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Socialdemocrazia, lettera a l'ADIGE
XII.2012

LE PRIMARIE DEL CAUCASO
(lettera al giornale “l’Adige” di Trento sulle primarie del centrosinistra )
- www.politicaresponsabile.it/pensiero/955/le-primarie-del-caucaso.html

- www.socialistitrentini.it

Sotto un titolo sferzante “La cultura comunista”, il direttore Giovanetti ha dedicato l’editoriale de “l’Adige” di domenica 2 dicembre alle primarie del centrosinistra. Schierato decisamente con Matteo Renzi, contesta le regole delle primarie, congetturate “secondo schemi da regimi autoritari sudamericani o da comitati centrali del socialismo reale”. E senza mezzi termini continua: “Se gli osservatori internazionali dell’Ocse esaminassero le elezioni di oggi, probabilmente non le classificherebbero tra quelle delle democrazie occidentali ma più simili alle regioni del Caucaso o del Centro Africa”. Di questo passo il direttore Giovanetti finisce impetuosamente – come Berlusconi – a vedere dappertutto gente di mentalità comunista che coarta il popolo.
Il giorno dopo le primarie le cose vengono rimesse a posto. L’esito della consultazione è accettato e l’estrema chiamata in causa dell’Ocse finisce lì. Su tutti i clamori dei suoi sostenitori giunge la parola giusta di Renzi, che riconosce la validità democratica della consultazione: “nessuna opinione diversa sulle regole – afferma – può mettere in discussione l’esito a favore di Bersani”.
Ma intanto un danno è stato fatto, si sono dileggiate le persone chiamate a garantire lo svolgimento delle primarie, insinuando il dubbio di trovarsi nella mani di vecchi burocrati di terre selvatiche. Forse perché si pensava ad un esito al fotofinish tra l’uno e l’altro dei contendenti e per prepararsi a contestare l’esito del voto? Comunque un distacco largo del 20 % a favore di Bersani ha gelato l’agitazione in corso.
Cosa pensare dell’editoriale di Giovanetti tra Ocse, Sudamerica, Urss, Caucaso e Centro Africa? Che c’è un po’ di delusione per lo squilibrio dei termini usati su un giornale che spesso ammiriamo per la qualità degli articoli e delle immagini. Un giornale indipendente mantiene di solito una posizione centrale, ma evidentemente può emergere anche un “estremismo di centro” dai tratti demagogici.
Sarebbe da proporre – si licet - una via diversa: quella della mitezza, invano consigliata dai padri di ogni tempo ai ‘Pelide’ di turno, e che vale per ognuno di noi: “essere miti, questo è essere forti”; e del discernere nel futuro del centrosinistra italiano la prospettiva “socialdemocratica europea a radice cristiana” di cui ha scritto con efficacia Massimo Mucchetti sul “Corriere della Sera” del 2 dicembre 2012 e che appropriatamente potrebbe coincidere anche con le aspirazioni di tanti lettori trentini. Ci sono qui dei passi che dovrebbero far meditare i sostenitori sperticati di Renzi o chi ne ha utilizzato la fascinazione rottamatrice.

LA PROSPETTIVA “SOCIALDEMOCRATICA EUROPEA A RADICE CRISTIANA”

“Questo è il punto vero. L’Europa – scrive - si divide tra liberisti e socialisti. Negli stessi Usa, i democratici vengono accusati di essere socialisti. E allora un centrosinistra normale potrà vincere e governare se convincerà il Paese che la socialdemocrazia a radice cristiana farà funzionare la società dell’informazione internettiana meglio dei liberisti. Se, invece, si farà dettare la linea da chi negli Usa sosteneva il repubblicano Romney e nel Regno Unito collaborava con l’ultraconservatore Johnson (sindaco di Londra), torneremo agli equivoci degli anni Novanta quando gli ex comunisti si fecero sdoganare dalla City senza fare tappa a Bad Godesberg (che è la cittadina dove nel 1958 la socialdemocrazia tedesca ripudiò il marxismo senza cessare di essere di sinistra)”.
Il riferimento a Romney e Johnson – mi conferma gentilmente per email Mucchetti - è rivolto a persone – come i professori Giavazzi-Alesina e il finanziere Davide Serra – rappresentative di “correnti intellettuali da cui sono venuti sostegni a Renzi”. Possiamo dire dunque che con la vittoria di Bersani si è profilato - rispetto alle resistenze precedenti di PDS-DS-PD - la possibilità di un legame più coerente alla prospettiva del socialismo europeo e si è scongiurata l’eventualità di una deriva conservatrice preoccupante, tutt’altro che riformista. Peccato che tale eventualità non l’abbiano percepita molti sinceri propugnatori del neoriformismo che, come rammenta Giovanetti, dovrebbe coniugare – peraltro secondo massime novecentesche -“meriti e bisogni”, “giustizia e libertà”.

Nicola Zoller




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