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Le ronde, il PD e Craxi, Emilio
25.2.2009

INFO SOCIALISTA 25 febbraio 2009
a cura di n.zoller@trentinoweb.it tel. 338-2422592

Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it / www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno VI


o Un libro, per cominciare: "Libera Chiesa. Libero Stato? Il Vaticano e l'Italia da Pio IX a Benedetto XVI" di Sergio Romano
o PER LA SICUREZZA MENO RONDE E PIU' LAVORO - di Matteo Salvetti
o LA PROFONDA CRISI DEL PD E LA NOSTALGIA DI CRAXI - di Lorenzo Passerini
o PERCHE' HO PROVATO A SCRIVERE UN LIBRO SUI LIBRI - di Nicola Zoller
o RICORDO DI EMILIO MORANDINI

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Un libro, per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges)

o Autore: Sergio Romano
o Titolo: "Libera Chiesa. Libero Stato? Il Vaticano e l'Italia da Pio IX a Benedetto XVI"
o TEA ed., 2007

La complessa vicenda dei rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, con Roma simbolo e sede delle massime istituzioni di entrambi ? un unicum rispetto a ogni altro Paese ?, è lunga ormai quasi un secolo e mezzo. In questo libro, Sergio Romano legge tale pagina di storia con la consueta capacità di sintesi critica, tinta qua e là di garbata ironia. Dal 1870 a oggi, non sempre il rapporto tra l?Italia e la Santa Sede è stato un modello di armoniosa collaborazione; spesso, prima e dopo il Concordato del 1929, si è trattato di una convivenza vissuta fra reciproche diffidenze e convenienze. L?autore passa in rassegna incontri e scontri, corteggiamenti e compromessi che hanno caratterizzato il delicato confronto tra laicità e religione, in cui la delimitazione dei rispettivi ambiti è stata non di rado turbata o addirittura contraddetta da inopportune invasioni di campo. Negli ultimi anni, poi, dopo la fine della Democrazia cristiana e l?avvento del sistema bipolare, il confine tra le due istituzioni è stato «sbadatamente attraversato con sempre maggiore frequenza», creando «un brutto intreccio? che non gioverà in ultima analisi né all?una né all?altra»

L'autore:
Sergio Romano (Vicenza, 1929) ha concluso nel 1989 una prestigiosa carriera diplomatica, dopo essere stato direttore generale delle relazioni culturali, ambasciatore alla NATO e a Mosca. Ha insegnato a Firenze, Sassari, Berkeley, Harvard, Pavia e, per alcuni anni, all?Università Bocconi di Milano. È editorialista del «Corriere della Sera» e di «Panorama».

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PER LA SICUREZZA MENO RONDE E PIU' LAVORO

dal Diario di FdB - giornale TRENTINO del 18 febbraio 2009

Il rapporto tra sicurezza ed immigrazione nelle città italiane è stato il tema principale delle ultime campagne elettorali. Un argomento capace di svegliare un elettorato altrimenti assopito e di indirizzarlo in massa a destra guidato dal mito rassicurante della "tolleranza zero". Ecco quindi un partito fortemente xenofobo, come la Lega Nord, raggiungere percentuali di voto a due cifre anche là dove in precedenza non riceveva che una manciata di voti. Ecco Alemanno, politico post fascista stimatore delle legioni paramilitari del romeno Codreanu, divenire nientemeno che sindaco di Roma. Dopo le bombe carta e gli attentati ai negozi romeni e il fuoco appiccato ad un clochard indiano viene da pensare che Gobetti avesse ragione ritenendo il Fascismo una "autobiografia " della nazione- Italia. Altro quindi che "italiani brava gente"!
Le riflessioni sui fenomeni migratori non possono non portare ad una critica all'utilizzo del concetto stesso di identità. Come scrive Remotti nel suo "Contro l'identità" , le appartenenze identitarie non sono immutabili nel tempo. Alcune possono infatti nascere dal nulla e non avere quindi una storia pregressa. Le nostre società d'altra parte sono sempre state tutt'altro che immobili: come ricorda Barbujani in "Europei senza se e senza ma" non esistono sostanziali differenze di DNA tra gli esseri umani e anzi, come ricorda l'autore in una battuta: "Volete vedere la faccia di un immigrato africano? Guardatevi allo specchio" , perché tutti noi proveniamo geneticamente proprio dal "continente nero". La storia insegna che le civiltà chiuse alle grandi vie del commercio, private della possibilità di relazionarsi con altri popoli, hanno finito per decadere ed estinguersi. Solo le società aperte hanno avuto modo di arricchirsi e prosperare: la Repubblica di Venezia, ad esempio intratteneva fruttuosi scambi culturali con i sultani di Istanbul, con buona pace di Borghezio e Calderoli.
Ecco quindi che forse, di fronte al formarsi di società multietniche e complesse, l'unico modo possibile per creare una società pacifica è quella di ragionare sulla base di individui, portatori degli stessi diritti e doveri: non esistono criminali romeni ed italiani, esistono criminali e basta. I tempi sono quindi maturi per creare nuovi codici di cittadinanza transnazionale e globale. Purtroppo invece l'Italia sta finendo per assomigliare drammaticamente al Paese immaginario descritto da Bertold Brecht nel suo "Teste tonde, teste a punta" nel quale un dittatore si inventa un conflitto razziale per distogliere l'attenzione dei cittadini dalla crisi economica attribuendo alle "teste a punta" ogni colpa. Quando la rivolta sarà domata tutto tornerà come prima. I ricchi a fare i ricchi e i poveri a fare i poveri. Ed è esattamente quello che succederà nel nostro Paese senza un rapido risveglio dal sonno della ragione nel quale sembra essere piombato.

MATTEO SALVETTI, sindacalista UIL

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LA PROFONDA CRISI DEL PD E LA NOSTALGIA DI CRAXI

dal CORRIERE DEL TRENTINO del 24 febbraio 2009

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?Craxi è uomo profondamente di sinistra. Autonomista, anche all?epoca del Fronte popolare, ha uno spiccato senso dell?identità socialista rispetto all?area maggioritaria della sinistra italiana, quella comunista. Certo, Craxi non esita a fare della competizione a sinistra, puntando ad accrescere le difficoltà del Pci, inducendoci a reagire nel modo peggiore, con un più alto livello di conflittualità. Ma resta il fatto che il Pci non appare capace, negli anni ?80, di affrontare il tema della modernizzazione dell?Italia, spingendo così ceti innovativi e produttivi verso chi, come Craxi, dimostra di comprenderli?.

(PIERO FASSINO, "Per passione", ed. Rizzoli)

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Dopo l'ennesima sconfitta, non mancano le discussioni sulla crisi del PD. Scarseggiano però le analisi delle sue radici profonde. Non da ora l'Italia è un'anomalia nel panorama europeo: negli altri Paesi dell'Europa occidentale la forza principale della sinistra è sempre stata il partito socialista, mentre in Italia lo era il partito comunista.
L'URSS, che finanziò illegalmente il PCI per decenni - reati amnistiati nel 1989 - aveva negato la libertà ai propri cittadini e a quelli dei Paesi satelliti. Lech Walesa rivolgendosi a Craxi dichiarò pubblicamente: "Valeva la pena lottare perché ci sono uomini come Lei ancora nel mondo". Tanto fece infatti lo PSI di Craxi per i socialisti di quei Paesi, come per i socialisti - cileni, argentini e spagnoli - oppressi da dittature di destra e per i palestinesi. Tanto fece in termini di sostegno morale e finanziario. È questa la vera questione morale: c'è infatti un abisso di moralità tra chi prende denaro da una potenza totalitaria e chi finanzia i movimenti che a essa si oppongono.
La caduta del muro di Berlino avrebbe dovuto far finalmente prevalere la sinistra socialista. La stagione giustizialista deviò però il corso della storia, trasformando gli sconfitti in vincitori. L'esistenza del finanziamento illecito era largamente conosciuta ed accettata. I partiti presentavano ogni anno i loro bilanci - palesemente falsi - alla Presidenza della Camera, che li avvallava senza muovere la minima obiezione.
Quando si cancella in quel modo più di metà della rappresentanza politica del Paese inevitabilmente si finisce nelle mani di avventurieri. Una frase nel libro - intervista "D'Alema. La prima biografia del segretario del PDS" è davvero illuminante: "Dovevamo cambiare nome e non avevamo alternative. Eravamo come una grande nazione indiana chiusa tra le montagne, con una sola via d'uscita, e li c'era Craxi con la sua proposta di unità socialista. Come uscire da quel canyon? Craxi aveva un indubbio vantaggio su di noi: era il capo dei socialisti in un Paese europeo occidentale. (?) L'unità socialista era una grande idea, ma senza Craxi. Allora avevamo una sola scelta: diventare noi il partito socialista in Italia". Non ci sono riusciti.
Il naturale riferimento di un partito riformista è l'elettorato socialista, liberale e cattolico-liberale. Mentre Veltroni, coerentemente con la sua storia, in occasione delle ultime elezioni politiche ai socialisti ha preferito Di Pietro. Quando ci si dichiara socialisti o riformisti, o si fa riferimento alla propria storia o - se si vuole alludere a quella di altri - si dovrebbe abbondare in spiegazioni, fare chiarezza sui propri errori. A maggior ragione se questi "altri" si sono combattuti per decenni. Il PD più che un partito riformista è quindi la riproposizione del vecchio compromesso storico: un accordo tra comunisti e democristiani che marginalizza i socialisti.
Tornano alla mente le parole di Craxi dall'esilio: "Se qualcuno dovrà ricostruire la sinistra, questi non saranno certo loro".

LORENZO PASSERINI, studente di Economia all'Università di Trento

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INVITO
Presentazione del libro di NICOLA ZOLLER, "La vita è scettica. Alla ricerca di testimonianze letterarie per il XXI secolo" (TEMI ed., Trento, 2008, pg. 184) conl a partecipazione dell'autore. Presenta MARIO COSSALI. A cura de Il Furore dei Libri, Sala multimediale, mercoledì 25 febbraio 2009 ore 18.00


dalla INTRODUZIONE: PERCHE' HO PROVATO A SCRIVERE UN LIBRO SUI LIBRI
A Massimo e Andrea


"Ricordati che anche i giuristi, gli economisti, i medici saranno bravi giuristi, bravi economisti e bravi medici solo se avranno imparato come si legge veramente una grande poesia. Se no saranno solo dei mestieranti, e molto mediocri"
Roberto Cotroneo, "Se una mattina d'estate un bambino - Lettera a mio figlio sull'amore per i libri", FRASSINELLI, Milano, 1994

"Pensare mettendosi al posto di ogni altro"
Immanuel Kant, "Critica del giudizio", UTET, Torino, 1993

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Perché provare a raccontare la vita "senza veli" con una rassegna di libri? Lo ha spiegato Jorge L. Borges: "Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" (in R. Cotroneo, cit.). Precisa ancor più mirabilmente Gaston Bachelard: "Nelle parole si comprende di più di quanto si veda nelle cose" (v. G. Bachelard, in "Passaggi - dialoghi con il buio", MIMESIS, Milano, 2006).
Dunque i libri sono di grande utilità per capire la vita: grazie alla letteratura - argomenta Harold Bloom - giungiamo ad una consapevolezza e a una saggezza che non avremmo mai raggiunto da soli (v. H. Bloom, "Il genio", BUR, Milano, 2004). Anche Tzvetan Todorov afferma: "Amo la letteratura perché mi aiuta a vivere. Siamo tutti fatti di ciò che ci donano gli altri: la letteratura apre all'infinito questa possibilità di interazione con gli altri e ci arricchisce, perciò, infinitamente" (v. T. Todorov, "La letteratura in pericolo", GARZANTI, Milano, 2008). Similmente Alan Bennett dimostra che i libri aiutano a confrontarsi e a dialogare con gli altri: "I libri non sono un passatempo. Parlano di altre vite. Di altri mondi" (v. A. Bennett, "La sovrana lettrice", ADELPHI, Milano, 2007).
Questa rassegna non ha intenti didattici; è stata curata da uno che non fa il "letterato" di professione e che si affida ben volentieri alla battuta di Umberto Eco: "Tutto quello che io penso è già stato stampato"(in sezione cultura del Corriere della Sera, 19 ottobre 2000). Sono quindi andato a cercare frammenti di vita e di pensiero tra tanti autori, citandoli uno ad uno con attenzione. Chiunque potrà ben dire che non ho scritto nulla di nuovo. Ma non era questa la mia ambizione, altrimenti avrei seguito il consiglio beffardo di Albert Einstein: "Il segreto della creatività è saper nascondere le tue fonti"(ibidem, 8 agosto 2002).
Le mie fonti invece le ho ben mostrate. Cosa possono aspettarsi dunque i lettori dalla mia ricerca? Lo dico nel congedo finale: con l'assistenza di Dacia Maraini, io - assieme a tutti voi - "aspetto un lupo dai grandi occhi di agnello". Per favore, fatemi davvero compagnia.

Nicola Zoller

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Memento

EMILIO MORANDINI, PER TANTI ANNI CONSIGLIERE COMUNALE E VICESINDACO DI ARCO, DIRIGENTE SOCIALISTA IMPEGNATO E GENEROSO, DA UN MESE NON E' PIU' CON NOI. LO RICORDIAMO CON LE BREVI, COMMOSSE PAROLE DI TOMMASO RICCI, ASSESSORE COMUNALE DI ARCO



Caro ?Milio?



Non Ti parlerò a lungo perchè l?affetto che mi univa a Te probabilmente mi bloccherebbe le parole in fondo alla gola.

Voglio ringraziarTi di tutto quanto hai fatto per la comunità di Arco, ma soprattutto per quanto hai lasciato di ricordi e aneddoti che hanno riempito le visite che di tanto in tanto Ti facevo.

Mi mancheranno i Tuoi preziosi consigli e le Tue argute osservazioni, d?altronde Tu eri un ?politico esperto? e mi avresti insegnato ancora molto.

Ora riposerai, ma potrai sempre parlare di Arco, della Tua Arco, con il mio papà Riccardo e con il Tuo compagno Ennio.

Ciao Milio

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