|
Il Trentino ha bisogno di una riforma istituzionale che persegua due obiettivi di fondo: 1) razionalizzare e qualificare i servizi offerti ai cittadini; 2) decentrare funzioni e poteri gestionali dal centro verso la periferia. Questa considerazione proposta dal Consorzio dei Comuni Trentini è senz’altro da condividere e a tale proposito mi pare che un sindaco della mia valle, Mauro Amadori primo cittadino di Avio, abbia ben spiegato la situazione. “I Comuni – egli afferma – di fronte a risorse sempre più limitate, sono consapevoli della necessità di dover riorganizzare i propri servizi. La Comunità di valle intende far fronte proprio all’esigenza di ridurre i costi di gestione dei servizi sparsi sul territorio e di ridefinire a livello sovracomunale le competenze trasferite dalla Provincia. E’ questa una riforma – avverte - che non si limita a ridisegnare il profilo organizzativo di istituzioni quali Provincia, Comuni o la costituenda Comunità di valle, ma andrà ad incidere sulla vita quotidiana dei cittadini. Il cittadino per una serie importante di servizi pubblici d’interesse locale quali acqua, rifiuti, trasporto locale, distribuzione dell’energia avrà non più il Comune come interlocutore ma la Comunità di valle”. Ma la posizione del sindaco Amadori è tutt’altro che rassegnata: egli rivendica ai Comuni il diritto – dovere di partecipare più attivamente a questo “passaggio riformatore” cosicché esso non diventi qualcosa di ottriato, di calato dall’alto. I Comuni devono essere protagonisti della nuova fase, conservando ancora funzioni importanti in quanto sono l’istituzione più vicina al cittadino, ma ad essi parimenti non deve sfuggire la “funzione morale” che può svolgere una Comunità sovracomunale che superi ed integri i piccoli interessi locali e che possa gestire più efficacemente nell’interesse delle popolazioni i servizi di area vasta, la programmazione urbanistica e la promozione delle attività economiche. E’ questo anche il fine richiamato nella riforma istituzionale proposta dalla Giunta provinciale (disegno di legge n. 104/2005) , che introduce la Comunità di valle per “assicurare alla popolazione insediata nel territorio provinciale – indipendentemente dalle caratteristiche del territorio e dalle dimensioni del comune di residenza – uguali opportunità di disporre di istituzioni locali in grado di esercitare la potestà amministrativa e la potestà di organizzare dei servizi pubblici in modo adeguato alle esigenze di sviluppo socio- economico”. Si deve dire tuttavia che la proposta della Giunta provinciale diventa via via farraginosa quando si cimenta a definire gli organi della Comunità di valle (con la sovrapposizione di funzioni assegnate all’Assemblea della Comunità con quelle della Conferenza dei Sindaci, fonte di “possibili contrasti” come nota il Consorzio dei Comuni trentini: ma questo impasse è in via di superamento con una modifica al ddl. giuntale) e soprattutto quando si avventura a prevedere procedure d’elezione dell’Assemblea in forma diversa: ci potrà essere l’elezione dell’Assemblea in forma indiretta, con la nomina assegnata ai Consigli comunali, oppure in forma diretta a suffragio universale da parte di tutti gli elettori residenti entro i confini della Comunità. Sì all’elezione diretta Ecco, qui credo che si dovrebbe avere il coraggio di fare un passo decisivo in là: la forma migliore è sicuramente l’elezione diretta riconoscendo il diritto di eleggere la nuova Assemblea a tutti i cittadini della Comunità, forma di elezione peraltro esplicitamente preferita dallo stesso Consorzio dei Comuni trentini nel documento inviato al Consiglio provinciale il 29 giugno 2005. Questa via maestra eliminerebbe tanti retropensieri su ipotetiche spartizioni a tavolino per zone e partiti di influenza. Si ritiene inoltre che l’ormai residuale riferimento alla incostituzionalità di tale elezione diretta, in quanto si introdurrebbe un livello elettivo per una istituzione non prevista in Costituzione, sia superata (e comunque lo stesso ddl. della Giunta provinciale supera questo ostacolo prevedendo la forma di elezione diretta, pur affiancata dall’opzione per quella indiretta) da vari fatti. Dal fatto che da tempo è attivata l’elezione diretta di altre istituzioni non fissate esplicitamente in Costituzione, come le Circoscrizioni; dal fatto che la dottrina costituzionale più accreditata considera l’elencazione delle istituzioni e degli enti locali non come tassativa, ma soltanto esemplificativa; dal fatto che c’è “un processo evolutivo delle autonomie locali” (ne riferisce anche la relazione al citato disegno di legge della Giunta provinciale, riconoscendo una “continua evoluzione costituzionale, anche a livello europeo”); dal fatto – come ha ricordato proprio il 21 settembre scorso davanti alla competente Commissione consiliare provinciale il prof. Roberto Toniatti, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo trentino – che con la Legge costituzionale n.2 del 1993 sono state affidate alle Regioni autonome (e dalla nostra Regione alle due Province autonome) le competenze primarie in materia di Enti locali e delle relative circoscrizioni, e quindi la nostra Provincia potrebbe optare con ampi margini di discrezionalità anche per l’elezione diretta delle Comunità di valle proprio “perchè la sentenza con la quale nel 1988 la Corte Costituzionale dichiarò illegittima l’elezione a suffragio universale dei Comprensori è oggi superata”; dal fatto che si parla chiaramente di “autonomia dinamica” aperta a considerare nuovi bisogni dei territori come quelli di “auto-organizzarsi” in Comunità di valle, comprensivo dell’esigenza di eleggere da parte delle popolazioni dei nostri 223 Comuni le varie Assemblee con forme che non implichino la creazione di organismi pletorici che si determinerebbero con l’elezione di secondo grado da parte dei singoli numerosi Comuni. Dunque l’elezione diretta conferirebbe più rappresentatività democratica e anche più efficienza e snellezza agli organismi assembleari della Comunità di valle. Teniamo conto che settori sempre meno marginali degli stessi gruppi consiliari provinciali si stanno orientando verso l’elezione diretta, gruppi sia di maggioranza (dal Leali ai Verdi, alla stessa Margherita almeno in via di principio) che gruppi di opposizione: servirebbe proprio una spinta più coraggiosa verso questa meta non secondaria per l’articolazione democratica della nostra autonomia. Una dignità antica Ritengo anche che ci vorrebbe più coraggio nel conferire piena dignità storico-istituzionale alle Comunità di valle, che vengono descritte dalla stessa Giunta provinciale come dimensioni spaziali individuate “sulla base di criteri di continuità territoriale e di omogeneità culturale, storica, sociale, economica, infrastrutturale e orografica”. Leggo nelle osservazioni formulate il 6 settembre 2005 dal Rettore dell’Università di Trento, prof. Davide Bassi, che lo stesso uso di un nuovo nome come quello di “Comunità di valle” non cambia la sostanza di una realtà che potrebbe ben continuare a chiamarsi “Comprensorio”; e noi aggiungiamo che potrebbe anche chiamarsi “Distretto” secondo il termine usato nell’antico Tirolo, o “Giudizio distrettuale” (erano 14 nel Trentino di inizio Ottocento), che poi diventerà “Capitanato distrettuale”, il Bezirk austoungarico: tutti termini che riconducono ad un’unica ragione storicamente palpabile, richiamata con bella prosa da Luigino Mattei negli scorsi anni ’70: “Non sono riusciti tutti gli errori e tutte le gelosie di potere – egli annota - a soffocare questa parola magica”… perché al fondo di questa istituzione territoriale “non c’è una intuizione soltanto, ma più irriducibilmente una realtà che si tocca con mano, che si evidenzia sulla carta geografica del territorio trentino”: quella di 223 Comuni per meno di mezzo milione di abitanti sparsi in vallate ognuna delle quali “diversa e autonoma”. Senza queste condizioni storico-geografiche – continua Mattei - faremmo ridere se continuassimo a ragionare di vari livelli istituzionali su un territorio con una popolazione pari a quella di un quartiere di una metropoli: basterebbe appunto un Consiglio circoscrizionale… Invece – per gli accennati motivi geografici e storici - ci si ragiona non da anni o decenni, ma da secoli (la prima organizzazione in “distretti” dell’antico Tirolo risale al XIII secolo con Mainardo II); e negli ultimi quarant’anni si è meglio definita l’entità istituzionale comprensoriale per assicurare – come scriveva il prof. Giuseppe Samonà, estensore del primo Piano urbanistico provinciale – “la partecipazione di tutte le zone della provincia ai vantaggi dello sviluppo”; occorreva che la frammentazione in 223 Comuni, di cui la metà non raggiungeva e non raggiunge i 1.000 abitanti, venisse superata da una superiore “unità morale fra i Comuni e le popolazioni delle vallate trentine” per meglio organizzarsi nei servizi ai cittadini, nella programmazione urbanistica ed economica, nel confronto istituzionale con una Provincia dai fortissimi poteri, pronta altrimenti a ridurre in “vassallaggio” i 223 Comuni, tanto numerosi quanto deboli singolarmente presi. Ripeto: “unità morale fra i Comuni e le popolazioni delle vallate trentine”, termini questi che qualificano – superando riserve del passato – l’idea e la prospettiva dell’ente territoriale di area vasta (Distretto, Comprensorio o Comunità di Valle che dir si voglia). In tal modo, con queste rinnovate “unità morali”, può trovare compimento quella “autonomia diffusa” – recentemente rivendicata dal sindaco di Canal S.Bovo, Luigi Zortea – che può ridare fierezza e uguali mezzi anche ai cittadini delle valli, superando un modello provinciale accentrato. Per tutte queste ragioni si può ben convenire con il prof. Antonio Scaglia quando propone che la riforma istituzionale contempli pienamente l’esigenza culturale – oltre che politica – di “affiancare in dignità la dimensione di Comunità a quella di altre istituzioni, quali Regione, Provincia, Comuni”. °°°°°°°°°°° No alla soppressione dei piccoli Comuni, si dia l’urbanistica alle Comunità di valle Queste considerazioni non possono nascondere i problemi di ricorrenti tendenze accentratrici da parte della Provincia e di nuove gelosie comunali che potranno frenare – come in passato – l’evoluzione verso una articolazione istituzionale diffusa, democratica e autorevole. A) Il passo riformatore non dovrà essere frenato – da un lato - da ricorrenti minacce di soppressione dei Comuni originari: chi vuole - più o meno forzatamente – eliminare i piccoli Comuni, fa un torto alla storia, sottovalutando il fatto che i Comuni precedono da secoli le successive istituzioni. I piccoli Comuni – che nel Trentino sono la grande maggioranza, essendo solo 25 sui 223 complessivi i Comuni con più di tremila abitanti – hanno diritto di vivere e di mantenere i legami con la gente del territorio: essi potranno trovare nuove ragioni di vita se coadiuvati da una istituzione di valle – proprio quella che in questi giorni il prof. Fabio Giacomoni chiama felicemente “una dimensione di appartenenza più ampia e aperta … senza che provochi rotture traumatiche” - sentita più vicina dai Comuni nell’organizzare servizi per la popolazione e meno “padronale” della Provincia, una istituzione appunto che faccia diventare la riforma della nostra autonomia un “patrimonio condiviso” anche dai piccoli Comuni, che – ripeto – sono la maggioranza dei Comuni trentini. B) D’altro lato, la riforma istituzionale potrà essere frenata – come accennato – da nuovi propositi centralistici della Provincia o da rinnovati dubbi che i Comuni più grossi (ma qui – e ciò è un buon viatico per tanti altri - si può escludere subito Rovereto, che a più riprese ha sostenuto e sostiene la prospettiva della Comunità di valle e - con particolare sottolineatura dei giorni scorsi – l’elezione diretta popolare della sua Assemblea!) potrebbero nutrire verso un ente intermedio di valle. Per oltre un decennio c’è stata ad esempio la tendenza di affidare nominalmente ai Comuni l’urbanistica ma in pratica essa è restata saldamente nelle mani della Provincia. Ora ho letto quest’estate che uno dei primi responsabili del Piano Urbanistico Provinciale rinnovato dall’assessore Walter Micheli negli anni ’80, l’ing. Giuliano Castelli, afferma che l’urbanistica è bene sia conferita “all’ente intermedio di valle”. Era ora che si esplicitasse anche da questo fronte la bontà di siffatto trasferimento verso un ente che possa effettivamente gestire tale competenza a livello decentrato. Con questa notazione benaugurate penso proprio che adesso si possa aprire una nuova stagione autonomista e partecipata per il nostro Trentino. dott. Nicola Zoller presidente del Consiglio comunale di Brentonico torna in alto |