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oINFO SOCIALISTA 30 gennaio 2011 a cura di n.zoller@trentinoweb.it - tel. 338-2422592 Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it / www.socialisti.bz.it Sito nazionale PSI: www.partitosocialista.it - Quindicinale - Anno VIII -------------------------------- o LIVORNO 1921: Noi socialisti novant’anni dopo -di Alessandro Pietracci giornale “TRENTINO”, 21 gennaio 2011, p. 1 o SULLE ORME DI BATTISTI: Perché i socialisti servono al Trentino -di Riccardo Bacchi Giornale “l’ADIGE”, 28 gennaio 2011, p.1 o LE LIBERTÀ DI OGGI NATE DALLE LOTTE RIFORMISTE: LA LEZIONE DEL 1921 -di Nicola Zoller Avanti della Domenica, 30 gennaio 2011, p.4 @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ LIVORNO 1921: Noi socialisti novant’anni dopo - di Alessandro Pietracci giornale “TRENTINO”, 21 gennaio 2011, p. 1 Il 21 gennaio 1921, al Teatro Goldoni di Livorno, nasce dalla scissione del PSI di Filippo Turati il Partito Comunista Italiano (all'epoca Pcd'I). Si consuma allora la più vasta e lacerante divisione della sinistra italiana, i cui effetti hanno avuto grande influenza nella storia, passata e presente, del nostro Paese. Quell’evento é ampiamente conosciuto e non starebbe dunque a me e ai socialisti rievocarlo, a 90 anni di distanza, se non ci trovassimo a vivere una fase tormentata della vita politica italiana, con lo spettacolo indecoroso del crepuscolo berlusconiano cui siamo costretti ad assistere, non sappiamo ancora per quanto tempo. Perché dunque rievoco la data di nascita del partito che è stato, per molti anni, il partito comunista più grande e potente dell’Europa occidentale? Perché il Partito Comunista in Italia ha rappresentato il secondo partito, dopo la D.C., fino a quando nel 1989 si sciolse per dare vita nel 1991, dopo il crollo dell’impero sovietico, al Partito Democratico di Sinistra (PDS). In questi 90 anni, e soprattutto nel dopo guerra, anche a causa della demonizzazione della “dimensione riformista”, al socialismo italiano, é toccato un ruolo minoritario, di terza forza, spesso controcorrente. Parzialmente diversa è stata la storia della sinistra in Trentino, e diversi sono stati, per decenni i rapporti di forza tra socialisti e comunisti, anche forse per la collocazione geografica più vicina alle grandi democrazie europee, basti pensare all’Austria, alla Germania e alla Francia, dove da sempre i Socialisti sono stati la maggiore forza della sinistra e l’unica alternativa ai partiti conservatori e di destra. Ma soprattutto perché nella storia del Trentino, centrale è stata la figura di Cesare Battisti: la sua tragica scomparsa, come sostenne Gaetano Salvemini, privò l'Italia e il Trentino di una figura in grado di riunire le forze socialiste in un periodo in cui fu forte lo smarrimento conseguente alla guerra e al crollo della II internazionale. Se al Trentino fu risparmiata la traumatica spaccatura del gennaio '21 fu perché era ancora viva la tradizione battistiana, che univa radicalismo e riformismo. Non a caso fu proprio al tentativo unitario di Giacomo Matteotti che fecero riferimento i trentini nel pieno dell'aggressione fascista alle organizzazioni operaie. L'unione antifascista si organizzò in Trentino intorno al nucleo dei battistiani, con Gianantonio Manci in testa, Egidio Bacchi, Beppino Disertori, Giuseppe Ferrandi, mantenendo per tutto il periodo dell’occupazione nazista carattere unitario. Il secondo dopoguerra visse ancora sul solco della tradizione battistiana con l'elezione di Gigino Battisti alla Costituente e l'affermazione all'interno del fronte popolare del socialista Ferrandi alle elezioni del 1948. La prevalenza, nella raccolta del consenso popolare, dei socialisti (di Nenni e di Saragat) sui comunisti nei venti anni successivi, sono i fatti che distinguono il Trentino dal resto d'Italia. Lo schema si interrompe con il sessantotto, dove la contestazione globale allinea anche il Trentino al resto d'Italia e dove la centralità socialista nella sinistra viene gradualmente meno a favore del partito Comunista, anche se fondamentale rimane il ruolo dei socialisti nell’attuazione e nel governo dell’autonomia trentina, con figure importanti tra le quali ricordo solo quelle degli Onorevoli Renato Ballardini prima e successivamente Mario Raffelli. Il dopo è cronaca, che nelle vicende del PDS-DS-PD e cioè nel fallito tentativo di creare, anche in Italia, un grande partito riformista, saldamente inserito nella tradizione socialista europea (con i socialisti assolutamente marginalizzati) nella fase di formazione del Partito Democratico, trova la conferma di quella che è stata definita giustamente la "solitudine dei riformisti". Ma proprio la coerenza dei Socialisti, che hanno scelto la strada faticosa della “ solitudine”, nei giorni a venire potrà rivelarsi un importante stimolo politico per creare una alternativa alla possibile prossima spaccatura del PD, che è facile ipotizzare a livello nazionale e che forse solo in Trentino potrà avere connotazioni diverse grazie ad un "patto federativo", che faccia salve le specifiche tradizioni culturali, tra le componenti riformiste di matrice laica e cattolica: sarà questa la migliore conferma che nella storia del Trentino sono ancora possibili "convergenze “ utili alla democrazia. @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ SULLE ORME DI BATTISTI: Perché i socialisti servono al Trentino - di Riccardo Bacchi Giornale “l’ADIGE”, 28 gennaio 2011, p.1 Sorprendentemente i 90 anni dalla scissione di Livorno e dalla nascita del Partito Comunista Italiano, sono stati ricordati almeno a livello locale, non già dai partiti post-comunisti eredi di quella scissione, ma dai socialisti che quella scissione hanno subito come la prima delle tante lacerazioni che hanno scandito la storia del socialismo italiano. A pensarci bene, la sorpresa è solo relativa, se si tiene conto del percorso e dell’approdo di queste due componenti della sinistra italiana. La lunga stagione comunista con le sue luci e le sue ombre ha certificato il suo definitivo fallimento. Il socialismo d’altra parte evoluzionista, riformatore, non rivoluzionario è più vivo che mai anche con le sue dislocazioni in altre formazioni politiche. Sono la forma partito ed il gruppo dirigente che sono andati in pezzi per le note recenti vicende e non l’impianto ideologico e culturale che è rimansto intatto, pure con gli opportuni aggiustamenti che per altro non ne hanno modificato l’essenza. Certo i numeri non sono dalla nostra parte ed i numeri in politica si sa, la fanno da padrone. Per questo non cerchiamo facili quanto improbabili resurrezioni, per lo meno in tempi brevi. Siamo d’altra parte consapevoli che nella nostra Provincia, dove la predicazione battistiana di un socialismo democratico ha lasciato un segno forte ed incisivo, esiste uno zoccolo duro socialista capace ancora di fare sentire la propria voce. Una significativa accelerazione del processo autonomistico che naturalmente amplifica gli spazi di intervento della Provincia ed un governo forte, che appare troppo spesso blindato nel palazzo, offrono l’occasione per un serrato e costruttivo confronto dialettico sui temi più significativi della vita politica locale. Compito dei socialisti dovrebbe essere quello di individuare percorsi convergenti che, pur partendo da lontano, possano giungere ad uno stesso approdo. Una accorta e lungimirante politica delle alleanze, potrebbe assegnare ad una piccola formazione politica quale è quella socialista, un interessante ruolo certamente non marginale per realizzare possibili aggregazioni nel segno di una visione moderna, riformatrice e democratica della vita politica locale. Per questo, più che parlare “di cantieri aperti”, un esercizio astratto anche perché poi ci dimentichiamo di chiuderli, sarebbe bene affrontare temi concreti quali la sanità, che nelle sue complicate articolazioni spesso non funziona al meglio, i rapporti con l’università, le società a partecipazione provinciale che pilotano l’economia della Provincia e che per questo dovrebbero sottostare a più rigorosi e puntuali controlli, la politica culturale, perché sia più attenta alle sollecitazioni che provengono dalle diverse componenti della società civile e così ancora altri temi altrettanto significativi. Su questi problemi vanno ricercate le convergenze utili per poi trarne le dovute conclusioni politiche. Questo servirebbe oltre tutto a dare respiro ad un confronto che allo stato appare piuttosto sbiadito e di modesto profilo. In quest’ottica non parlerei di primato del territorio sulle scelte politiche; il territorio può fungere da laboratorio per interpretare le sollecitazioni e gli stimoli che provengono dalle diverse componenti politiche, modellandoli sulla realtà locale, senza per altro perdere di vista la dimensione nazionale. Oggi, lungo queste traiettorie, al riparo da pregiudiziali ideologiche e da antichi dottrinarismi, i socialisti, anche se penalizzati dai numeri, potranno ancora essere interlocutori vitali ed interessanti per chi voglia costruire una società più libera e più giusta. @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ LE LIBERTÀ DI OGGI NATE DALLE LOTTE RIFORMISTE: LA LEZIONE DEL 1921 - di Nicola Zoller Avanti della Domenica, 30 gennaio 2011, p.4 Il 21 gennaio 1921 il delirio della “barbarie russa” giunse a produrre i suoi effetti infelici anche in Italia: così venne definito dalla nostra Ernesta Bittanti Battisti quel complesso di azioni che dalla “rivoluzione d’ottobre” portarono alla costituzione del Partito Comunista d’Italia, a seguito di una scissione dal Partito Socialista. Fu la risposta all’ordine di Mosca che nell’agosto 1920 aveva disposto che il Psi doveva mutare nome in “Partito Comunista”, espellendo tutti i riformisti, la componente democratico-legalitaria del partito. L’ingiunzione fu pubblicata su “L’Ordine Nuovo” di Antonio Gramsci: al congresso del Psi di Livorno non ottenne la maggioranza, per cui la frazione comunista abbandonò l’assise e si costituì appunto in partito. Tra i fondatori comunisti si distinse il giovane Umberto Terracini, che ebbe un duro confronto con Filippo Turati, il leader riformista più contestato dai comunisti. Se si leggono le cronache di 90 anni orsono c’è da trasecolare e niente di valido – assolutamente – resta dei pronunciamenti dei comunisti italiani d’allora: tanto che Terracini – che nel secondo dopoguerra fu un autorevole parlamentare del Pci – prima di morire ammise sinceramente che “Turati aveva ragione”. Quali ragioni? A noi oggi paiono scontate, ma vale la pena rammentarle rimeditando gli scritti di Turati (v. “Le vie maestre del socialismo”, Cappelli ed., Bologna 1921) perché insegnano che le libertà di oggi non sono cadute casualmente dal cielo, ma spesso sono il frutto delle battaglie anti-totalitarie e riformiste di ieri, un riformismo che potrebbe avere dunque la paternità morale e d’ispirazione del movimento progressista italiano del XXI secolo. 1.Una prima ragione riguarda il rifiuto della “coercizione del pensiero”: per Turati va difesa la libertà di parola e d’azione dentro e fuori il partito e non si possono accettare diktat dall’alto, né il partito può trasformarsi in uno strumento “per manovrare le masse”. 2.Una seconda ragione consiste nell’opposizione alla “dittatura” della burocrazia di partito e di Stato: questa è una dittatura di minoranza, non del proletariato, è quindi dispotismo. “La maggioranza – non ha bisogno di dittature, è la sovranità legittima”. 3.La terza fondamentale ragione è il rifiuto della violenza. Per Turati “la violenza è propria del capitalismo, non può essere del socialismo. E’ propria delle minoranze che intendono imporsi e schiacciare la maggioranza, non già delle maggioranze che possono, con le armi intellettuali e coi mezzi normali di lotta imporsi per legittimo diritto”. Troveremo poi nella storia una altissima analogia nell’opera somma di Gandhi: per questi “il socialismo è irraggiungibile con la violenza: solo la non-violenza può condurre ad un vero socialismo”. Organizzazione settaria e centralizzata del partito, predicazione della dittatura e della violenza: su queste basi nasceva anche in Italia il Partito Comunista. Non poteva restare nulla di buono e d’esempio per il futuro. Meritano invece ancora rispetto e sono ancora feconde le parole di Turati per il quale il vero socialismo è quello che tesse la sua tela ogni giorno, che non fa sperare miracoli, che crea coscienze, sindacati, cooperative, conquista leggi sociali utili al proletariato, sviluppa la cultura popolare – senza la quale la demagogia avrà sempre il sopravvento – conquista i comuni e il Parlamento, e che lentamente ma sicuramente crea la maturità degli animi e delle cose, prepara lo Stato di domani e gli uomini capaci di guidarlo. Turati venne ingiuriato dai comunisti d’allora come “social-traditore”: la sua vita e le sue parole dimostrano invece che resta per tutti i democratici di ieri e del futuro un padre profetico. Per ironia della sorte, i comunisti faranno cose buone quando metteranno in un angolo le direttive d’origine e seguiranno le vie proposte dal riformismo di Turati, il social-traditore di una volta. Ma le tare originarie, i retropensieri che continueranno a fluire da tali fonti (Pietro Nenni spiegherà che “il fiume risponde sempre alla sorgente”), impediranno a lungo alla sinistra condizionata da un tale partito di diventare una grande, credibile e coerente forza di governo, come invece è avvenuto negli altri Paesi europei a guida socialdemocratica e laburista. @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ Preghiamo gentilmente i nostri lettori di scrivere una e-mail a n.zoller@trentinoweb.it con il semplice oggetto "CANCELLAMI" se le nostre "info" risultano indesiderate. Grazie per la cortese paziente attenzione torna in alto |