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Finita la diaspora
5.12.2011


Trento/Bolzano, 5 dicembre 2011 -Sommario info:

o Un LIBRO per cominciare: “OLOF PALME – vita e assassinio di un socialista europeo” (recensione di N.Zoller al libro di A.GARZIA nel 25° anniversario della morte di Palme,in MONDOPERAIO n.10-2011)

o CONGRESSO PSI- NENCINI: LA DIASPORA E' FINITA, NASCE CONVENZIONE LIBERALSOCIALISTA

o MONDOPERAIO, rivista mensile fondata da Pietro Nenni, Sommario n.11/2011

INFO SOCIALISTA 5 dicembre 2011 -a cura di n.zoller@trentinoweb.it tel. 338-2422592Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it / www.socialisti.bz.it Sito nazionale PSI: www.partitosocialista.it Quindicinale - Anno VIII

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INFO SOCIALISTA 5 novembre 2011
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o Un LIBRO per cominciare: “OLOF PALME – vita e assassinio di un socialista europeo” (recensione di N.Zoller al libro di A.GARZIA nel 25° anniversario della morte di Palme,in MONDOPERAIO n.10-2011)

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Un LIBRO per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges)

- Autore: Aldo GARZIA
- Titolo: “Olof Palme – vita e assassinio di un socialista europeo”
- Ed. RIUNITI, Roma, 2007


NEL 25° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI OLOF PALME, LA RIVISTA "MONDOPERAIO" HA PUBBLICATO QUESTA RECENSIONE:

"PALME:IL CORAGGIO DELL'INCOMPIUTO"
Mondoperaio, n.10/2011, p. 92


-di Nicola Zoller



“La politica è desiderare qualcosa… Il nostro obiettivo è liberarci il più possibile dalla pressione delle circostanze esterne, dando la libertà a ciascuna persona di sviluppare se stessa secondo le proprie peculiarità e i propri desideri”. Lo svedese Olof Palme (1927-1986) al Congresso dei giovani socialdemocratici del maggio 1974 ripete con queste parole il suo orientamento socialista libertario, che ha già segnato da decenni il suo impegno politico e che ne farà per sempre uno dei leader più autorevoli e amati del XX secolo.
Palme – come spiega Aldo Garzia in “Olof Palme – vita e assassinio di un socialista europeo”, Editori Riuniti, Roma, 2007 - è un fiero anticomunista e considera la socialdemocrazia come “l’unica alternativa ai regimi autoritari dell’Est europeo”; ma è parimenti un tenace critico del capitalismo di marca politica Usa. Egli interpreterà al meglio la classica posizione “neutrale” della Svezia sulla scena internazionale. Ciò non vorrà mai dire indifferenza nelle opinioni politiche: l’opposizione alla guerra nel Vietnam, al franchismo in Spagna, ai colonnelli greci, all’invasione di Praga nel ’68 e alla repressione nei Paesi dell’orbita sovietica, il suo impegno sui temi della sicurezza mondiale e sul disarmo, la sua solidarietà operosa coi Paesi del terzo e quarto mondo… tutto questo è contrassegnato da un unico principio: “L’aspirazione alla libertà e all’indipendenza dei popoli non può essere repressa con la forza”. Lascerà tuttavia una porta aperta alla linea del “disgelo” per provare ad incrinare per questa via i regimi dell’est europeo e cubano: al suo pacifismo attivo non risulterà congeniale “l’equilibrio del terrore” fatto di dissuasioni a suon di missili contrapposti e riarmi nucleari; preferirà la via del confronto per costruire una comune politica di sicurezza.
Sul versante fondamentale della dottrina economica, Palme sostiene che “il socialismo democratico è essenzialmente un movimento di liberazione che ha il fine di rendere meno ossessivo il rapporto tra gli individui e la proprietà”. Per questo ci vuole una “società forte”, che renda stabili le conquiste del Welfare, dello Stato sociale: tutti gli individui saranno più liberi se l’accesso all’istruzione e alla formazione sarà garantito costantemente, se l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro sarà stabile, se sarà assicurata ai cittadini una possibilità di uguaglianza anche nei consumi. E’ un riformismo esigente quello dei socialisti svedesi, e tutta l’opera di Palme attinge alla fonti della sua formazione: che parte dall’abbandono della tradizionale idea marxista della statalizzazione dei mezzi di produzione, per puntare piuttosto a “regolare” i meccanismi spontanei del mercato capitalistico ai fini di una più equa ripartizione dei benefici prodotti dall’economia. Ne derivano: una politica per la piena occupazione, un sistema fiscale con prelievo proporzionale ai redditi e tale da ridistribuire la ricchezza sociale (“che senso ha ridurre le tasse – come propone la destra – se poi si devono ridurre le garanzie sociali e la qualità dei servizi?”), un diffuso sistema pensionistico, un rafforzamento dell’assistenza sanitaria pubblica, un forte investimento nel patrimonio edilizio, un’istruzione di massa che punti via via ad alzare gli anni dell’obbligo scolastico.
Ma c’è poi uno scatto in avanti ulteriore negli anni ’80, dopo la straordinaria vittoria elettorale del 1982: Palme, con il piano Meidner, ritiene di dover aprire la fase della democratizzazione dell’economia, spostando i profitti dagli azionisti privati ai lavoratori dipendenti: non si punta ad abolire il profitto – che si determina solo in una efficiente organizzazione capitalistica – ma si interviene sulla sua destinazione favorendo con ciò l’interesse dei lavoratori alla crescita della produttività oltre che alla contemporanea crescita dell’occupazione. Quella svedese è la più riuscita azione proposta nella storia dalla sinistra per il controllo democratico della proprietà privata e dei profitti, senza calpestare i diritti individuali. Il modello svedese infatti coniuga la libertà di iniziativa privata e l’efficienza economica del sistema con la partecipazione di tutti i lavoratori alle decisioni delle imprese. Dirà Palme al Congresso socialdemocratico del 1984:
“ Noi non intendiamo forzare dall’alto quelli che sono i sogni e le aspirazioni individuali di ognuno. Già la storia si è incaricata di dirci cosa è accaduto nei sistemi ideologici in cui sono stati calpestati i diritti individuali. Noi lavoriamo semplicemente per una società che sostituisca ai valori della competizione e del conflitto quelli della coesione sociale e della solidarietà”.
Purtroppo la competizione insita nei fenomeni di globalizzazione dell’economia a partire dalla fine degli anni ’80 renderà difficile praticare una “via svedese” su scala almeno europea: ma non farà venir meno il suo potente fascino per tutti i progressisti. E resteranno un lascito per il mondo del XXI secolo le accorate parole di Olof Palme in fiera difesa degli spazi democratici contro l’invadenza dei mezzi tecnici e degli apparati burocratici non espressi e non controllati dai popoli: “Esiste una grande inquietudine rispetto al fatto che la razionalità e l’efficienza possano tramutarsi in un valore in sé, ponendo l’uomo in secondo piano rispetto alla tecnica e alla burocrazia. Noi socialdemocratici sapremo dare una risposta a queste inquietudini”.
Non chiudo questo “memento” dedicato a Palme senza segnalare almeno un aspetto problematico: la Svezia dal 1544 è diventata “un regno evangelico” fortemente influenzato dalla Riforma di Lutero; si è andato così instaurando “un eccesso di rapporto tra Stato e Chiesa protestante”, che ha irrigidito - se non piegato - l’etica pubblica dentro una logica religiosa. D’altra parte i socialdemocratici erano riusciti a radicarsi nelle città e in campagna anche favoriti dalla sensibilità per le questioni sociali manifestata dalla chiesa evangelica, che aiutava la nascita delle cooperative, ma promuoveva pure “movimenti popolari contro l’alcolismo”, pronti a procedere con mezzi non proprio sottili per stroncare le “devianze” sociali. L’ottica del bene “comunitario” poteva da un lato sviluppare l’idea positiva che “la libertà individuale non può portare all’autodistruzione e che la collettività deve farsi carico anche del destino dei singoli”; ma poteva anche contenere una forma di ingerenza grave nella sfera delle persone. C’è una più generale “linea d’ombra” che fino agli anni ’70 del Novecento incombe sulla legislazione svedese, ritenendo lecito intervenire sui comportamenti individuali considerati devianti di alcolisti, immigrati, persone con disturbi mentali… Da qui sono venuti avanti leggi su sterilizzazione, aborto e castrazione, con la convinzione che tra gli obiettivi del Welfare – oltre alla piena occupazione e alla qualità della vita – rientrasse anche quello di agire sul “cittadino nuovo” eliminando le tare genetiche di alcune fasce della popolazione. Questa incombenza onnivora dello Stato sul cittadino ha fatto correre più di un rischio grave alla politica socialdemocratica che Olof Palme ha provato a correggere: il suo governo nel 1975 , per esempio, ha fatto decadere tutte le norme che regolavano l’eugenetica. Ma sale in noi un forte gusto amaro nel dover commentare questi aspetti illiberali di una grande politica sociale.
Ci solleva enormemente invece rileggere nel carteggio tra Palme, il leader socialista tedesco Willy Brandt e quello austriaco Bruno Kreisky (pubblicato in Italia dall’editore Lerici con il titolo “Quale socialismo per l’Europa?”) un mite e nel contempo fiero riferimento al “coraggio dell’incompiuto” che deve accompagnare la politica socialdemocratica. Chi non ha questo coraggio rischia - da un lato – di spaventarsi solo ad iniziare l’attuazione di un programma politico e di non avere la forza di fare almeno con serietà il possibile pur dovendosi confrontare con una realtà che cambia in continuazione. Ma d’altro lato, ci vuole anche il coraggio di accettare i nostri limiti e quelli della politica: chi vuole puntare al massimo finisce per coltivare una visione totalizzante dello Stato, come quella che - ad esempio - ha portato al totalitarismo della politica comunista.
Sì, ci resterà nel cuore questo “elogio dell’incompiuto”. Anche l’opera infaticabile di Olof Palme si è fermata “incompiuta” quella sera del 28 febbraio 1986. Sentendosi tranquillo “in un Paese tollerante e democratico come la Svezia”, Palme - senza scorta - stava passeggiando con la moglie per le vie di Stoccolma quando venne colpito a morte da tre colpi di pistola. Aveva appena compiuto 59 anni.
***
Centoventicinque Paesi del mondo – assieme a molte istituzioni internazionali, partiti di sinistra e movimenti di liberazione del Terzo mondo - manderanno i propri rappresentanti per l’estremo saluto a Olof Palme. Viene rivelato un ultimo fraterno gesto gentile: “Per l’Italia è presente Bettino Craxi nella veste di presidente del Consiglio e di segretario del Partito socialista: è l’unico capo di governo – annota l’autore Garzia – che va in via Sveavägen a deporre un mazzo di rose rosse sul luogo dove è stato ucciso Palme”.



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CONGRESSO PSI- NENCINI: LA DIASPORA E' FINITA, NASCE CONVENZIONE LIBERALSOCIALISTA


Una convenzione nazionale liberalsocialista di cui faranno parte i partiti, i movimenti e i pezzi della società civile che si riconoscono nella cultura laica e riformista.
Ad annunciarne la nascita il segretario nazionale del PSI, Riccardo Nencini, durante la relazione conclusiva all'assemblea congressuale del partito a Fiuggi. Sarà strutturata come un parlamento, spiega il segretario, sarà formata da 150 persone (un terzo elette, un terzo indicate dai partiti, un terzo espressione delle professioni e della società civile) e si riunirà una volta al mese, da oggi alle elezioni, in giro per l'Italia.
Chiudendo i lavori, Nencini ha ribadito le linee guida dell'azione socialista: equità, riforme istituzionali, con l'elezione diretta del Capo dello Stato, e attenzione alle “tante apartheid dei diritti che ci sono in Italia, prima fra tutte quella che investe oltre tre milioni di giovani precari”.
Sulla manovra, in attesa del testo definitivo, Nencini ha ribadito che “se sarà nei termini presentati da Monti ai partiti e alle parti sociali, difficilmente i socialisti la voteranno, perché manca del tutto l'equità: pagheranno i soliti noti e saranno colpiti i cittadini più deboli, quelli che ad esempio hanno nella casa il loro unico salvadanaio”.
Emergono intanto i numeri del congresso socialista, con 1850 presenze registrate e l'adesione di importanti personalità come Beppino Englaro e Mariella Magi Dionisi, presidente dell'associazione 'Memoria dei caduti per fatti di terrorismo delle forze dell'ordine e dei magistrati'.
Infine, Nencini ha rivolto un appello all'unità di tutti ai socialisti: “Con la fine della missione berlusconiana – ha detto – non c'è più alcuna ragione che colleghi la storia dei socialisti a quella vicenda politica. La diaspora è finita e chi in questi anni ha fatto scelte diverse non ha più giustificazioni per stare accanto a Comunione e Liberazione e ai rigurgiti fascisti. Il 2012 sarà il centoventesimo anno dalla fondazione del PSI: il momento buono per tornare a casa”.

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novembre 2011 - n.11

editoriale
Luigi Covatta Bipolarismi

taccuino
Riccardo Nencini- L’Italia della crisi
Edoardo Pett-i Se la Corte dice sì
Pier Giovanni Guzzo- Archeologia e numismatica
Domenico Ambrosino- Il governo distratto
Giuseppe Lavalle- La crisi e la sussidiarietà
Enrico Catassi- Socialismo realizzato

dossier/la crisi dell’euro

Giuliano Amato- Il precedente del ‘92
Antonio Funiciello -L’asse Roma-Francoforte
Paolo Sylos Labini- Libertà di licenziare per salvare l’occupazione
Giuseppe Pennisi- Il guado insidioso
Giulio Sapelli- Prodi, Berlusconi e il debito
Pietro Ichino- Sindacato in conflitto di interesse
Gianpiero Magnani- Anatomia di un disastro
Domenico Argondizzo- I furbetti del change over

dossier/autobiografia della nazione
Michele Salvati, Democrazia, crisi economica, Berlusconi
Paolo Pombeni, La terza prova dei riformisti
Luciano Cafagna, Una riflessione attuale

dossier/rossi-doria
Luigi Scoppola Iacopini, Il riformismo al tempo di De Gasperi
La riforma non è un pranzo di gala
Gilberto Marselli intervistato da Luigi Scoppola Iacopini Lavorare col Professore

mondo operaio?
Marco Preioni, Attaccarsi al tram

biblioteca/citazioni
Gennaro Acquaviva, Il duello Craxi-Berlinguer

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