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INFO SOCIALISTA 3 agosto 2012 -a cura di n.zoller@trentinoweb.it tel. 338-2422592Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it / www.socialisti.bz.it Sito nazionale PSI: www.partitosocialista.it Quindicinale - Anno IX Un libro per meditare in estate MONDOPERAIO, la rivista socialista fondata da Pietro Nenni, ha ospitato sul n.6/2012 www.mondoperaio.it una recensione di Nicola Zoller al libro di Michele Salvati “Tre pezzi facili sull’Italia”, il Mulino, 2011. Segue qui un estratto, mentre più avanti viene il commento pubblicato dalla rivista, intitolato SALVATI E IL CENTRISMO. IL PASSATO (RECENTE) E UN AVVENIRE (POSSIBILE) Estraendo CIFRE e NOTAZIONI inedite/dimenticate/poco meditate dal commento al libro di Michele Salvati “Tre pezzi facili sull’Italia”, il Mulino, 2011: Cifre 1. “Un reddito nazionale cresciuto di circa cinque volte dal 1950 al 1990 colloca l’Italia fra i paesi a più elevato tenore di vita nel mondo” 2. “Dai dati ufficiali della Banca d’Italia risulta che “nel 1992 il debito pubblico italiano era complessivamente di 795 miliardi di euro; nel 2011 è salito fino a 1.931 miliardi; anche rapportandolo al Pil, il debito che era circa l’85%, è arrivato al 120%” 3.“All’alba degli anni ’90 la classifica di Trasparency International – l’associazione che misura l’indice di percezione della corruzione, partendo dai paesi migliori – situava l’Italia al 33° posto nel mondo; nel 2011 siamo precipitati alla 69.a posizione” Notazioni 1. Con il centro-sinistra (con questo termine l’autore si riferisce “a tutti i governi tra il 1963 e il 1993”) qui arriva in campo non un partitino, ma un Partito socialista con tanto di tradizione e di peso politico… 2. L’allora primo ministro Bettino Craxi poté annunciare che l’Italia aveva superato la Gran Bretagna in termini di reddito pro capite. 3. Dagli anni ‘90 “le cose potevano andare diversamente: poteva essere Mario Segni il leader di un grande partito cattolico e liberale di centrodestra, ma il grosso della leadership democristiana non era di centro-destra e neppure liberale. E il Pci poteva riconoscere la vittoria storica dei socialisti e ricostruire con loro un partito socialdemocratico: ma il ‘duello a sinistra’ aveva scavato un solco troppo profondo tra le due leadership. 4. Nel 1992 il fenomeno popolare e giudiziario di Mani pulite” porta “a un esito che solitamente si associa a traumi ben più gravi, a guerre e rivoluzioni: la scomparsa dei due grandi partiti governativi dei 30 anni precedenti, un fatto unico in Europa… 5. Eugenio Scalfari – influente fondatore del giornale la Repubblica – ha chiesto al segretario Bersani se il Pd stava per caso pensando di presentarsi come una forza socialdemocratica sullo “schema del socialismo europeo”: in tal caso non l’avrebbe mai più sostenuto. Eppure è proprio questa – come abbiamo visto – una delle vere anomalie italiane: che non ci possa essere un’alternativa “socialdemocratica” al centro-destra, come avviene in tante democrazie europee. 6. Nella sinistra italiana, “ fino alla fine degli anni Ottanta,furono prevalenti orientamenti culturalidifficilmente spendibili per un moderno riformismo”. Il Pci fu il capofila di tale e tanta arretratezza, ma anche il Psi “ancorché staccatosi dall’alleanza col Pci nei primi anni ’60, ci mise molto tempo ad acquisire orientamenti di socialismo liberale: bisognerà – conclude Salvati – aspettare Craxi e la fine degli anni ‘70”… 7. L’avvenire possibile: è dalla prospettiva socialista riformista che può ripartire la sinistra, come – prima di lasciarci – ha ricordato Luciano Cafagna nel commentare su Mondoperaio del novembre 2011 il libro di Salvati. (* ) Qui egli spiega che la dignità della sinistra può essere ritrovata soltanto se a un presente difficile, fatto di sacrifici sgradevoli, “si riesce ad agganciare realisticamente il percorso verso un futuro capace di recuperare la speranza, e cioè un itinerario che dall’uscita dalla crisi possa portare organicamente all’attuazione progressiva di un programma sociale che risani e riprenda la prospettiva socialista di un moderno ‘welfare state’: quel laburismo, insomma, di cui in Italia, si è stati finora incapaci”. Chi invece cerca formule che vadano “al di là del socialismo e del laburismo” rischia di immalinconirsi aggrappandosi ancora ad esperienze deleterie condannate dalla storia oppure estranee ai percorsi della sinistra europea. (* cfr. L. Cafagna, “Una riflessione attuale”, in MONDOPERAIO, N.11/2011, p.66 s.) MONDOPERAIO n.6/2012, p. 92 s. www.mondoperaio.it Salvati e il centrismo >>> Nicola Zoller Dalla lettura di “Tre pezzi facili sull’Italia”(il Mulino, 2011) di Michele Salvati emerge subito una stranezza: che venga da uno degli inventori del Partito Democratico una critica tanto tenace al “centro-sinistra” (con questo termine l’autore si riferisce “a tutti i governi tra il 1963 e il 1993”) considerato una “fase non felice della nostra vita pubblica”; mentre la precedente stagione “centrista” tra il 1947 e gli anni ’50 – ad avviso del nostro autore – “fece le scelte giuste”. Il prof. Salvati è uno studioso poliedrico con una formazione politica progressista. Ma nei giudizi appena menzionati credo che prevalga assai la sua visione da economista: poco importa se le scelte siano state a beneficio o meno delle fasce sociali popolari e “di sinistra”, importa piuttosto la loro “coerenza”. Con il centrismo “una maggioranza ‘di sistema’ per governare democraticamente fu sempre disponibile: una maggioranza che fu anche programmaticamente efficace e ideologicamente coerente”. Diversa la situazione con l’avvento del centro-sinistra: con l’ingresso in campo governativo del Psi, aumentarono le “incoerenze” dal punto di vista ideologico, programmatico e anche nella “spartizione del potere”. Questa “incoerenza” è originata dalla nostra democrazia incompiuta, dalla impossibilità – fin dai tempi del “trasformismo” di Depretis-Minghetti – di una alternativa tra maggioranze diverse, ma entrambe abilitate a governare. Nel secondo dopoguerra il Pci era considerato un partito antisistema, inabilitato dunque a governare, per cui – venuta meno la “tenuta” politico-elettorale del centrismo – l’unica alternativa realizzabile era “allargare a sinistra” il perimetro della coalizione centrista. Ed ecco il centro-sinistra: ma qui arriva in campo non un partitino, ma un Partito socialista con tanto di tradizione e di peso politico che diede stura alle menzionate “incoerenze”. Ora non è che il centro-sinistra sia privo di meriti. Ha scritto uno dei maggiori storici economici internazionali che l’Italia possa annoverare, il prof. Carlo M. Cipolla: "Il bilancio economico del quarantennio postbellico è, in termini quantitativi, a dir poco lusinghiero. Certo, nulla di simile era stato - anche lontanamente - nelle speranze dei padri della repubblica. Un reddito nazionale cresciuto di circa cinque volte dal 1950 al 1990 colloca l'Italia fra i paesi a più elevato tenore di vita nel mondo". Anche Salvati – beninteso – cita meriti analoghi: come quando “l’allora primo ministro Bettino Craxi poté annunciare che l’Italia aveva superato la Gran Bretagna in termini di reddito pro capite”! E commenta: “… certo non aveva superato la Gran Bretagna in termini di civiltà e qualità democratica. Ma per un paese che aveva attraversato vent’anni di dittatura, che era uscito da una vergognosa sconfitta bellica in una situazione economica e civile disastrosa, raggiungere quel risultato in condizioni di democrazia fu un evento in cui nessuno avrebbe osato sperare, quando questa tappa della nostra cavalcata si mise in moto”. Eppure per Salvati è comunque sul “lungo centro-sinistra” che si concentrano le responsabilità della crisi presente, soprattutto per l’accumulo estremo del debito pubblico. In verità possiamo rilevare che nel ventennio successivo al 1992 – dopo che con l’operazione “Mani pulite” si pose fine al “centro-sinistra” storico – il debito pubblico è lievitato grandemente: dai dati ufficiali della Banca d’Italia risulta che “nel 1992 il debito pubblico italiano era complessivamente di 795 miliardi di euro; nel 2011 è salito fino a 1.931 miliardi; anche rapportandolo al Pil, il debito che era circa l’85%, è arrivato al 120%”. Dunque – seguendo il filo del discorso del prof. Salvati – anche i governi succedutisi dopo il 1992 devono essere stati afflitti dal problema della “incoerenza” nella loro composizione e programmazione, probabilmente in misura ben maggiore dei governi delle fasi precedenti, se consideriamo il discorso della “coerenza” come una significativa chiave di lettura per risalire alle fonti del debito pubblico. Poteva esserci una storia diversa, con governi più “coerenti”? Per Salvati effettivamente dagli anni ‘90 “le cose potevano andare diversamente: poteva essere Mario Segni il leader di un grande partito cattolico e liberale di centro-destra, ma il grosso della leadership democristiana non era di centro-destra e neppure liberale. E il Pci poteva riconoscere la vittoria storica dei socialisti e ricostruire con loro un partito socialdemocratico: ma il ‘duello a sinistra’ aveva scavato un solco troppo profondo tra le due leadership. Se le cose fossero andate così, oggiAggiungi un appuntamento per oggi avremmo un grande partito moderato, di origine prevalentemente democristiana, e un grande partito socialdemocratico di origine socialista e comunista. Saremmo in un sistema politico normale, con partiti normali. La storia, com’è noto, non si fa con i ‘se’, e la sua capacità di spiazzare chi cerca di prevederla è ben nota”. Vien qui da chiedere: ma quali e quante forze hanno “aiutato” la storia a spiazzarci? In tutti i “Tre pezzi” Salvati si chiede come sia potuto scoppiare “nel 1992 il fenomeno popolare e giudiziario di Mani pulite” portando “a un esito che solitamente si associa a traumi ben più gravi, a guerre e rivoluzioni: la scomparsa dei due grandi partiti governativi dei 30 anni precedenti, un fatto unico in Europa”. Proviamo a chiedere noi a questo punto: è tutta una anomalia originata dalle tare della prima Repubblica oppure è stato concertato ed attuato un cruento cambiamento politico fuori dalle procedure democratiche normali? E dicesi “cruento” perché, come insegna la scienza politica, nel mondo occidentale la liberaldemocrazia è stata inventata e praticata fondamentalmente per addivenire alla sostituzione dei governi e della maggioranze per via pacifica, non “manu militari”. Insomma – come sostiene Salvati – solo “traumi ben più gravi come guerre e rivoluzioni” potevano “far fuori” due grandi partiti, “fatto unico in Europa” ripetiamo. Gli storici nel prossimo futuro si esprimeranno molto meglio sul punto, indicando compitamente cause remote, prossime e scatenanti. Ma chi a cavallo degli anni 2000 ha scritto su giornali e libri di “golpe mediatico-giudiziario” troverà probabilmente molti punti di sostegno. Come spiegarsi altrimenti il fatto che il proprietario del gruppo editoriale “Espresso-la Repubblica” Carlo De Benedetti abbia potuto affermare in un libro edito ad inizio 2012 “Eutanasia di un potere” (Laterza) che nell’operazione Mani pulite “sia Borrelli che D’Ambrosio (capo e vicecapo della Procura di Milano) volevano distruggere un sistema di potere, non tutti i partiti”? In quel “non tutti i partiti” è riposta l’intera questione, anche perché De Benedetti fa rientrare esplicitamente gli eredi del Pci nella categoria dei “salvati”. D’altronde come spiegare diversamente il fatto che il magistrato Di Pietro sia stato eletto – dopo aver “finito” il suo lavoro di magistrato inquirente a 44 anni – nello storico collegio comunista del Mugello, e che il medesimo magistrato abbia poi trovato continua sponda politica fra gli ex-Pci, fino all’apparentamento elettorale accordatogli nel 2008 dall’on. Veltroni (nb: al proposito Pierluigi Battista in un editoriale del 1 marzo 2012 domanda perplesso come possa essere accaduto alla sinistra di accogliere tra le sue braccia un uomo della destra “law and order” e “tutti in galera”…)? E come si spiega l’elezione parlamentare del procuratore D’Ambrosio nelle file dei Ds e poi del Pd? E la stucchevole fotografia apparsa sui giornali del 15 novembre 2010 che ritrae un sorridente dottor Borrelli intento a votare per le elezioni primarie che lanciarono la candidatura del futuro sindaco Pisapia? Abbiamo citato tre casi e ci domandiamo se anch’essi in Europa siano o no dei “fatti unici”, prodottisi – tra l’altro – ai margini di una dichiarata lotta alla corruzione dall’esito controproducente: accanto agli effetti che determinarono il collasso dei partiti democratici del centro-sinistra storico – si generò infatti un altro effetto parimenti deleterio, che testimonia come l’operazione “Mani pulite” degli anni ’90 abbia assunto un intento più “politico-mediatico” per eliminare determinati partiti anziché un intento volto a migliorare la situazione della giustizia italiana, tanto che, su quest’ultimo piano, si è creato l’effetto opposto, a dimostrazione che la corruzione non originava necessariamente dai partiti fatti decadere: è il giurista Michele Ainis che ci ricorda con plastica efficacia che “all’alba degli anni ’90 la classifica di Trasparency International – l’Associazione che misura l’indice di percezione della corruzione, partendo dai Paesi migliori – situava l’Italia al 33° posto nel mondo; nel 2011 siamo precipitati alla 69.a posizione…” Concluderei con un altro “fatto unico in Europa”. Sul Corriere della Sera del 15 febbraio 2012 appare un articolo di Paolo Franchi intitolato “La parola ‘socialista’ che divide il Pd”. Lì si riferisce che Eugenio Scalfari – influente fondatore del giornale la Repubblica – abbia chiesto al segretario Bersani se il Pd stava per caso pensando di presentarsi come una forza socialdemocratica sullo “schema del socialismo europeo”: in tal caso non l’avrebbe mai più sostenuto. Eppure è proprio questa – come abbiamo visto – una delle vere anomalie italiane: che non ci possa essere un’alternativa “socialdemocratica” al centro-destra, come avviene in tante democrazie europee. Grande – secondo Salvati – è la responsabilità della sinistra italiana “dove, fino alla fine degli anni Ottanta, furono prevalenti orientamenti culturali difficilmente spendibili per un moderno riformismo”. Il Pci fu il capofila di tale e tanta arretratezza, ma anche il Psi “ancorché staccatosi dall’alleanza col Pci nei primi anni ’60, ci mise molto tempo ad acquisire orientamenti di socialismo liberale: bisognerà - conclude Salvati - aspettare Craxi e la fine degli anni ‘70”. Ma poi vennero “le lotte di potere” e “Tangentopoli” a stroncare le possibilità innovative del nuovo corso socialista. Eppure è dalla prospettiva socialista riformista che può ripartire la sinistra. Luciano Cafagna, un grande intellettuale recentemente scomparso, ha avuto comunque modo – prima di lasciarci – di commentare su “Mondoperaio” del novembre 2011 il libro di Salvati. M. Salvati, Tre pezzi facili sull’Italia, il Mulino, 2011, € 14.00. @@@@@@@@@@@@@@@ Preghiamo gentilmente i nostri lettori di scrivere una e-mail a n.zoller@trentinoweb.it con il semplice oggetto "CANCELLAMI" se le nostre "info" risultano indesiderate. Grazie per la cortese paziente attenzione. torna in alto |