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INFO SOCIALISTA 27 giugno 2011 a cura di n.zoller@trentinoweb.it - tel. 338-2422592 Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it / www.socialisti.bz.it Sito nazionale PSI: www.partitosocialista.it - Quindicinale - Anno VIII -------------------------------- o Un LIBRO per cominciare: "GIACOMO MATTEOTTI - LA VITA PER LA DEMOCRAZIA" (ricordo di N.Zoller) Dopo i Referendum 2011: o VOGLIA DI PROPORZIONALE -di Alberto Benzoni o IL "POTERE" FA I CONTI CON LA RETE - di Ugo Intini o Sommario Maggio/giugno 2011 di MONDOPERAIO, rivista mensile fondata da Pietro Nenni www.mondoperaio.it @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ Un LIBRO per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges) - Autore: Mario QUARANTA (a cura di) - Titolo: "GIACOMO MATTEOTTI - LA VITA PER LA DEMOCRAZIA" - ed.Minelliana, Rovigo Da quest'opera, le fonti per il ricordo di GIACOMO MATTEOTTI: -di Nicola Zoller AVanti della Domenica, 19 giugn0 2011, p. 1 / l'Adige, 20 giugno 2011, p.1 I socialisti trentini da tanti anni sono abituati a risalire le nostre valli per ricordare a Comasine di Peio Giacomo Matteotti, deputato socialista rapito il 10 giugno 1924 da sicari fascisti e poi assassinato. Dalla valle di Peio infatti negli anni ’30 del 1800 era sceso nel Polesine il nonno Matteo, lasciando nel Trentino, con la casa degli avi, anche un’eredità d’affetti che con il glorioso impegno fino al sacrificio di Giacomo Matteotti si è trasformata anche in una eredità politica. Venerdì 10 giugno siamo stati dunque a Comasine di Peio, mentre domenica 12 una nostra rappresentanza assieme a quella della comunità solandra è scesa a Fratta Polesine per la commemorazione sulla tomba di Matteotti alla presenza di tutti i sindaci del Polesine e del sindaco di Peio. Chi scruta anche in breve il percorso politico di Matteotti ne conserva per sempre la bella immagine di idealista concreto. Egli non è un estremista, costruisce. Ma è un uomo che di fronte alla tirannide sfida coraggiosamente la morte: per questo è stato definito “un pericoloso riformista”. Quando fu rapito stava recandosi alla Camera, dove poco tempo prima aveva tenuto un circostanziato discorso contestando i risultati delle elezioni, falsati dai brogli e dalle violenze del governo mussoliniano. Si concludeva cosi tragicamente la vita operosa di Giacomo Matteotti, socialista instancabile, fondatore di camere del lavoro, cooperative, circoli e biblioteche popolari. Dopo essere stato amministratore comunale e sindaco – impegnandosi secondo la migliore tradizione riformista a sviluppare servizi popolari, scuole, asili, vie di comunicazione tranviarie – venne eletto deputato a 34 anni nel 1919. Egli contrastò subito il primo squadrismo fascista. Si adoperò tanto attivamente in questo senso che Mussolini, assunto il potere, volle “far tacere quella voce” libera e giusta. Da allora la figura di Matteotti è diventata per tutti il simbolo della lotta per la libertà. Anche nella nostra regione questo simbolo ha trovato tanti sostenitori. La sua figura è stata collegata a quella di un altro grande socialista, il trentino Cesare Battisti, e questo collegamento trova uno speciale significato nel 150° compleanno dello stato italiano e per chi intende valorizzare in questo anniversario le tappe di un impegno per la libertà. Proprio questi due protagonisti delle lotte del primo ‘900 sono stati considerati “martiri di tutte le libertà”, come titolava – riportando una grande foto di Matteotti - il giornale regionale “La voce del popolo” il 12 luglio 1924, anniversario dell’uccisione di Cesare Battisti sul patibolo austriaco. Questo richiamo a “tutte le libertà” avveniva specialmente ad opera del filone più militante dell’antifascismo trentino che aveva anche radici nell’interventismo democratico di battistiana memoria che reputava la guerra all’Austria come l’ultima guerra risorgimentale per la libertà e l’indipendenza dei popoli dalle tirannie imperiali. Il collegamento tra le due figure è reso vivido dal noto gesto della vedova di Battisti, Ernesta Bittanti che il 22 giugno 1924 – proprio nei giorni in cui cresceva lo sgomento per la scomparsa di Matteotti – di fronte ad una adunata fascista che si svolgeva a Trento abbrunò con un velo nero il cippo di Cesare Battisti nella fossa del Castello del Buonconsiglio: ella scrisse su “Il nuovo Trentino” parole indignate contro il fascismo da cui venivano gli assassini di Matteotti, tanto da ritenere indispensabile esporre “il segno del lutto” dove il marito “subì il martirio per l’Italia”. Analogamente un anno dopo – lo ricorda lo storico A. Galante Garrone - “a Trento nel primo anniversario della morte di Matteotti un mazzo di fiori era gettato nella fossa del Castello del Buonconsiglio” lì dove Battisti era stato messo a morte “con un cartoncino che protestava contro gli oppressori”, i nuovi oppressori di marchio fascista. Certo le esperienze di Matteotti e Battisti restano diverse, in relazione soprattutto al comportamento discorde che tennero di fronte al primo conflitto mondiale. Ma come rammenta la ricerca storica di Mirko Saltori, c’era una base comune per le due personalità: “il socialismo non era stato né per Battisti né per Matteotti un’etichetta o una superficiale infatuazione, bensì un impegno costante e rigoroso, e certo nella concezione della realtà e della politica dell’uno e dell’altro vi sarà stata una larga identità di vedute”. Matteotti, come Battisti, non può essere comunque isolato nell’orbita di un’unica parte politica. E’ appunto – come già riferito – un combattente per “tutte le libertà”. Non solo i socialisti, ma anche i popolari e i repubblicani lo considerarono “uno dei più nobili difensori dei diritti del popolo”. E venendo alla nostra terra alpina, ancora commuovono le parole che l’on. Karl Tinzl dedicò a Matteotti ricordando la sua difesa degli altoatesini di lingua tedesca. Scriveva Tinzl al gruppo parlamentare socialista unitario nel giugno 1924: “L’abbiamo ammirato sempre per il suo altissimo senso ideale, la sua profonda competenza e le sue qualità di uomo e parlamentare intrepido e fedele ai suoi ideali. Gli dovevamo speciale riconoscenza per l’interesse che incontravamo sempre in lui per i diritti e problemi delle minoranze allogene”. Ecco Giacomo Matteotti, l’idealista concreto, difensore di tutte le libertà! Anche per il Trentino- Alto Adige il suo sacrificio non è stato vano e la sua opera non resta senza memoria. Nicola Zoller segretario Psi del Trentino-Alto Adige @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ IL "POTERE" FA I CONTI CON LA RETE - di Ugo Intini Avanti della Domenica, 26 giugno 2011, p. 1 E' finito il monopolio culturale e politico della tv, a cominciare da quella berlusconiana. Tutti hanno osservato che lo straordinario e imprevisto risultato elettorale si deve anche a Internet. C’è nel fenomeno un aspetto tipicamente italiano e uno ancora più importante, addirittura epocale. Quando il monopolio pubblico dei canali televisivi è terminato, Berlusconi è stato in grado di affiancarlo con un monopolio privato. Anche grazie a esso,è passato alla occupazione del potere politico e conseguentemente della televisione pubblica. La fine del monopolio statale è stata dunque la tappa storica che ha contribuito ad avviare l’egemonia culturale (culturale si fa per dire) del berlusconismo. Adesso, un’altra tappa storica si è determinata. Quasi senza che ce ne accorgessimo, Internet ha creato, soprattutto tra i giovani, una informazione televisiva incontrollabile dal potere. Così importante da acquisire a tratti essa stessa l’egemonia culturale (anche per la pochezza dei giornalisti televisivi e della carta stampata). L’ultimo esempio è tipico. Lo svillaneggiamento dei precari da parte del ministro Brunetta ha fatto poco notizia il primo giorno. Lo ha fatto il secondo: dopo che il video è stato replicato milioni di volte su Internet, la notizia è esplosa anche sui media tradizionali ed è stata commentata in prima pagina. L’apparizione di un nuovo media tanto egemone quanto incontrollabile dal potere sta contribuendo a travolgere la leadership di Berlusconi, così come ha contribuito a cancellare quella degli autocrati arabi. C’è tuttavia un aspetto, come si diceva, ancora più importante ed epocale, dalle conseguenze imprevedibili e globali. La precedente rivoluzione tecnologica (meccanica) ha consentito il rapido spostamento materiale delle cose e delle persone. Nella sua prima fase, il trasporto è stato di massa, collettivo, pianificato e controllato dall’alto. Poi, in una seconda fase, il trasporto è passato dal treno all’automobile,è diventato individuale, provocando come tale una esplosione di libertà, un cambiamento del costume e della vita quotidiana. La rivoluzione tecnologica attuale (elettronica) è basata sul rapido spostamento immateriale delle immagini e delle informazioni. Anch’essa, nella sua prima fase, si è basata su un trasporto collettivo e di massa, attraverso i canali televisivi “generalisti”. Poi, in una seconda fase, il trasporto è diventato, con Internet, individuale. L’esplosione di libertà e il cambiamento sono appena iniziati. Berlusconi sarà forse tra le prime vittime, ma si può essere certi che ci saranno altri perdenti, altri vincenti, che cambieranno il linguaggio, le forme di espressione politica e artistica, gli equilibri economici e di potere a livello mondiale. I socialisti hanno sempre capito il nuovo prima degli altri. In Italia, ad esempio, si sono battuti per le autostrade e il trasporto individuale mentre i comunisti lo demonizzavano e i cattolici lo guardavano con sospetto. Anche adesso, nel nostro piccolo, dobbiamo cercare non di seguire, ma di anticipare gli eventi. Ugo Intini @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ A 20 anni dal referendum di Segni VOGLIA DI PROPORZIONALE - di Alberto Benzoni Avanti della Domenica, 26 giugno 2011, p. 1 Proprio vent’anni fa, il 9 giugno del 1991, il referendum sulla preferenza unica avrebbe aperto un processo che avrebbe portato, a furor di popolo, all’abbattimento e della preferenza e dello stesso sistema proporzionale, visti come una delle cause del degrado politico e morale in cui era precipitata la repubblica dei partiti. Oggi, giugno 2011, parte, sempre con il suggello della società civile, la raccolta delle firme per un referendum destinato a reintrodurre e la preferenza e lo stesso sistema proporzionale (secondo una linea cui si è ispirata una precedente proposta del nostro partito). E però, il percorso di queste proposte non sarà né semplice né facile. In un contesto in cui l’atteggiamento delle forze politiche non è certo preventivamente favorevole. Anche perché l’iniziativa referendaria ha anche l’ulteriore pregio di mettere a nudo la loro generale ipocrisia; tutti ferocemente avversi al sistema attuale; tutti decisi a considerare assolutamente prioritaria la sua modifica; tutti altrettanto graniticamente restii a spiegare ai “cittadini” così spesso verbalmente onorati una qualsivoglia proposta concreta. Ma fermiamoci qui, perché qui ci interessa parlare di legge elettorale “in sé e per sé” e non dei marchingegni strumentali costruiti intorno alla medesima. Ma, proprio per restare in quest’ottica, sono necessarie alcune considerazioni introduttive. La prima ha a che fare proprio con il mutamento di segno del disegno referendario. Insomma è il caso di domandarci perché gran parte di quella società civile che vent’anni fa vedeva la proporzionale e il voto di preferenza come parte di un sistema da abbattere li riproponga oggi come elemento portante di un disegno di riforma. Ora, la gente ha cambiato parere perché sono completamente cambiate le sue priorità. Allora l’obbiettivo, garantito dall’introduzione del maggioritario a turno unico e dalla abolizione delle preferenze, era la formazione di maggioranze politiche e di governo, all’interno di un sistema bipolare libero da condizionamenti partitici e corporativi. Mentre i referendari del 2011 hanno in mente la ricostituzione del rapporto tra elettori ed eletti, attraverso la libera scelta dei secondi da parte dei primi. Dietro a tutto questo c’è, beninteso, l’esperienza di questi venti anni; a testimonianza dei limiti di qualsiasi ingegneria istituzionale. Così, il maggioritario, secco o con premio di maggioranza, ha garantito la permanenza di un bipolarismo che era comunque nell’ordine delle cose; ma non ha portato, contrariamente alle attese, né al bipartitismo né alla diminuzione del ruolo dei partiti e delle corporazioni. Mentre la qualità della classe politica scelta dall’alto, con il “mattarellum” come con il “porcellum” è progressivamente peggiorata. Rimane però il fatto che le attese sono radicalmente cambiate nel corso del tempo; che, insomma, vent’anni fa si richiedeva alla legge elettorale una cosa- il mutamento del sistema politico- mentre oggi l’aspettativa di tutti è diventata un’altra- il ristabilimento del rapporto diretto elettore-eletto (ad evitare la formazione di “caste”). Tutto ciò riflette, magari indirettamente, una verità troppo a lungo dimenticata. E cioè il fatto che i sistemi elettorali rispondono, oggettivamente, ad esigenze diverse e magari potenzialmente contraddittorie. Così, per rifarci all’esperienza italiana, la prima repubblica privilegiava sopra ogni altro l’obbiettivo della rappresentanza, e della rappresentanza più equa possibile delle sensibilità esistenti nel paese; mentre la seconda ha posto al centro il problema della consistenza e della coesione delle maggioranze di governo; in una prospettiva bipolare-bipartitica. Oggi, infine, è all’ordine del giorno il problema della legittimazione, attraverso il controllo dal basso, della classe politica. Ora, come i vari sistemi - il proporzionale nelle sue varie versioni, l’uninominale a due turni, modello francese, l’uninominale secco, modello Westminster - hanno risposto a queste attese? Un primo rapido esame ci suggerisce di scartare l’uninominale secco, pur tanto caro ai radicali ed agli ammiratori del modello anglosassone; ma che si pretenderebbe di introdurre in un contesto di radicato e insopprimibile pluripartitismo. In un simile ambiente, il “mattarellum”, che contraddiceva espressamente al principio della rappresentanza, ha portato a maggioranze parlamentari certo consistenti, ma tutt’altro che coese mentre la regola della designazione da parte dei dirigenti centrali dei vari partiti dei candidati nei vari collegi ha portato alla formazione di una classe politica “dipendente” che non aveva, né si curava di avere, alcun rapporto con il territorio. Rimangono, allora, come punti di riferimento, il proporzionale e l’uninominale a due turni. Il primo copre molto felicemente il criterio della rappresentanza; e non ostacola, di per sé, il funzionamento del bipolarismo e di maggioranze di governo alternative mentre, invece, è curiosamente carente proprio sul terreno dei corretti rapporti tra elettori ed eletti. Il secondo garantisce maggioranze forti e coese e, nel tempo, radicamenti territoriali e “fidelizzazione” dei propri elettori; ma non gli si chieda di garantire una voce a chi è “fuori”, o perché piccolo o perché “non coalizzabile”. Nulla esclude, però, che una combinazione tra i due sistemi possa dare luogo a risultati relativamente soddisfacenti per tutti. E di questo si discuterà in un prossimo articolo. Alberto Benzoni @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ MONDOPERAIO, rivista mensile fondata da Pietro Nenni www.mondoperaio.it - www.partitosocialista.it MAGGIO GIUGNO 2011 - n.5/6 editoriale -Luigi Covatta Primo maggio quintostato / i valori -Gennaro Acquaviva Il riformista fra i Dottori -Marco Biagi La dottrina immaginaria quintostato / il contesto -Pierre Carniti Capitale nomade e lavoro stanziale quintostato / i poveri -Cristiano Gori e Ugo Trivellato Il Welfare degli ultimi quintostato / gli immigrati -Nicola Savino Integrare e ripopolare -Franco Arminio Scrupolo e utopia quintostato / i precari -Gim Cassano L’uomo senza dimensione -Mario Saccone Se è il cervello a lavorare quintostato / il sindacato -Maurizio Ballistreri Coesione sociale e coesione nazionale -Modestino Verrengia Falce martello e sol dell’avvenire quintostato / DOPO MIRAFIORI: NEGOZIARE MEGLIO, NEGOZIARE TUTTI Raffaele Morese La luna e il dito Franco Lotito Il rischio del bipolarismo Giuseppe De Rita Gli interessi e le opinioni Luciano Pero Produrre meglio e faticare meno Giulio Sapelli La politica industriale dopo il dirigismo Bruno Manghi Cooperazione e partecipazione Tom De Alessandri Torino, Italia Paolo Pirani Una rottura non pretestuosa Mimmo Carrieri Regolare il pluralismo Vincenzo Scudiere Confrontarsi nel merito Pierre Carniti L’impossibile e l’improbabile Giuseppe Farina Negoziare la partecipazione Agostino Megale Un Forum per l’unità Nanni Tosco L’ordalia referendaria Silvano Miniati Buoni e cattivi Giorgio Santini Fuori dall’incertezza Walter Galbusera Patti chiari Pietro Merli Brandini Lavorare meglio, lavorare tutti Giorgio Benvenuto Uscire dalla difensiva mondo operaio? -Marco Preioni Foeura di ball cultura politica -Socialisti Europei: L’ottimismo contro la paura biblioteca / citazioni -Giulio Giorello, Il metodo liberale biblioteca / schede di lettura -Nicola Zoller Destre, sinistre e crescita -Danilo Di Matteo Il senso delle parole biblioteca / riviste -Torna Scuola democratica le immagini di questo numero 111 -Lo sguardo del manager ------------------------------------------ Abbonamento annuale € 50 Abbonamento sostenitore € 150 Versamento su c/c postale n. 87291001 Intestato a Nuova Editrice Mondoperaio srl P.za S. 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