SOCIALISMO ED AUTONOMIA IN CESARE BATTISTI
di Nicola Zoller
Il 10 luglio 1916 Cesare Battisti veniva catturato dagli austriaci sul monte Corno, sopra Rovereto tra la Vallarsa e Trambileno, e due giorni dopo saliva sul patibolo allestito a Trento nel castello del Buon Consiglio. La ricorrenza del fatto vede tutti gli anni i socialisti roveretani e trentini partecipare all'incontro promosso dagli Alpini dell' ANA, salendo sul Corno "Battisti" la seconda domenica di luglio, per ricordare con questo "pellegrinaggio alpestre" il sacrificio dell'irredentista democratico, che fu un pensatore e un dirigente socialista di livello europeo. Infatti Battisti è stata la figura più bella e rappresentativa del socialismo trentino, un socialismo che riuniva in sé gli ideali della socialdemocrazia mitteleuropea e quelli mazziniani, la lotta per l'autonomia dall'Austria e gli ideali risorgimentali. Allo scoppio della prima guerra mondiale Battisti sceglie l'interventismo.
La sua non fu una scelta dettata da sentimenti nazionalistici: ma nella guerra vede la possibilità della caduta degli imperi centrali, che avrebbe permesso di costruire un nuovo assetto dell'Europa, dando vita ad un processo di profondo rinnovamento sociale ed economico. Per queste ragioni Cesare Battisti è stato definito "un irredentista non-nazionalista", un "socialista internazionalista che nel 1914, dopo che altri aveva iniziato la guerra, si fece banditore dell'ultima guerra risorgimentale dell'Italia".
Prima di giungere a questa determinazione si era battuto per tutto un decennio per ottenere l'autonomia amministrativa del Trentino all'interno dell'impero. Ma invano. Da questa travagliata esperienza scaturiva la sua adesione all'entrata in guerra contro l'Austria-Ungheria, che motiva con le ragioni di tanti altri "interventisti democratici" italiani. Come per Bissolati e Salvemini - e a differenza di quanti vagheggiavano una guerra di conquista - ripetiamo che il fine era quello di smembrare l'impero asburgico, liberando le nazionalità oppresse, per spegnere definitivamente in Europa un permanente focolaio di reazione e di guerra.
Il suo sogno era quello di una federazione europea di libere nazioni, fondata su una risorta internazionale socialista fatta di partiti su base nazionale.
Con l'entrata in guerra dell'Italia nel maggio 1915, Battisti si arruolò nell'esercito italiano andando a combattere sul fronte del Trentino. La sua anima socialista lo portò a fraternizzare più con la truppa e con gli ufficiali di complemento che con gli ufficiali di carriera, che egli individuava come il punto debole dell'intera compagine militare. Egli vide nella guerra un fattore di coagulazione nazionale attraverso cui si sarebbe potuto, una volta terminata vittoriosamente, giungere ad una autentica coscienza nazionale.
In questo spirito egli tenne varie conferenze ai soldati, sia di istruzione militare che di sostenimento morale; ma non bisogna pensare che al profugo trentino sfuggissero il vero volto della guerra e le sue inumane crudeltà, come emerge chiaramente dal suo epistolario. Il 10 luglio 1916 venne catturato sul monte Corno. Il 12 luglio, dopo un rapido processo, fu impiccato.
Il 5 dicembre 1916 il leader socialista Filippo Turati lo commemorò alla Camera dei deputati con commosse parole. Lo definì "socialista di principi e di azione" fin dalla prima giovinezza, sottolineò "la coerenza della vita" e lo "splendore del carattere", cose che lo rendevano "uno dei simboli più significativi di altissima umanità". Turati rifiutò poi con fermezza ogni strumentalizzazione, che già si andava profilando, della sua figura da parte della destra politica e specialmente degli ambienti nazionalisti, sostenendo giustamente che in lui "non vi fu mai sentimento di odio tra le genti o animosità di stirpi, ma una fusione di senso della giustizia e della libertà". A Turati fece eco Salvemini, il quale l'anno successivo scrisse che Battisti, con la sua cultura, con il suo disinteresse, con la sua inaudita capacità di lavoro e con i suoi precedenti, avrebbe compiuto nella nuova vita italiana una funzione benefica di prim'ordine, in cui nessuno avrebbe potuto sostituirlo. La sua morte era "per la parte sana e consapevole della democrazia italiana, una perdita funesta".
E cinquant'anni dopo, Alessandro Galante Garrone, introducendo gli "Scritti politici e sociali" di Cesare Battisti, commentò :"Tradizione risorgimentale e fede nel socialismo: con queste idee, che lo avevano accompagnato per tutta la vita e per cui aveva sempre lottato nelle condizioni più avverse, Battisti si avvia al supplizio, il 12 luglio 1916. Il significato vero di quella vita e di quella morte fu inteso appieno otto anni dopo, all'indomani dell'assassinio di Matteotti: quando a Firenze i nomi dei due martiri furono posti l'uno accanto all'altro, in una sfida coraggiosa al regime fascista...Un anno dopo, a Trento, nel primo anniversario della morte di Matteotti, un mazzo di fiori era gettato nella fossa del castello del Buon Consiglio, con un cartoncino che protestava contro gli oppressori".
L'attualità dei valori di Matteotti - che è per antonomasia il simbolo mite ed operoso del combattente per la libertà - richiama così inscindibilmente l'attualità dei valori di Battisti, stupendamente presentita dal patriota triestino G. M. Germani, incarcerato dai fascisti: "Battisti e Matteotti io li vedevo così, uniti, simboli e sintesi di una Italia avvenire".
Nicola Zoller
(n. z.)