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RINASCE LA “TERZA FORZA” PER IL SOCIALISMO EUROPEO di Matteo Salvetti Nel suo libro “Storia dei laici” , recentemente pubblicato da Marsilio , Massimo Teodori ripercorre la vicenda storica di quel mondo politico e culturale che fu antifascista senza essere comunista e anticomunista senza essere fascista e clericale. Si tratta di una storia ricca di persone , ma soprattutto di idee, che hanno certamente contribuito a rendere L'Italia un Paese migliore senza in apparenza essere riuscite a scalfire nel profondo il sentire comune della maggioranza silenziosa del popolo italiano, rispettivamente genuflessa alle gerarchie ecclesiastiche o fedele alla visione deterministica della storia descritta in quel vero e proprio “Vangelo materialista” che è “Il Manifesto del Partito Comunista”. I laici antitotalitari vennero definiti sbrigativamente “pazzi malinconici” e le ragioni della loro tristezza sono facilmente comprensibili arrivare mai a raccogliere percentuali di consenso maggioritarie. I gruppi e le forze liberaldemocratiche: uscirono a testa alta -come vincitori morali- dalle tragedie del Novecento, senza peraltro e socialiste riformiste non riuscirono così ad unirsi in una “Terza forza” alternativa al blocco comunista e a quello clerico-conservatore- postfascista. Oggi l'Italia vive un periodo di forte trasformazione legato ai cambiamenti imposti dalla cosiddetta globalizzazione: mercati globali e delocalizzazione d'impresa, mercato del lavoro sempre più flessibile e calibrato attorno ai nuovi sistemi di produzione “just in time”, una società improvvisamente multietnica con la quale una popolazione in costante e progressivo invecchiamento fatica a rapportarsi. In questo contesto le battaglie che furono della sinistra laica e antitotalitaria sono più che mai attuali se è vero che , come affermava Filippo Turati: “ Le libertà sono tutte solidali. Non se ne offende una senza offenderle tutte”. Non si tratta quindi di ridurre la lotta politica dei laici all'antinomia Stato- Chiesa, ma di estenderla invece a tutte quelle situazioni nelle quali i diritti fondamentali dell'individuo vengono minacciati. Come può essere libero di affermarsi in un sistema realmente meritocratico un individuo al quale è negato per ragioni di reddito l'accesso all'istruzione universitaria? Come può sentirsi libero di dare il proprio contributo allo sviluppo della comunità nella quale vive l'individuo discriminato sulla base della propria religione, del colore della propria pelle, del proprio orientamento sessuale? Come può sentirsi libero l'individuo costretto a vivere nell'ansia del rinnovo del prossimo contratto a termine o, ancor peggio, dell'ennesimo periodo di lavoro interinale? Come può sentirsi libero l'individuo che vede dipendere la qualità della propria vita dalle quotazioni in borsa di un barile di petrolio e dalla fornitura di gas naturale proveniente da terre lontanissime? È giunto quindi il momento di restituire alla tradizione della sinistra italiana il concetto di libertà in contrapposizione alla “libertà dallo Stato” professata dalle neodestre radunatesi attorno al fantomatico progetto del Partito delle libertà. Come sottolineava Sandro Pertini, la libertà senza giustizia sociale può essere infatti una conquista vana. Far credere alle fasce meno abbienti della popolazione che tramite la “libertà dallo Stato” esse potranno facilmente arricchirsi e raggiungere posizioni di comando nella società è infatti un puro e semplice inganno. D'altra parte, sempre citando Pertini, anche la più radicale riforma sociale verso l'uguaglianza se non accompagnata da libertà è altrettanto condannabile. E per questo è del tutto vano, se non dannoso, il tentativo di chi cerca di riesumare anche in Italia posizioni politiche veterocomuniste oramai sconfitte dalla storia . Non sono infatti più accettabili le posizioni di chi, come Diliberto, si trova a difendere regimi smaccatamente dittatoriali come quello bielorusso e cubano oppure in odore di autoritarismo, come il governo populista di Chavez. Lo scorso 21 giugno è nato il progetto “Sinistra e libertà” che vede per la prima volta accorpati sotto uno stesso simbolo Partito socialista, Sinistra democratica, Verdi e Movimento per la Sinistra di Nichi Vendola. I maligni parlano di una accozzaglia di forze unite solamente dalla volontà comune del superamento del 4 % previsto da una recente riforma elettorale per avere accesso alla rappresentanza nel Parlamento e europeo. Secondo questa logica Sinistra e Libertà rappresenterebbe solamente l'estremo tentativo dei piccoli partiti della sinistra italiana di evitare la scomparsa dalla scena politica. Anche volendo accogliere queste tesi di “opportunismo”- ed è innegabile che la nuova riforma elettorale abbia accelerato il dialogo fra le varie componenti di Sinistra e Libertà- risulta chiaro anche ai detrattori come quello che per ora appare come un puro e semplice “cartello elettorale” rappresenti una svolta all'interno nello scenario politico italiano. Si tratta infatti dell'inizio di un cammino che potrebbe portare in Italia alla nascita di una sinistra nuova, liberale ma non liberista, laica e riformista e senza tentennamenti nella difesa delle libertà individuali in uno Stato laico e rispettoso delle differenze: la “Terza Forza” della quale parlava Massimo Teodori. Del resto, Sinistra e Libertà è nata nella rete molto prima del 21 marzo scorso, sotto la spinta di un dialogo incessante sui vari blog di Partito socialista, Sinistra democratica e Movimento per la sinistra, in particolare tra giovani desiderosi di lasciare alle spalle le lacerazioni che hanno caratterizzato la storia della sinistra italiana per trovare unità in un progetto condiviso. Vale quindi la pena credere in Sinistra e Libertà , cercando di uscire dai meccanismi del pregiudizio politico ai quali siamo abituati, perché è la situazione economica italiana e la deriva populista autoritaria del governo Berlusconi unita alle contraddizioni dell'opposizione centrista del PD a rendere questo partito più che mai necessario e utile. Si tratta anche per i socialisti di una scelta di coerenza; una coerenza che non perde di vista gli obbiettivi di sempre e li ricerca-parafrasando Foa- attraverso diversi percorsi, al di là degli steccati. E per quanti ancora faticano a staccarsi dalle chimere comuniste, tornano utili le parole di Olof Palme, il grande e compianto leader della socialdemocrazia svedese: “Anche coloro che pensano alla rivoluzione debbono sapere che il giorno dopo di essa dovranno cominciare a lavorare come riformisti o riformatori”. torna in alto |