiesa primitiva era povera, ma libera» argomenta Rosmini, e trattava le ricchezze con prudenza secondo la massima «della facilità in dare e della difficoltà in ricevere». Ora invece si accettano, oltre ai beni, anche protezioni esagerate dal potere politico, come l’esenzione dalle imposte. Se con tali esenzioni sui beni ecclesiastici si provvedesse allo stretto mantenimento del clero «o il di più si desse a’ poveri», non sarebbe un favore iniquo alla Chiesa, precisa Rosmini. «Ma trattandosi di beni eccedenti tali bisogni… è ragione che paghino come tutti gli altri». La conclusione di Rosmini è che la Chiesa non ha bisogno di privilegi e di protezioni, ha bisogno solo della sua libertà: «è scoccata l’ora in cui impoverire la Chiesa è un salvarla». Per il prof. Dossi «Le Cinque Piaghe sono uno dei più appassionati ed originali documenti del riformismo ecclesiale di ogni tempo»: ciò può spiegare perché il pensiero di Rosmini venne a lungo emarginato nella Chiesa curiale ma all’inizio di questo secolo è stato definitivamente e ampiamente riscattato. Tanto che ora papa Francesco può attingerne a piene mani per la sua opera di rinnovamento. Nicola Zoller zoller.nicola@gmail.com Nicola Zoller (Rovereto, 1955) - studi classici con laurea in scienze politiche, lavoro aziendale di responsabile commerciale - è socialista dal 17° anno d’età e continua a dedicarsi allo studio del pensiero democratico e socialista: collabora periodicamente alla rivista “Mondoperaio” ed è consigliere nazionale del Psi. torna in alto |