|
INFO SOCIALISTA 15 giugno 2009 a cura di n.zoller@trentinoweb.it . tel. 338-2422592 Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it / www.socialisti.bz.it Quindicinale - Anno VI ________________________________________ o Una rivista per cominciare: da MONDOPERAIO n.2/2009 "Debito pubblico: dieci piccoli indiani" o GLI APPRENDISTI STREGONI DELL'ANTI-PARTITOCRAZIA - di Lorenzo Passerini o NENCINI: NON VOTARE PER I REFERENDUM.PIENO SOSTEGNO AI CANDIDATI DEL CENTRO SINISTRA NEI BALLOTTAGGI @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ Da una rivista per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges) Autore: Gianfranco Polillo da MONDOPERAIO n.2/2009 "Debito pubblico: dieci piccoli indiani" Titolo: Il debito dopo Craxi (paragrafo conclusivo) LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO SU www.mondoperaio.it ....Il debito dopo Craxi Bettino Craxi lasciò definitivamente la presidenza del Consiglio nel 1987. Allora il debito pubblico era pari all’88,6% del PIL. L’inflazione, tuttavia, dopo la cura da cavallo degli anni precedenti era stata domata. Allora il deflatore del PIL risultò essere pari al 5,6%, quasi un terzo del valore del 1983, quando Pertini gli aveva dato l’incarico. Il tasso di sconto oscillava, ancora, tra l’11,5 ed il 12%. Valore elevato, rispetto all’inflazione, ma rimasto tale per contribuire a governare le turbolenze che si erano manifestate all’interno dello SME. Rimarrà comunque tale fino alla grande crisi del 1992, che segnerà il crollo non solo dell’economia italiana, ma delle sue stesse istituzioni politiche. Le cause scatenanti della nuova crisi furono soprattutto di carattere internazionale, attribuibili in ultima istanza all’unificazione tedesca. La Germania, per realizzare il processo di ricomposizione nazionale, aveva alzato i tassi di interesse, con lo scopo di attirare capitale straniero al fine di finanziarlo. Un processo che, almeno dal punto di vista finanziario, partiva con il piede sbagliato. Per ragioni politiche, il tasso di cambio tra le due monete – quella occidentale e quella orientale – fu stabilito in one to one, un valore irrealistico, considerato lo stato di relativo dissesto della vecchia RDT. Il nuovo marco subì di conseguenza una svalutazione virtuale. Per impedire che la stessa divenisse effettiva, sì giocò con i tassi di interesse. Furono rialzati, per importare capitale e sostenere il cambio. Per l’Italia, il paese finanziariamente più debole, le conseguenze furono devastanti. I tassi di interesse, già al limite, non potevano essere aumentati. Venuto meno quel paracadute, la lira crollò, perdendo fino al 30% del suo valore iniziale. Da quel momento rinnovare i titoli del debito, in scadenza, divenne quasi impossibile, salvo rassegnarsi a pagare un premio aggiuntivo per il rischio di un possibile default. Ed il debito, nonostante la cura da cavallo imposta da Giuliano Amato, divenuto Presidente del Consiglio, si impennò raggiungendo il suo massimo storico, che, nel 1994, fu pari al 121,5% del PIL. Per comprendere la dimensione di quest’ultimo disastro basta un dato. Tra il 1984 ed il 1991, il debito pubblico italiano era cresciuto del 23,6%, passando dal 74,4 al 98% del PIL. Nei tre anni successivi (1992 -1994), quindi in metà tempo, aumentò di altrettanto, raggiungendo la cifra che abbiamo indicato. Questa è quindi la storia “vera” di quegli anni, come mostra del resto il confronto internazionale. Negli anni ’80, il debito aumentò in tutti i paesi occidentali: in Italia del 70%, in linea con quanto avveniva all’estero, visto che nell’Europa dei 15 la media fu del 53%, in Belgio del 64%, in Francia addirittura del 78%. Neppure gli USA, con un incremento del 51%, riuscirono a contenerlo. Ciò che penalizzò l’Italia fu una soglia di partenza molto più elevata. Se si esclude il Belgio, il debito accumulato nel corso degli anni ’70 superava quello tedesco dell’80%, era quasi tre volte tanto quello francese ed il doppio della media comunitaria. Questo lascito pesò enormemente negli anni successivi, quando la politica economica e monetaria, sotto l’incalzare degli avvenimenti internazionali, mutò radicalmente. Ed all’Italia, a causa dei suoi precari equilibri politici interni, non restò altro da fare che subirne passivamente le conseguenze. Se ancora si insiste nella ricerca di un colpevole, l’indice va puntato altrove. Il disastro non avvenne negli anni ’80, ma dieci anni prima. Quando non solo l’economia, ma l’intera società italiana ballò, a lungo, sull’orlo di un abisso che avrebbe potuto travolgerla. Quella crisi fu scongiurata. Ma il prezzo allora pagato per uscirne fu ingente, e si riflette ancora sui precari equilibri finanziari del paese. Che si faccia di tutto per cancellare quelle tracce è comprensibile. Che sia anche giusto è ancora da dimostrare. @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ GLI APPRENDISTI STREGONI DELL'ANTI-PARTITOCRAZIA da l'Adige del 12 gliugno 2009 Penso sia opportuno proporre alcune riflessioni a seguito del trionfo delle forze populiste alle ultime elezioni europee (Lega Nord e Di Pietro) e a seguito di una campagna elettorale basata esclusivamente su accuse di moralità. Negli ultimi 18 anni buona parte delle forze di sinistra hanno cavalcato la delegittimazione moralista della politica e la retorica qualunquista care al “dipietrismo”, tecniche solitamente impiegate per portare al potere la destra. Si è cavalcato la polemica “antipartitocratica” dimenticando come ovunque i partiti più “pesanti” siano quelli di sinistra, i quali traggono dall’organizzazione parte della propria forza. Distrutti i partiti, la forza del denaro si è sostituita nelle campagne elettorali alla forza dei militanti, e il denaro, per definizione, sta dalla parte della destra. Si è cavalcata in questo contesto, contro i partiti tradizionali, anche la personificazione, ma si è dimenticato che il leaderismo favorisce il populismo contro lo spirito critico, la demagogia contro il ragionamento politico, armi impiegate con maestria da Berlusconi, da Bossi e da Di Pietro. Il naturale riferimento di un partito riformista è l’elettorato laico, socialista, liberale e cattolico liberale. Mentre Veltroni nelle ultime elezioni politiche ha preferito Di Pietro. L’auspicio fu quello di portare l’ex-PM all’interno dei confini del dibattito civile e democratico, i mesi successivi però hanno confermato le “qualità” del personaggio: un mix di demagogia e moralismo. La speranza per il futuro della sinistra è quindi quella del recupero del meglio della propria tradizione riformista fondata sulla congiunzione dei valori socialisti, liberali e cristiani. Lorenzo Passerini @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ NENCINI: NON VOTARE PER I REFERENDUM.PIENO SOSTEGNO AI CANDIDATI DEL CENTRO SINISTRA NEI BALLOTTAGGI 15/06/2009 ''Non andare a votare per il referendum e non ritirare la scheda del referendum dove si svolgono i ballottaggi''. E' questa l' indicazione di Sinistra e Libertà, ribadita oggi dal segretario del Partito Socialista, Riccardo Nencini, in una nota nella quale si aggiunge anche che ''i socialisti sosterranno i candidati del centro sinistra impegnati nei ballottaggi, dove ci siano le condizioni politiche''. Nencini, è ritornato anche sulla polemica con il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, confermando che il 'no' di Sinistra e Libertà ad una ammucchiata indistinta con la sinistra radicale e antagonista è totale e definitivo. ''A Sinistra e Libertà non interessano in modo assoluto esperimenti di aggregazione con la sinistra antagonista. Per noi l' unico progetto da coltivare à quello di un sinistra riformista, laica, innovativa, moderna'', osserva il segretario socialista, che trova il modo di denunciare ancora ''l' Eurotruffa che i partiti maggiori consumerebbero nel caso si ripartissero i fondi, 33 milioni di euro circa, che non vanno ai partiti che non hanno raggiunto il 4 per cento''. ''Quei soldi - conclude Nencini - devono tornare agli italiani''. @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@ torna in alto |