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IL POPULISMO E' IL NEMICO DELLA DEMOCRAZIA- commento ai libri di F.Rella e G. Zagrebelsky La rivista MONDOPERAIO sul n. 4/2009, p. 89, ha pubblicato questa scheda di lettura sotto il titolo: "L'ALTRO LATO DELL'OSANNA" di Nicola Zoller L’ultimo libro di Franco Rella “La responsabilità del pensiero. Il nichilismo e i soggetti”, (Garzanti, 2009) introduce nel suo primo capitolo un tema politico basilare, come quello della democrazia partecipata, anche con riferimento alle ricerche di Gustavo Zagrebelsky. Da qui vien forte lo spunto di riproporre proprio la lettura di un libro importante di Zagrebelsky, “Il ‘crucifige!’ e la democrazia” che risale al 1995 restando di fragrante attinenza e attualità come dimostra il nuovo lavoro del prof. Rella. Quest’ultimo riferisce che chi propugna una “linea di comunicazione semplice e immediata tra il popolo e i suoi capi” - come fanno ormai da tempo in Italia tante liste elettorali che installano invasivamente nei simboli addirittura il nome cubitale del proprio leader - non favorisce realmente la partecipazione democratica ma facilita il “dissolvimento delle capacità di agire criticamente sulle decisioni”. Insomma, chi vuole semplificare i meccanismi democratici, puntando “all’affievolimento delle istanze e dei diaframmi intermedi” tra il popolo e i vertici delle istituzioni (associazioni, partiti, sindacati, movimenti di base organizzati o spontanei…), favorisce l’imporsi di una “acritica democrazia del popolo” in balia di demagoghi e di autoritari. Qui il magistero di Rella si rifà per esplicita ammissione a quello del prof. Zagrebelsky e all’ opera appena citata che qui presento. Nel suo saggio Zagrebelsky espone tre concezioni della democrazia: dogmatica, scettica, critica. Per illustrarle l’autore ricostruisce densamente la vicenda della condanna di Gesù. Pilato è il campione della ‘democrazia’ scettica (quest’ultimo termine va qui inteso non nel senso nobile di ricerca e coltivazione del dubbio, ma di pragmatico opportunismo): egli si rivolge al popolo fingendo di fargli scegliere tra Barabba e Gesù. In realtà Pilato vedrebbe il vero “pluralismo delle voci” come un sabotaggio: lui bada solo alla conservazione del potere costituito, ‘ se ne lava le mani’ pur di restare saldamente in sella. Caifa e il Sinedrio incarnano invece la ‘democrazia’ dogmatica, che condanna Gesù in nome di una verità assoluta. Con loro c’è una folla emotiva, la stessa che pochi giorni prima aveva gridato “osanna !” ed ora grida “crucifige !”. “Il crucifige è l’altro lato dell’ osanna” - spiega Zagrebelsky - questa è una massa manovrabile, che “non agisce, ma reagisce”, è uno strumento in mano ai demagoghi. E la democrazia critica ? Fra la folla che gridava il “crucifige !”- scrive l’autore - non c’era posto per il dissenso. “Se fra i tanti , una voce si fosse potuta alzare per farsi ascoltare e fosse riuscita ad organizzare una discussione, se si fossero allora formati diversi partiti, forse la decisione si sarebbe orientata diversamente...”: ecco la democrazia critica. E’ la concezione che richiede la possibilità di confrontare e ponderare le posizioni. Premessa di questa democrazia - a cui vanno decisamente le preferenze del professor Zagrebelsky - sono: 1) l’abbandono della illusione che la giustizia sia a portata di mano; 2) l’accettazione realistica che si sia tutti continuamente carenti rispetto al compito comune. Insomma, chi lancia programmi onnirisolutivi prepara un governo totalitario; mentre seguendo chi “vorrà instaurare il regno dei migliori ci troveremo col governo del più forte”. Questa democrazia propone una “convivenza mite, costruita sul pluralismo e sulle interdipendenze, nemica di ogni ideale di sopraffazione “ come già scriveva Zagrebelsky in un suo saggio precedente (“Il diritto mite”). Essa si realizza dando ai singoli e al popolo le istituzioni per agire. Quali istituzioni ? Qui qualcuno - reduce dalla deriva pseudonuovista degli ultimi decenni - farà un salto sulla sedia: “le istituzioni classiche del popolo capace di azione politica sono i partiti” ricorda l’autore, memore delle considerazioni di colui che è stato uno dei maggiori teorici della democrazia rappresentativa, Hans Kelsen, secondo cui “la moderna democrazia si fonda interamente sui partiti politici, la cui importanza è tanto maggiore quanto maggiore applicazione trova il principio democratico”. Dunque i partiti vanno costruiti o ricostruiti per evitare le derive plebiscitarie, il sondaggismo pronto a divinizzare o a demonizzare il popolo in ‘tempo reale’ (mentre nella vera democrazia ogni decisione chiede più tempo, deve essere revocabile e rivedibile); per scongiurare il caudillismo di chi si appella direttamente alla ‘gente’ scaldandone gli umori prepolitici, adulandola “nel tentativo di tenerla in una condizione di minorità infantile per poterla meglio controllare”. Dei partiti, la democrazia critica - potremmo dire la democrazia tout court - non può fare a meno, come invece può farne la versione ‘scettica’ e ‘dogmatica’ (e qui – se si volesse ritornare ad un personaggio trentino - calzerebbe perfettamente il seguente passaggio di un memorabile intervento del novembre 2000 intitolato “Il collasso della democrazia” dell’avv. Renato Ballardini: “Il popolo sovrano, protagonista della democrazia, ha un solo mezzo per esercitare il suo ruolo: organizzarsi in partiti”). L’importante è fare di essi, di questi partiti, nelle forme conosciute o in forme nuove, delle vere “istituzioni di comunicazione attiva e circolare tra i cittadini”. Franco Rella, “La responsabilità del pensiero. Il nichilismo e i soggetti”, (Garzanti, 2009) Gustavo Zagrebelsky, “Il ‘crucifige!’ e la democrazia”, ( Einaudi, 1995) torna in alto |