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Se vien meno la damnatio memoriae... IL CASO CRAXI E LE NUOVE LETTURE -di Nicola Zoller - giornale TRENTINO, giovedì 23 ottobre 2014, p.11 http://www.avantionline.it/2014/10/craxi-e-la-damnatio-memoriae-ventanni-dopo/#.VEfA5-kcTIU Verranno giovani studiosi, nuovi storici, ad esaminare le vicende italiane dell’ultimo ventennio post - 'Mani pulite'. Già qualcuno è venuto, ed è giunto a Trento la scorsa settimana a presentare il libro “Io parlo e continuerò a parlare: note e appunti sull’Italia vista da Hammamet” (Mondadori, 2014). È un libro sull’ultimo Bettino Craxi, curato da un giovane ricercatore, Andrea Spiri, che rientra tra quelle persone più libere da legami con le versioni del circuito mediatico-giudiziario di Tangentopoli, poi sedimentatesi nell’opinione pubblica corrente e plaudente. Persone che dovrebbero essere considerate benvenute perché arricchiscono gli avvenimenti con nuova documentazione o richiamano argomentazioni – anche di altri storici e studiosi - lasciate cadere nel dimenticatoio. In questo caso Spiri raccoglie una selezione di testi scritti e spediti da Craxi alle redazioni dei giornali italiani ma che finivano sistematicamente nel cestino: ormai Craxi non era più nessuno, o peggio – come disse Francesco Cossiga – era diventato un capro espiatorio. Spiri conduce anche un’opera in linea con la sua professione e vocazione, essendo impegnato “nell’analisi dei processi di delegittimazione dell’avversario nelle culture politiche italiane”: così riporta il punto di vista di un leader politico nel momento della sua caduta, che ripete “le proprie idee fino a sfiancarsi, perché è il solo modo per difendere la propria libertà”. L’editorialista Marcello Sorgi ha scritto su “La Stampa” che forse «comincia a venir meno la 'damnatio memoriae' sul leader socialista», mentre sulla sua vicenda «sono stati pubblicati diversi libri che tendono a ridargli il posto che gli tocca nella storia». Ecco, tra questi libri è venuta anche un’opera teatrale che per l’interesse di critica e di pubblico suscitato, può rappresentare il sorgere di una nuova consapevolezza. Collegandomi idealmente all’iniziativa svoltasi a Trento mercoledì scorso, è di quest’opera teatrale che proverei a parlare, perché al pari dei libri di storia, la letteratura può aiutare a capire, anzi aiuta di più ad entrare nei sentimenti collettivi. Nella tragicommedia Una notte in Tunisia (Einaudi) viene narrata la storia di X, il personaggio che rappresenta Bettino Craxi. Scritta da Vitaliano Trevisan, è stata recentemente portata in scena anche nella mia Rovereto dal regista A.R. Shammah con protagonista l’attore Alessandro Haber. A quest’ultimo, Trevisan in una nota spiega precisamente il punto di vista di X e gli dà le sue ragioni. Craxi dal 1994 è in 'esilio', ciò che altri chiamano 'latitanza'; la politica è finita, non era questa l’Italia che sognavamo, mentre si prospetta un ventennio post - 'Mani pulite' rovinoso sul piano etico ed economico, nonostante o - piuttosto – grazie a quella che l’esponente socialista considera «la falsa rivoluzione»: che in effetti – aggiungiamo noi - accompagnerà il Paese in una progressiva recessione dopo che nel quarantennio precedente, secondo la testimonianza dell’autorevole prof. Carlo M. Cipolla, «dal 1950 al 1990 il reddito nazionale era cresciuto di circa cinque volte collocando l’Italia fra i Paesi a più elevato tenore di vita nel mondo»; mentre sul piano etico sarà il giurista Michele Ainis a ricordare con plastica efficacia che «all’alba degli anni ’90 la classifica di Trasparency International – l’Associazione che misura l’indice di percezione della corruzione, partendo dai Paesi migliori – situava l’Italia al 33° posto nel mondo; nel 2011 siamo precipitati alla 69.a posizione». Inevitabilmente nel Paese si è creato un incurabile vuoto politico, mentre chi poteva fare molto si trova nella condizione di non poter far nulla: ma la natura ha orrore del vuoto, e più il vuoto si fa strada – racconta l’autore - più essa lo riempie, «magari di merda». E allora «la libertà capitola e il potere degradato non ottiene nessuna pietà». Il destino di Craxi non solo è segnato, ma è 'cercato'. Trevisan si è fatto questa idea: che «l’uomo non si sia piegato a un compromesso – farsi processare, magari fare dei nomi, e tacerne degli altri – che gli avrebbe guadagnato, molto probabilmente, una vita più comoda. È una cosa – continua Trevisan – che mi chiedo spesso quando penso ai brigatisti, tanto per fare un esempio, che sono tutti fuori dal carcere: sono usciti per ciò che hanno detto, o per ciò che non hanno detto? Vale anche per i pentiti di mafia, di camorra eccetera. In ogni caso X rifiuta di farsi umiliare pubblicamente… È un rifiuto che viene dal carattere più che da considerazioni di ordine politico, o di strategia difensiva; anche se X – e così Craxi - è sicuramente consapevole delle inevitabili implicazioni politiche, non meno che delle ricadute private-familiari che detto rifiuto comporta». Un destino appunto 'prescelto', scomodo, ma comunque ormai «è tempo di morire, quanto a vivere c’è più male che bene». La commedia umana diventa tragedia: chi vorrà potrà meditarla come rappresentazione della caduta di un potente, ma potrà anche essere occasione di riflessione sulla politica e la società italiana. torna in alto |