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Politica e immoralità
10.1.2009

INFO SOCIALISTA 10 gennaio 2009
a cura di n.zoller@trentinoweb.it tel. 338-2422592
- per il coordinamento del PARTITO SOCIALISTA in Trentino-Alto Adige
collegato all'azione nazionale dei socialisti e del centro sinistra -
Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it / www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno VI

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o UN LIBRO, per cominciare: "Il mostro mite " di Raffaele Simone

o RICCARDO NENCINI: APPELLO ALLA SINISTRA per le elezioni europee

o 19 Gennaio - PRAGA, HAMMAMET

o Se la lotta politica è tutta combattuta con accuse di immoralità



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UN LIBRO, per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges)

o Autore: Raffaele Simone
o Titolo: Il mostro mite
o ed. Garzanti


«Oggi la sinistra si trova a dover lottare con due avversari di temibile forza. Il primo è la natura «penitenziale» dello stare a sinistra: lo sforzo che comporta, la massa di sacrifici e rinunce che implica, il bisogno di farsi perdonare (o sforzarsi di dimenticare) la scia di sofferenze che la storia dei comunismi e dei socialismi porta con sé. Il secondo è il Mostro Mite, la faccia sorridente che il Leviatano ha assunto nell’era globale.»

Il punto di partenza è la drammatica crisi (forse di morte e trasfigurazione) in cui la sinistra si dibatte ovunque agli inizi del XXI secolo. La spiegazione che offre Raffaele Simone non è solo di natura politica. Perché non basta ricordare (come molti hanno fatto) la sequela di tragici errori o di incredibili leggerezze in cui la storia degli ideali di sinistra ha spesso finito per incagliarsi. È necessaria invece una prospettiva diversa, che si apra sul fondale della cultura di massa su cui si è costruita la modernità.
La nuova società globalizzata è dominata da un modello di cultura affabile, avvolgente, consumista, indifferente alla rinuncia e all’altruismo, dominato dal vedere e dalla distanza dagli oggetti e dalle cose. È «il Mostro Mite», la faccia sorridente, e tuttavia sinistra e prepotente, della Neodestra. L’imporsi di questo modello ha scompaginato alla base gli «ideali della sinistra» e ha distolto la gran massa dei suoi sos tenitori naturali. È al Mostro Mite che la sinistra deve le sue tremende difficoltà attuali: ma ancora non se n’è accorta.

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RICCARDO NENCINI: APPELLO ALLA SINISTRA per le elezioni europee

“Mi rivolgo a quanti – circoli, associazioni, fondazioni, partiti della sinistra non antagonista e non comunista -, condividono il Manifesto del Partito del Socialismo Europeo approvato a Madrid il 1 dicembre scorso perché si metta fine a divisioni nocive per la presenza in Italia di una sinistra riformista fondata sui valori del merito, della inclusione, del rigore, della libertà”. Inizia così la lettera- appello del segretario del Partito Socialista, Riccardo Nencini, in vista delle elezioni europee del giugno 2009.
“Mi rivolgo - prosegue l’appello - a quanti ritengono colpevole non agire per definire un progetto della sinistra del futuro i cui eletti al Parlamento Europeo siedano accanto ai rappresentanti laburisti, socialisti e socialdemocratici. Mi rivolgo a quanti pensano che sia necessario rinunciare a parte della propria sovranità per concorrere alla costruzione di liste elettorali condivise nei cinque collegi elettorali italiani. Candidati che condividano un programma minimo per il governo dell’Europa in questo tempo di crisi e che, grazie alla loro scelta, riescano a favorire nuovi processi di aggregazione anche solo finalizzati a quella importante scadenza politica. Mi rivolgo a quanti ritengono possibile unire le forze sotto il simbolo del Socialismo Europeo per presentare un’unica lista alle elezioni europee del giugno 2009. Non singole bandiere, dunque, ma l’accettazione del Manifesto del PSE quale segno di laicità, innovazione, investimento sulle giovan i generazioni, valorizzazione dell’ambiente, parità di genere, ruolo dell’Europa per costruire la pace nel mondo. I socialisti sono pronti a lavorare in questa direzione fino dai prossimi giorni.
Per aiutare questo orientamento a compiersi, i socialisti – conclude l’appello di Nencini - avanzeranno richiesta al leader del PSE Rasmussen perché venga consentito l’uso del simbolo del Partito del Socialismo Europeo nelle circoscrizioni italiane nelle elezioni europee del prossimo giugno”.


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19 Gennaio - PRAGA, HAMMAMET

Il 19 gennaio del 1969 a Praga, Jan Palach, studente di filosofia moriva a causa delle gravissime ustioni riportate tre gioni prima quando, nella Piazza San Venceslao, dopo essersi cosparso i vestiti con la benzina, si diede fuoco con un accendino.
Si trattò di una protesta estrema contro l'invasione della Cecoslovacchia da parte dei sovietici che avevano rovesciato nell'estate precedente, mediante l'invasione militare (così come era avvenuto nel 1956 in Ungheria) il governo che aveva timidamente intrapreso la via delle riforme. Il 19 gennaio del 1989 lo scrittore dissidente Vaclav Havel fu arrestato mentre cercava di posare un mazzo di fiori sul luogo dove Palach si era dato fuoco vent'anni prima. Havel divenne nel dicembre dello stesso anno il Presidente della Cecoslovacchia non più comunista.
In quelle settimane il primo leader della sinistra occidentale a recarsi a Praga per rendere omaggio alla memoria di Palach Fu il segretario del PSI Bettino Craxi che nel 1968, anno dell'invasione sovietica e dell'iscrizione al PCI di Massimo D'Alema, con Nenni e tutto il PSI aveva duramente condannato l'URSS. Jiri Pelikan, uno degli uomini più vicini a Dubcek, nel 1969 chiese ed ottenne asilo politico in Italia e inviò di una lettera al Segretario del PCI Enrico Berlinguer da cui sperava di ricevere aiuto. Neanche a dirlo Berlinguer neppure gli rispose. L'aiuto, anche concreto, venne solo dai socialisti e in particolare da Bettino Craxi che candidò l'esule nelle liste del PSI alle prime elezioni del Parlamento europeo. Jiri Pelikan fu eletto per 2 volte eurodeputato e morì da uomo libero,in Italia, nel giugno del 1999.
Il 19 gennaio del 2000 Bettino Craxi moriva ad Hammamet dopo una lunga e dolorosa malattia vissuta in Tunisia senza che dal governo del suo Paese venisse almeno un segno di umana solidarietà, tale da consentirgli di ricevere cure adeguate da uomo libero. Il Presidente del Consiglio in carica era Massimo D'Alema.

EP (dal sito www.partitosocialista.it )

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Se la lotta politica è tutta combattuta con accuse di immoralità

Diceva Freud che noi siamo i discendenti di una serie infinita di generazioni di assassini. La brama di uccidere l’abbiamo nel sangue. L'uomo civilizzato ha provato ad arginare questa brama, ma come abbiamo visto nel secolo appena trascorso e anche agli albori di quello attuale la via per giungere alla coesistenza pacifica è ancora lunga. Era solo ieri che chi professava a parole il comandamento divino "Non uccidere", chi portava scolpito sulle divise "Dio è con noi", era poi il primo a infrangere il grande comandamento. E ancor oggi si seguita così.
Passando ad attività meno cruente ma non meno raccapriccianti, per la maggior parte della gente la morale continua a non significare virtù, bontà, elevazione; significa sdegno, condanna, peccato, rimprovero, punizione. Li vediamo tutti costoro sfilare nel corso della storia cupi, accigliati, collerici, intransigenti che urlano, che accusano, che chiedono giustizia, che esigono punizioni esemplari per i malvagi, per gli iniqui, per i corrotti! Ciascuno prende un sasso per lapidare l’adultera, ciascuno si getta sul reo per linciarlo. Così si tagliano le mani ai ladri, si torturano, si martoriano, si crocifiggono i criminali, si bruciano gli eretici, si spezzano le ossa e si squartano i banditi. Quanta giustizia è stata fatta in questo modo! La storia è stata un succedersi ininterrotto di simili atti di giustizia.
Così nel passato e così in epoca recente, specialmente nella lotta politica italiana. Perché tutti vivono il loro avversario come un essere repellente, crudele, spietato. Mentre vivono se stessi come virtuosi e giusti, costretti a difendersi. La lotta politica è praticamente tutta combattuta con accuse di immoralità. Ma perché confondere la morale con la lotta politica? È incredibile - scriveva Francesco Alberoni alla fine della "prima" repubblica - che la gente non capisca, non voglia capire che quando, ad esempio, in un movimento il capo, il demagogo urla: “Facciamo giustizia”, di solito non ha nemmeno lontanamente in testa la giustizia morale. Il suo vero scopo è minare la legittimità di chi è al potere per rovesciarlo e prendere il suo posto.
In tale logica, la morale come “giudizio di condanna” è rivolta all’esterno, agli altri. Tende ad ignorare se stessi, la propria immoralità. Per questo essa vede sempre il male degli altri, e non vede il proprio. Perché in realtà non è un sentimento morale, ma una manifestazione dell’aggressività politica o più generalmente umana. Così era allora, così avviene oggi. Ciò viene esemplarmente confermato dal fatto che nel nostro paese siano gli eredi di tradizioni politiche illiberali o dei capipopolo autocratici o delle corporazioni dedite voracemente ai propri interessi economici o di casta, ad aver guidato l'esercito dei "puri" contro gli "impuri". Ma quello che intristisce maggiormente è che la generazione politica "nuovista" cresciuta dopo il crollo (o nel caso dei più attempati proprio grazie al crollo) dei partiti della prima repubblica si sia limitata ad abbeverarsi unicamente a queste fonti "eticamente" aggressive e impietose: ciò basta a spiegare perché questi - commenta amaramente il politologo Angelo Panebianco - "risultino poi sprovvisti degli strumenti necessari per pensare politicamente".

Nicola Zoller

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