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Primo Maggio a Rovereto
25.4.2010

INFO SOCIALISTA 25 aprile 2010
a cura di n.zoller@trentinoweb.it tel. 338-2422592

Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it / www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno VII

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o Un libro per cominciare: Jacques Attali,“BREVE STORIA DEL FUTURO”:
messaggi per agire localmente “qui ed ora” con una visione globale e di prospettiva

o PRIMO MAGGIO SOCIALISTA A ROVERETO -sabato 1 Maggio 2010 alle ore 11 in piazza Erbe

o Eresie -SOCIALISMO, LA MEMORIA NEGATA


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Un SAGGIO per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges)

o Autore: Jacques Attali
o Titolo: “Breve storia del futuro”
- Fazi editore, 2007


UN ALTRUISMO NECESSARIO E RAGIONEVOLE:
agire localmente “qui ed ora” con una visione globale e di prospettiva

Molti di noi hanno trovato davvero utili le riflessioni che il pensatore francese Jacques Attali ha svolto il 22 aprile al “Festival delle città impresa” di Rovereto .
“Piccole città” ma dal passato importante e dal carattere autorevole possono avere un grande futuro guardando allo “sviluppo delle nuove tecnologie”. Per costruire questo futuro bisogna avere obiettivi a medio-lungo termine, saper trasmettere l’entusiasmo alle persone e alla propria comunità, creare relazioni con territori più ampi suscitando il desiderio di un destino comune, formare equamente i cittadini al nuovo sapere.
Le crisi e le minacce di regressione possono trasformarsi in opportunità di miglioramento. I “problemi” potranno diventare “ancora una volta i migliori avvocati del cambiamento”: ci faranno capire che il profitto per le imprese sarà un obbligo necessario per vivere, “ma non una finalità”, mentre tutti noi comprenderemo meglio che “la nostra felicità dipenderà da quella degli altri”.
E’ un messaggio di altruismo necessario e ragionevole che vedo saldarsi alla missione che si prefiggeva un altro grande ‘visionario’ – anch’esso di tradizione socialdemocratica europea - come Olof Palme: “Il nostro obiettivo è liberarci il più possibile dalle pressioni delle circostanze esterne, dando la libertà a ciascuna persona di sviluppare se stessa secondo le proprie peculiarità e aspirazioni”. Questo proposito del premier svedese l’ho posto come introduzione al sito elettorale www.nicolazoller.wordpress.com: ora, ho aggiunto ad esso quel pensiero sulla comune felicità che Attali ha lasciato scritto per tutti noi nel suo trattato dal titolo concisamente profetico: “Breve storia del futuro”.
Sono questi messaggi autorevoli che possono aiutarci sempre più ad agire localmente “qui ed ora” con una visione globale e di prospettiva.(n.z.)



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EVVIVA IL PRIMO MAGGIO
con i Socialisti in piazza Erbe a Rovereto sabato 1 Maggio 2010 alle ore 11


Centoventi anni or sono, al congresso di Parigi del 1889 venne promossa dall' Internazionale socialista la celebrazione del 1 Maggio come "Festa del Lavoro" o "Pasqua degli operai di città e campagna".
La ricorrenza ha mantenuto da allora il carattere di manifestazione per i diritti dei lavoratori, di solidarietà internazionale e di pace. Via via il "Primo Maggio" ha superato i confini partitici e sindacali per diventare una Festa aperta a tutta la popolazione che ha fiducia nel progresso sociale e civile della comunità umana.

Come da tradizione, i Socialisti roveretani e trentini propongono a tutti un "brindisi" augurale per il 1 Maggio, festa del Lavoro: l’appuntamento è per sabato 1 Maggio 2010 dalle ore 11 alle 12.30 presso la Stella d'Italia in Piazza Erbe a Rovereto. Quest’anno sarà anche l’occasione di riconfermare l’impegno dei Socialisti per la comunità roveretana a fianco della lista “Civica con Valduga”, impegno che ha dato buoni frutti amministrativi negli ultimi 5 anni e che viene riproposto per la prossima amministrazione.

Federico Baroni e Nicola Zoller

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Eresie - Bruno Pellegrino racconta in un saggio l' esperienza del Psi negli anni di Craxi

SOCIALISMO, LA MEMORIA NEGATA

Vittorio Foa a Paul Ginsborg: perché ignori i riformisti?

- di Pierluigi Battista
Corriere della Sera del 13 aprile 2010

M a come è possibile che il trionfo del lessico del socialismo riformista in Italia abbia coinciso con la morte politica dei socialisti? È per via di questo paradosso che sulla storia della cultura riformista italiana ristagna ancora un' atmosfera da damnatio memoriae. Grava su di essa il silenzio intimidatorio di un interdetto storiografico. La sua memoria è stata cancellata, la sua storia espunta dalle vicende politiche e culturali della Prima Repubblica. Quando, nella legislatura nata nel 1996, gli ex comunisti della coalizione prodiana andarono al governo, si parlò di una prima volta della «sinistra a Palazzo Chigi»: come se il centrosinistra con i socialisti nella «stanza dei bottoni» non fosse mai esistito, come se a Palazzo Chigi non fosse già entrato il socialista Bettino Craxi. Vittorio Foa, racconta Bruno Pellegrino nel suo L' eresia riformista in uscita presso Guerini e Associati (pagine 224, 19,50), si stupì molto con Paul Ginsborg che gli aveva dato da leggere i primi capitoli del dattiloscritto della sua Storia d' Italia dal dopoguerra ad oggi: «C' era un vuoto: non si parlava dei socialisti. E Paul: "Non ne parlano perché non c' erano"». La storia del socialismo italiano come un «guscio vuoto». Ecco il frutto della strabiliante amnesia collettiva di cui ha sofferto, e continua a soffrire, la nostra Seconda Repubblica. Il libro di Pellegrino ricostruisce con puntiglio le tessere del mosaico riformista annegate nell' oblio. Non il riformismo antico di Filippo Turati e di Anna Kuliscioff, che pure è ricordato in queste pagine come la sorgente prima, la matrice originaria perduta e rinnegata negli anni del frontismo e della subalternità culturale nei confronti dei comunisti. Ma la rinascita di un orgoglio riformista che politicamente prende fiato e forma con l' ascesa di Craxi ai vertici del Psi, Midas 1976. Negli anni in cui il Pci mieteva il massimo dei suoi consensi elettorali e stuoli di intellettuali sentivano il richiamo irresistibile dell' egemonia culturale esercitata dalle Botteghe Oscure, la cultura socialista ritrovava se stessa e portava un nuovo vento di orgoglio riformista nel cruento «duello a sinistra» descritto da due protagonisti del nuovo corso culturale come Giuliano Amato e Luciano Cafagna. Nascevano associazioni, centri culturali; una rivista come «Mondoperaio» (allora diretta dal giolittiano Federico Coen) prese un posto di primo piano nella discussione ideologica; il Club Turati rendeva ancora più smagliante il suo blasone di voce di un socialismo milanese che aveva nel riformismo la sua bandiera: le glorie antiche della Società Umanitaria, la fierezza del municipalismo, la solidità del pragmatismo meneghino. Nasceranno su quel tronco espressioni vivaci di un rinnovato spirito riformista: dal Club dei club, di cui Pellegrino è stato promotore e forza motrice, all' associazione Politeia. Impossibile menzionare tutti i nomi coinvolti in questa nuova primavera riformista restituita nelle pagine di Pellegrino. Ma non un comparto della cultura fu risparmiato da questa ondata di riflessioni e innovazione: dalle nuove professioni all' informazione, dal cinema all' arte, dall' architettura alle scienze giuridiche, dalla storiografia alla politologia. Era un nuovo lessico che si imponeva nella cultura, come chiusura e ripudio dei plumbei anni Settanta Quella fioritura conobbe però una fine traumatica con l' inabissarsi dell' esperienza politica dei socialisti italiani, a cominciare da quella, anche personale, di Bettino Craxi. Ma questo inaspettato tramonto ne ha messo in luce, necessariamente, anche la fragilità e la debolezza. Tanto che la storia raccontata da Pellegrino finisce per somigliare in qualche passaggio al lavoro certosino dell' archeologo che si china trepidante sui reperti ormai fossilizzati di una civiltà scomparsa. E infatti proprio quando, con la caduta del muro di Berlino, la guerra culturale riformista sembra prendere il sopravvento sulla cultura di derivazione comunista, sempre più esausta, ossificata, senza più nessuna fiducia in se stessa, le convulse vicende politico-giudiziarie segnano un paradosso: la scomparsa dei riformisti e la contestuale vittoria nella sinistra di chi, ingiuriato il riformismo fino a un minuto prima, ha cominciato a farsene all' improvviso interprete e vessillifero (insincero). Al di là delle accuse, dei rimpianti e dei rancori, sarebbe il caso di cominciare a spiegare questo paradosso. Bruno Pellegrino traccia le linee, i volti e le tendenze di una storia vivace, interessante e gloriosa. Per capire perché questa storia non solo abbia subìto una drammatica interruzione, ma addirittura sia stata fagocitata, depotenziandola, dagli ex nemici, si rende necessaria una spiegazione. Oppure, domanda complementare, ci sarebbe da chiedersi perché la cultura di governo, l' attenzione alla modernità, il rifiuto dei pregiudizi ideologici, il gradualismo, il garantismo, il rifiuto dell' autoritarismo, insomma tutto il meglio del riformismo socialista, sia stato così dimenticato nella nuova stagione politica: come dimostra la desolante parabola dei partiti che pure hanno voluto esibire le insegne del riformismo senza però riconoscersi fino in fondo nella sua cultura. Domande che presuppongono la riscoperta di un filone culturale che ha conosciuto momenti migliori e di cui il libro di Pellegrino è una prima, per fortuna molto dettagliata, ricognizione. Una storia da studiare. Perché il socialismo riformista, malgrado le perplessità di Paul Ginsborg, è esistito davvero.



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Preghiamo gentilmente i nostri lettori di scrivere una e-mail a n.zoller@trentinoweb.it con il semplice oggetto "CANCELLAMI" se le nostre "info" risultano indesiderate. Grazie per la cortese paziente attenzione






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