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Avventurieri
28.7.13

AVANTI DELLA DOMENICA N.29 del 28 luglio 2013
Avventurismo e cinismo contro responsabilità
martedì 23 luglio 2013
-di Ugo Intini

Sembra ormai consolidato un quadro politico completamente nuovo. In pratica, quotidianamente, non si contrappongono più destra e sinistra, PD e PdL, bensì due fronti trasversali che comprendono entrambi un pezzo di PD e un pezzo di PdL, oltre a ciò che sta a destra e a sinistra degli uni e degli altri. Da una parte c’è il fronte che si può chiamare “governativo”, o “Quirinalizio”, oppure della responsabilità, della stabilità, della moderazione o del buon senso. Dall’altra c’è il fronte che può essere definito delle elezioni anticipate, dell’intransigenza, oppure, in alcune sue componenti, dell’avventurismo e del cinismo. Non necessariamente i dirigenti politici appartengono all’uno o all’altro fronte per convinzione e tradizione politica. A volte infatti pesano le situazioni e aspettative personali ( ad esempio, ovviamente, l’essere oppure no membri del governo).
Da una parte stanno le fazioni del PD e del PdL che convergono verso il centro. Dall’altra, “sinistra” del PD (ma anche, per una esigenza tattica, “renziani”), SEL, cascami del vecchio dipietrismo, grillini, leghisti, “falchi” di Forza Italia, fascisti. Gli “opposti estremismi” (come si diceva un tempo) si mescolano e fondono in questo fronte “avventurista”. Litigano furiosamente (o fingono di litigare), si insultano, si sbeffeggiano. Chi vuole Berlusconi in galera e chi alla presidenza della Repubblica; chi chiama i cittadini di colore “orango” e chi li porta al governo (anche se privi di qualunque esperienza politica) soltanto perché di colore; chi scopre nella nomenklatura ex comunista kazaka il demonio dopo aver militato per decenni in un partito alleato di quella stessa nomenklatura e chi considera veniale il mancato rispetto dei diritti umani. Litigano e strepitano, ma con l’obbiettivo comune di affossare il governo Letta e di andare alle elezioni anticipate. Marciano chiassosamente divisi per colpire uniti. Più si accendono i toni, più difficile è per il fronte governativo gettare acqua sul fuoco, più si avvicina il comune obbiettivo degli opposti estremisti.
Alcuni dei litiganti sono animati da una intransigenza (qualcuno potrebbe dire “fanatismo”) sincera. Altri sono, come si osservava prima, soltanto dei cinici avventurieri che perseguono un obbiettivo di potere personale e di gruppo sulla pelle di una Nazione ormai esausta. Recitano la stanca litania del bipolarismo, ma sanno benissimo che il bipolarismo non esiste più: per la semplice ragione che i poli, con Grillo, sono diventati tre, di quasi uguale consistenza. Sanno benissimo che le elezioni con il Porcellum sarebbero il disastro finale della Repubblica, ma le considerano una opportunità per se stessi, sulla quale sono disposti a giocarsi il tutto per tutto. Analizziamo bene questo aspetto; le elezioni anticipate sarebbero, a causa dello sproporzionato premio di maggioranza, per ciascuno dei tre poli, una roulette russa a tre colpi: due col proiettile in canna e uno a salve. Ciascun giocatore ha due possibilità su tre di restare ucciso (si fa per dire, perché stare all’opposizione di un governo delegittimato lascia comunque un futuro). La terza è di vincere il banco a mani basse.
I cinici giocatori d’azzardo sono disposti a rischiare. Anche perché non danno la minima importanza al fatto che per l’Italia la roulette russa prevede tre colpi di cui nessuno a salve: tutti e tre mortali.
Può vincere Grillo (la fotografia al febbraio di quest’anno non lo esclude affatto, anche se al momento i sondaggi lo danno in calo). E che in tal caso sia la morte della Repubblica è evidente. Può vincere la sinistra e può vincere la destra. I cinici e gli avventurieri non lo dicono, ma non possono non saperlo: anche in questo caso la morte della Repubblica sarebbe probabile. Supponiamo un febbraio 2014 nel quale la sinistra prenda un pugno di voti in più che nel 2013 nei collegi senatoriali giusti e conquisti così la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Considerando che l’astensionismo è di un quarto degli elettori, si troverebbe a governare con poco più del 20 per cento del consenso popolare. Lo stesso accadrebbe se a centrare l’en plein fosse la destra. Può la drammatica situazione economica italiana essere affrontata con il consenso di un cittadino su cinque e per di più con una maggioranza parlamentare (rappresentante tale quinto circa degli italiani) profondamente divisa su tutto? Soltanto un demente potrebbe pensarlo o, appunto, un avventuriero cinico.
Tutto ciò è evidente ma, per evitare che l’avventurismo e il cinismo vincano, il “fronte della responsabilità” lo deve dire. Deve prendere l’iniziativa, dare battaglia. Smetta di accettare in silenzio la tesi della provvisorietà e la retorica del bipolarismo destra-sinistra che abbiamo sopportato per vent’anni. I due schieramenti trasversali sono saldati ormai da un cemento non momentaneo e non tattico, bensì programmatico (anche se il fronte dello sfascio può attaccare in modo convergente Letta, ma mai potrà costituire un governo alternativo). Gli opposti estremisti condividono l’insofferenza ai vincoli europei, agli impegni politici e militari occidentali. Il fronte della responsabilità condivide al contrario l’accettazione dei vincoli e degli impegni, che considera non una proterva imposizione, ma un incoraggiamento alla disciplina economica e alla coerenza politica. Gli opposti estremisti sfidano continuamente lo Stato di diritto: da una parte applaudendo lo strapotere dei magistrati, dall’altra cercando di mettere loro il bavaglio. Il fronte della responsabilità vuole una riforma ragionevole della giustizia. Gli opposti estremisti dicono sì a qualunque richiesta demagogica, da quelle della minoranza iper protetta dei lavoratori (a sinistra) a quelle degli evasori fiscali (a destra). Il fronte della responsabilità si sta esercitando a dire dei no. Il fronte della responsabilità e quello dello sfascio schierano ormai persino un personale politico che comincia a diventare antropologicamente diverso. Persone “decent” (come dicono gli inglesi), pacate e riflessive da una parte; capi popolo e erinni bercianti dall’altra.
Anche per questo gli opposti estremisti si trovano a loro agio nel cavalcare gli istinti degli elettori, l’antipolitica e la retorica anti partiti. Mentre il fronte della responsabilità parla alla testa e non alle viscere, vede nella politica europea e nei partiti tradizionali europei un modello. Proprio qui si arriva al punto più importante. Gli opposti estremisti non possono condividere i programmi di nessuna tra le grandi famiglie politiche europee (socialista, democristiana e liberale). Il fronte della responsabilità può. Anzi. In questo fronte ciascuno può condividere in gran parte anche il programma di una famiglia europea diversa dalla propria. Perché? Perché i programmi delle famiglie politiche raziocinanti, ovvero di quelle socialista, democristiana e liberale non sono in Europa così divergenti. Al punto che socialisti, democristiani e liberali hanno spesso governato insieme. In Germania forse torneranno a farlo. In Italia, lo hanno fatto con risultati ottimi per decenni e, a ben guardare, diciamo la verità: stanno ricominciando a farlo nel governo Letta.
Chi sostiene l’attuale maggioranza queste cose le deve cominciare a dire. E subito, se non vuole tirare a campare per essere alla fine travolto. Ha un vantaggio: gli opposti estremisti non possono sottolineare agli elettori ciò che li unisce. Il fronte della responsabilità può. E, appunto, deve. Sfrutti il suo vantaggio, si faccia coraggio. Perché solo così darà una speranza, una prospettiva razionale, un progetto, un punto di riferimento a quella stragrande maggioranza degli italiani stanca della guerra civile strisciante che ha distrutto il Paese.



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