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INFO SOCIALISTA 19 marzo 2012 -a cura di n.zoller@trentinoweb.it tel. 338-2422592Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it / www.socialisti.bz.it Sito nazionale PSI: www.partitosocialista.it Quindicinale - Anno IX 1.Un Libro per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges) o Autore: Alessandro ORSINI o Titolo: “Gramsci e Turati - Le due sinistre” - Editore Rubbettino Editore, 2011 Lo scrittore ROBERTO SAVIANO commenta il libro in questo articolo pubblicato da “la Repubblica” col titolo "ELOGIO DEI RIFORMISTI", che ora puoi leggere in: http://www.partitosocialista.it/Portals/PartitoSocialista/Documents/RassegnaStampa/Saviano_Repubblica2802812.pdf SCHEDA DI LETTURA:Che cosa significa essere di sinistra? Questo libro si propone di ricostruire i modelli pedagogici alla base delle due principali culture politiche della sinistra, rappresentate da Gramsci e da Turati. Mentre moriva in esilio, Filippo Turati era descritto da Palmiro Togliatti come un uomo spregevole. La sua figura, ricoperta di discredito, è rimasta nell’ombra. Antonio Gramsci, invece, è stato celebrato come uno dei padri nobili della sinistra democratica italiana. La sua riflessione è stata paragonata da Benedetto Croce a un messaggio pedagogico universale di amore e di comprensione verso le ragioni degli avversari. La documentazione esistente è in grado di confermare il giudizio del senso comune e della storiografia dominante? Gramsci educò a rispettare o a disprezzare gli avversari politici? È stato un teorico della pedagogia della tolleranza o dell’intolleranza? Ha tessuto l’elogio dell’ascolto o dell’insulto? E Turati? È stato davvero uno “zero” in fatto di teoria politica, come scrisse Togliatti? Attraverso il metodo dell’analisi culturale comparata, l’autore esplora l’intera opera gramsciana, ponendo a confronto il progetto educativo dei riformisti con quello dei rivoluzionari. @@@@@@@@@@@@@@@ 2. L’AUTONOMIA E L’INNO AL TRENTINO -di Nicola Zoller giornale “Trentino” del 18 marzo 2012 Una delle cose singolarmente significative della “manifestazione per l’autonomia trentina” svoltasi a Trento sabato 10 marzo 2012 è l’aver sentito risuonare “L’ Inno al Trentino”, un canto tanto disconosciuto dalle posizioni più retrive dell’autonomismo locale, quando invece rappresenta un longevo “inno” alla tenacia delle genti trentine e alle bellezze della nostra terra. Era stato scritto da Ernesta Bittanti, moglie e compagna nell’impegno civile di Cesare Battisti, il dirigente socialista che all’ autonomia del Trentino dedicò tanta parte della sua vita: “Combattendo per l’Autonomia – scrisse all’inizio del ‘900 – sappiamo di avvicinare il giorno dell’emancipazione dei lavoratori”. Le parole della Bittanti meritano di essere riproposte e di risuonare ancora, come lo furono nel passato quando – dopo essere state musicate dal maestro Guglielmo Bussoli, direttore del Corpo Musicale “Città di Trento” – vennero portate su tantissime piazze del Trentino dalle nostre bande musicali, come ora è stato fatto dal maestro Michele Cont, attuale direttore della Banda sociale di Trento. Eccole: “Si slancian nel cielo le guglie dentate,discendono dolci le verdi vallate. Profumano paschi, biancheggian olivi, esultan le messi, le viti sui clivi./ Puro bianco di cime nevose, soave olezzo di vividi fior, rosseggianti su coste selvose, dolce festa di vaghi color./ Un popol tenace produce la terra, che indomiti sensi nel cuore riserba. Italico cuore, Italica mente, Italica lingua qui parla la gente./ Puro bianco di cime nevose, soave olezzo di vividi fior, rosseggianti su coste selvose,dolce festa di vaghi color./ Custode fedele di sante memorie, che porti nel core sconfitte e vittorie. Impavido veglia al valico alpino,o gemma dell'Alpe, o amato Trentino./ Puro bianco di cime nevose, soave olezzo di vividi fior, rosseggianti su coste selvose, dolce festa di vaghi color. Era il 28 giugno 1911, quando il giornale di Trento “Il Popolo” pubblicò queste parole che ancor oggi ci appartengono e ci commuovono. @@@@@@@@@@@@@@@ Servono scelte coraggiose per uscire dalla crisi guardando al futuro 3. PER UN SINDACATO RIFORMISTA, né con Vendola, né con Sacconi di Enzo Ceremigna e Silvano Miniati Dopo la positiva collaborazione che portò all’organizzazione di una giornata di riflessione sui temi della previdenza e, più in generale, del Welfare, in occasione della festa socialista di Bologna (settembre 2011), abbiamo deciso, come dipartimento Welfare e sindacato del Psi, Fondazione B. Buozzi e Network sinistra riformista di dare vita ad una nuova iniziativa unitaria destinata a durare nel tempo. Riteniamo, infatti, necessario un impegno teso a riproporre all’attenzione di tutti una valutazione sull’incidenza che le posizioni di ispirazione socialista e laica hanno avuto nel movimento sindacale italiano dalla liberazione in avanti. Nel fare questo non siamo mossi da nostalgia né da reducismo. Ci anima, invece, la consapevolezza che la crisi che investe attualmente il sindacato non sarà affatto passeggera come non lo è e non lo sarà quella che sta investendo da tempo tutti i soggetti della rappresentanza collettiva. Quello che sta succedendo in Confindustria, ma per certi versi anche in Rete imprese e nello stesso Terzo settore, dovrebbe farci riflettere. Riflettere a partire dalla presa d’atto che ormai non si fa più in tempo ad affermare che niente sarà più come prima che basta guardarsi intorno per prendere atto che già molte cose sono radicalmente cambiate. Pensare di cavarsela come spesso avviene, individuando colpe soltanto all’esterno e quindi da attribuire ad altri non porta davvero lontano. La nostra scelta nasce proprio dalla convinzione che nel sindacato pesi in modo sempre più forte l’assenza del pensiero socialista riformista e di un’azione concreta ad esso ispirata. Il vuoto creato da questa assenza rischia di favorire l’acuirsi delle divisioni e quello che è peggio di offrire termini di confronto completamente falsati. Uscire dalla crisi richiede scelte coraggiose. Non c’è però niente di coraggioso nell’accettare o assecondare l’ipotesi che la scelta sia, per dirla in modo schematico, tra Vendola e Sacconi o, se si preferisce, tra Landini e Bonanni. Far prevalere la logica dei muscoli è molto pericoloso, perché permette a Landini di rifugiarsi in Val di Susa, in nome anche di una lotta per l’ambiente che viene immediatamente dimenticato quando si parla di Taranto o di altri siti, che meriterebbero davvero maggiore attenzione e, sul lato opposto, incoraggia Bonanni a proseguire in una sterile polemica tutta puntata sui limiti e le debolezze della Cgil. Un ritorno in campo del pensiero socialista riformista servirebbe a rendere finalmente esplicito un dato che non sempre emerge con chiarezza; la stragrande maggioranza dei lavoratori vogliono un sindacato che sia capace di una sua proposta di società per il futuro, che parta dalla lotta contro le disuguaglianze e assuma il lavoro come diritto di tutti, il che significa che se il lavoro disponibile è scarso va equamente ripartito e che se c’è un eccesso di garanzie per qualcuno, anche esse vanno ripartite a vantaggio di tutti. Significa prendere atto che quella del sindacato indipendente è un’ipotesi del tutto campata in aria e del tutto impraticabile e che serve invece un sindacato autonomo dai partiti e dai governi capace di riscoprire il valore della elaborazione e delle scelte collettive. Solo con l’impegno collettivo è possibile evitare quella “solitudine dei leader” che porta poi a ritenere che sia decisivo cercare validazione nelle presenze in tv e come conseguenza favorire un confronto sempre e comunque sulle posizioni degli altri. Serve impegno collettivo per affrontare il problema del rapporto tra sindacato e politica, che non può essere affrontato solo dal lato dei costi e nell’avere chiaro, essendo ormai scontato che il nostro destino si gioca sempre più a livello europeo, che dobbiamo finalmente chiederci se il sindacato europeo, la Ces, sia o no adeguato per affrontare un decennio che sarà sì di lacrime e sangue, ma sarà anche decisivo per delineare i connotati dell’Europa del futuro. Che non si possa discutere seriamente del ‘dove andare’ se non si ha consapevolezza del ‘da dove veniamo’, ne siamo da sempre convinti. Quello che è mancato negli ultimi anni è stata la capacità di ripensare seriamente alcuni momenti della nostra storia nel sindacato e di quella del sindacato stesso, sia per denunciarne gli errori sia, però, anche per rivalutarne apertamente i meriti. Riteniamo che a partire dal Piano del lavoro della Cgil, per risalire via via alla programmazione democratica del primo centro sinistra, allo statuto dei lavoratori, alla concertazione e politica dei redditi, al referendum sulla scala mobile e alle battaglie sul fisco, in particolare quella della Uil, una riflessione seria farebbe emergere l’originalità sia nell’approccio ai problemi sia nelle proposte che caratterizzarono l’impegno dei socialisti e dei laici. Chiariamo, una volta per tutte, che quando parliamo di socialisti e di laici ci riferiamo a persone e posizioni interne a tutte e tre le confederazioni e lo facciamo perché siamo convinti che il nostro progetto per avere successo deve poter contare sul contributo di chi quelle esperienze le ha vissute direttamente e non solo dei tanti giovani e meno giovani, che pur non avendole vissute sono consapevoli che discutendole in modo serio se ne possano ricavare indicazioni utili per il futuro. Quando parliamo di socialisti e di laici abbiamo ben presente la differenza esistente tra l’esperienza Uil, dove socialisti, repubblicani, socialdemocratici si riconoscevano in correnti organizzate, quella Cgil, dove le correnti erano due, quella comunista e quella socialista, con l’aggiunta di una etichetta “indipendenti” che ogni tanto veniva usata da chi, anche con intento polemico, intendeva chiarire di non essere né del Psi né del Pci, quella infine della Cisl, dove non sono mai esistite ufficialmente correnti politiche, ma dove i socialisti, a partire da Pierre Carniti, per citarne uno per tutti, hanno avuto un ruolo in certi momenti decisivo. Oggi, il panorama sembra essersi abbastanza uniformato. Le correnti, come le abbiamo vissute in passato, non esistono più e si procede teoricamente per aggregazioni, che si realizzano sui contenuti e danno vita a maggioranze e minoranze. Il che ci pone il problema di riflettere se le articolazioni attuali rendono il sindacato più democratico o meno rispetto al passato e se, soprattutto nella scelta dei gruppi dirigenti, si sia davvero superato o ridotto il metodo delle cooptazioni. Nell’avviare questo nuovo progetto abbiamo due punti fermi che riteniamo di rendere espliciti. Noi siamo decisamente per l’unità sindacale e non solo perché abbiamo presenti i guasti prodotti dalle divisioni degli ultimi anni, che oltretutto hanno fornito una prova lampante di come un sindacato diviso sia molto più permeabile alle influenze dei partiti e dei governi. Abbiamo chiarissimo che la scelta dei dirigenti compete esclusivamente agli iscritti e che quindi la nostra azione futura dovrà essere mirata soltanto a ridare forza e valore al pensiero socialista nel sindacato, escludendo ogni uso del ricorso a questa esigenza per influenzare la scelta dei gruppi dirigenti. Sappiamo di intraprendere un cammino molto complicato e di essere portatori di tantissime speranze e di nessuna certezza, ma ripensare il sindacato, guardando davvero al futuro, merita comunque questo rischio, nella speranza che chi condivide questa esigenza e questa ipotesi di lavoro trovi il modo di rispondere positivamente al nostro provocatorio “Noi ci proviamo! E tu? @@@@@@@@@@@@@@@ Preghiamo gentilmente i nostri lettori di scrivere una e-mail a n.zoller@trentinoweb.it con il semplice oggetto "CANCELLAMI" se le nostre "info" risultano indesiderate. Grazie per la cortese paziente attenzione torna in alto |